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Il manager del brand Jordan e il segreto nascosto dal 1965: "A 16 anni uccisi un ragazzo"

- (Photo: Johnny NunezWireImage)
- (Photo: Johnny NunezWireImage)

Una splendente carriera da manager Nike e per cinquant’anni un segreto nascosto. “A 16 anni uccisi un ragazzo” confessa oggi Larry Miller, presidente del marchio Jordan, quello con la silhouette del cestista Michael, leggenda dei Chicago Bulls. Le parole arrivano in un’intervista pubblicata sulla rivista Sports Illustrated.

Miller è oggi uno dei manager più apprezzati d’America ma nel 1965, quando era poco più di un bambino, commise il delitto in preda all’alcol e nel mezzo di una guerra tra gang nelle strade di Philadelphia.

Larry Miller aveva soltanto 13 anni quando si unì a una gang. Dopo qualche anno, ormai sedicenne, decise di vendicare l’omicidio di un compagno per mano di una banda rivale. Con tre amici si ubriacò, prese una calibro 38 che aveva e cercò il colpevole, ma colpì la prima persona che incontrò per strada: un 18enne che morì sul colpo . “Questo mi rende ancora più difficile accettare ciò che ho fatto, perché non c’era nessun motivo”, ha raccontato su Sports Illustrated, annunciando l’uscita, il prossimo anno, della sua autobiografia Jump: My Secret Journey from the Streets to the Boardroom, scritto con la figlia maggiore Laila Lacy, a cui svelò la storia nel 2003.

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“Non c’era nessuna ragione valida perché succedesse, penso a quello che ho fatto ogni giorno”, dice oggi il manager. Fu condannato per omicidio e, una volta uscito di carcere a 30 anni, decise di tenere nascosto a tutti il suo passato: dalla famiglia che si creò, agli amici, fino ai colleghi della carriera che riuscì a costruirsi.

Oggi rivela: “Per anni sono fuggito da questa storia, ho provato a nasconderla nella speranza che la gente non la scoprisse”. Alla fine, stremato dagli incubi ricorrenti e dalle emicranie così forti da dover ricorrere al pronto soccorso, Miller ha scelto di liberarsi, raccontando il suo passato in un libro che ripercorre la sua vita. “Una decisione molto difficile presa per fini terapeutici”, dice, ma anche per lanciare un messaggio ai ragazzi a rischio e agli ex detenuti, per spiegare che una seconda opportunità esiste.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.