Industria, bene aziende medio-grandi, top player rimangono deboli su utili -R&S
MILANO (Reuters) - È il "quarto capitalismo" la vera forza della manifattura italiana. Sono infatti le aziende medio-grandi, che fatturano tra i 355 milioni e i 3 miliardi di euro annui, ad aver performato meglio tra il 2013 e il 2017. Questo l'elemento principale che emerge dalla 43esima edizione dell'Annuario R&S Mediobanca pubblicata oggi.
Nel 2017 queste aziende, tra cui spiccano nomi come Recordati, DiaSorin e Moncler, hanno registrato in media un Ebit del 14% sul fatturato. Un risultato superiore alla media di tutte le 42 aziende considerate nello studio, del 9,7%, ultimamente trainata dalla ripresa dell'energetico che da solo tocca l'11,3%. Il quarto capitalismo si piazza anche nettamente meglio dei big player manifatturieri, che si fermano al 3%.
Lo studio Mediobanca prende in considerazione le 42 aziende quotate principali per quanto riguarda fatturato e dimensione: le performance migliori in assoluto sono delle partecipate pubbliche del settore energetico. Nel 2017 il podio, per quanto riguarda il fatturato, è stato di Enel (73,5 miliardi), Eni (66,9 miliardi) e Poste Italiane (28,8 miliardi). Il giro d'affari aggregato di tutte le aziende considerate è stato di 370 miliardi di euro, un guadagno del 6,6% rispetto al 2016.
A migliorare di più nei ricavi tra 2016 e 2017 sono Eni, Moncler e Fincantieri, che hanno aumentato il loro fatturato tra il 13 e il 20%. È interessante però notare la netta differenza tra la performance del pubblico e del privato allargando l'analisi al periodo 2013-2017: se infatti il giro d'affari dei gruppi privati cresce del 34,5%, quello del pubblico scende del 17%.
Insomma, la situazione italiana migliora, ma resta ancora lontanissima dal confronto con gli altri paesi europei. Il nostro paese è il fanalino di coda sia in fatto di dimensioni sia per capitalizzazione rispetto ai competitor tedeschi, britannici e francesi, se si confrontano le prime dieci aziende di ogni stato in base ai due indicatori. Basti pensare che le prime tre aziende tedesche per ricavi fatturano quanto le prime dieci italiane, o che la capitalizzazione dei top player inglesi è il quintuplo di quella delle corrispondenti italiane.
Il vero tasto dolente è però la capacità di generare profitti: l'utile netto italiano, dominato dall'automotive, nel 2017 ha rappresentato solo l'1,7% del fatturato. Un risultato che è circa un settimo di quello britannico.
L'unico elemento positivo nel confronto internazionale è la solidità patrimoniale, che però non basta a compensare il gap nella performance: per quanto riguarda infatti le attività tangibili rispetto ai debiti e liquidità, l'Italia registra i dati migliori.
(Lisa di Giuseppe)