Italia difficilmente rinnoverà accordo Belt and Road con Cina, ma serve tempo - fonte

L'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ad un incontro del Belt and Road Forum

di Crispian Balmer

ROMA (Reuters) - È molto improbabile che l'Italia rinnovi l'accordo con la Cina per la Nuova via della seta (noto anche come "Belt and Road initiative" o Bri), che scade all'inizio del prossimo anno, ma ha bisogno di tempo per discutere la questione con Pechino.

Lo ha detto un funzionario governativo, a conoscenza delle discussioni interne sulla questione.

Una decisione formale non sarà presa prima del vertice del G7 questo mese in Giappone, ha detto il funzionario, aggiungendo che si tratta di un argomento molto delicato.

Nessun commento da parte dell'ufficio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Nel 2019 l'Italia è stata la prima e finora unica nazione del G7 ad aderire all'ambizioso programma Bri, che secondo i critici permetterebbe alla Cina di ottenere il controllo di tecnologie sensibili e infrastrutture vitali.

L'allora premier Giuseppe Conte sperava che l'accordo avrebbe dato una spinta alla ristagnante economia italiana, ma negli ultimi quattro anni i benefici sono stati scarsi: lo scorso anno le esportazioni verso la Cina sono state pari a 16,4 miliardi di euro, rispetto ai 13 miliardi di euro del 2019.

In contrasto, le esportazioni cinesi verso l'Italia sono salite a 57,5 miliardi di euro da 31,7 miliardi nello stesso periodo, secondo i dati diffusi dal ministero degli Esteri italiano.

I principali partner commerciali dell'Italia nella zona euro, Francia e Germania, hanno esportato molto di più in Cina lo scorso anno, nonostante non facciano parte della Nuova via della seta.

Il funzionario governativo ha detto che il governo evidenzierà questa mancanza di sviluppo economico come motivazione per non rinnovare l'accordo.

Il patto scade a marzo 2024 e sarà automaticamente rinnovato a meno che una delle due parti non comunichi all'altra il proprio ritiro, con un preavviso scritto di almeno tre mesi.

In un'intervista a Reuters lo scorso anno, prima della vittoria nelle elezioni di settembre, Giorgia Meloni ha chiarito di essere contraria alla decisione di Conte. "Non c'è alcuna volontà politica da parte mia di favorire l'espansione cinese in Italia o in Europa", ha detto.

Meloni ha cercato di rafforzare le sue credenziali come leader impegnata a favore della Nato e dell'Atlantico, attirando l'attenzione degli alleati occidentali con un forte sostegno all'Ucraina.

Tuttavia, è stata attenta a non offendere la Cina e funzionari governativi hanno sottolineato che Roma non intende causare una spaccatura diplomatica.

La Cina deve rimanere un partner, ma l'Italia non può trovarsi in una situazione di eccessiva dipendenza da Pechino in un settore chiave, come è accaduto con la Russia e con l'approvvigionamento energetico, ha detto un secondo funzionario.

Meloni ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping a Bali lo scorso novembre e ha accettato l'invito per una visita in Cina, anche se non è ancora stata fissata una data.

La premier non si è ancora recata a Washington e secondo il funzionario governativo non intende andare a Pechino senza prima incontrare il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

(Tradotto da Enrico Sciacovelli, editing Sabina Suzzi)