Inflazione una minaccia ai risparmiatori: in 10 anni ricchezza si ridurrà
Sui risparmi dei risparmiatori incombe una minaccia che si chiama inflazione. Quasi non la ricordavamo più e poi, dalla seconda metà del 2020 abbiamo iniziato a sentirne la brezza che ne segnalava l’arrivo. Ci hanno pensato le materie prime come il rame e l’argento in quella “lontana” estate del 2020 a indicarci cosa stava per capitare ai prezzi dei beni.
Poi l’inflazione ha preso le sembianze del prezzo dei carburanti e del gas naturale che hanno fatto schizzare in modo incontrollabile le bollette energetiche. E da gennaio 2022 dobbiamo attenderci ulteriori rincari.
Tra martello e incudine
Nel frattempo i risparmiatori poco avvezzi ad investire e più impegnati a conservare su conti correnti, magari fruttiferi, si sono resi conto di essersi ritrovati improvvisamente tra il martello e l’incudine. Con il primo che picchia molto forte. Cioè, da una parte i prezzi martellanti dei prodotti aumentati significativamente (avete fatto caso al prezzo della pasta?), dall’altra i rendimenti a zero dei conti correnti fruttiferi al netto di qualche rara eccezione.
Il risultato è più soldi da spendere per acquistare gli stessi prodotti comprati prima della pandemia, e zero guadagni sul risparmio. I buoni fruttiferi in questa situazione non riuscirebbero a coprire neanche la metà dell’inflazione annuale alla loro scadenza, e i titoli di Stato hanno toccato, anche in Italia, rendimenti molto bassi se non negativi, mentre l’inflazione in Italia galoppa al +3,8% su base annua.
Inflazione e risparmio di privati e imprese
L’Economia del Corriere riprende i dati di Banca d’Italia per far notare che sui conti correnti degli italiani giacciono 1.800 miliardi di euro, mentre su quelli delle imprese 500 miliardi di euro.
Va fatto notare che tutta questa massa di soldi (2.300 miliardi) equivale a 11 volte e mezzo quello che l’Unione Europea ci dovrebbe fornire attraverso il Piano Next Generation EU nell’arco dei prossimi 7 anni.
Cosa si potrebbe fare con questi fondi per il bene dell’Italia se solo lo si volesse? Ne guadagnerebbero molto anche gli stessi risparmiatori, semplicemente riconoscendo loro un tasso di interesse più alto.
Ma le regole dell’economia sono quelle che sono e i risparmiatori una riflessione dovranno farla. Sì, perché l’inflazione nel corso del 2022 è attesa in aumento e magari verso la fine dell’anno inizierà anche a stabilizzarsi, tuttavia, sono attesi anni di grandi cambiamenti nell’approvvigionamento dell’energia, dei processi industriali, e nel tipo di materiali che utilizzeremo per produrre i beni. Tutto questo non porterà a una deflazione, ma a una inflazione che resterà costantemente alta, forse anche per tutto il resto del decennio.
Investire il risparmio
L’alternativa è quindi quella di investire il risparmio, ma ciò significa rischiare e come scrivevamo ad inizio articolo non tutti sono propensi ad assumersi il rischio presente nei mercati di borsa.
L’Economia del Corriere, tuttavia, fa notare al risparmiatore che se nei prossimi 10 anni deciderà di tenere il risparmio parcheggiato su di un conto (anche se fruttifero), rischia di perdere fino al -28,5% del valore attuale del suo capitale.
Come dire, i 10 mila euro risparmiati oggi nel 2030 potrebbero valere 7.150 euro. E non si tratterà di una perdita derivante da un cattivo investimento, ma dalla decisione di tenere parcheggiati i soldi sul conto corrente, o sotto la mattonella se si preferisce.
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