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In Cina la centrale operativa più grande del mondo per il controllo del bitcoin

In Cina la centrale operativa più grande del mondo per il controllo del bitcoin

Tutti la chiamano “The Mine”, la miniera. Difficile spiegare il nome, perché non si estraggono minerali di alcun tipo, ma si controllano miliardi di dollari utilizzati per le transazioni con i bitcoin. Siamo in Cina, a Kongyu, sulle montagne del Sichuan occidentale. La ricchezza della miniera, dunque, è virtuale, ma vale circa 9,2 miliardi di dollari. A tanto ammonta il controvalore totale raggiunto dell’economia bitcoin nel 2016. 

La moneta virtuale nasceva con l’intento di creare un sistema di pagamento che potesse sfuggire al monopolio di Stati e banche. Oggi si utilizza per le transazioni criminali nel deep web, ma non solo. In Cina la moneta sta acquisendo sempre più successo. Gli scambi di bitcoin che interessavano la moneta cinese, lo yuan, erano nel 2013 il 21 per cento. Oggi arrivano all’80 per cento.

La scelta di portare “The Mine” sul Tibet è dovuta ai costi, bassi, della manodopera e la presenza di elettricità, indispensabili per far funzionare i microprocessori. Ci lavorano dieci operai, non lasciano mai la centrale durante il giorno, anche perché nei paraggi non c’è praticamente nulla. Il lavoro inizia alle 7.50, ogni mattina. La gente del posto preferisce un impiego nella centrale dei bitcoin perché offre stipendi più alti rispetto alle altre idroelettriche della regione.