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Italia digitale: il futuro passa anche dalla dematerializzazione

Se burocrazia e imprese si decidessero a rinunciare alla carta il risparmio sarebbe imponente

Nel Paese che ha un solo dogma, tornare a essere competitivo, non resta che scegliere i mezzi con cui farlo. E fra questi rientra anche il problema, sottovalutato, della dematerializzazione dei documenti e della digitalizzazione dei processi per le organizzazioni pubbliche e private.

Un tema che può apparire tecnico e settoriale, e che invece, dati economici alla mano, dimostra di avere una sua urgenza indiscussa per tutto il sistema Paese. I soggetti che dovrebbero mirare a questa svolta, pubbliche amministrazioni, piccole e medie imprese, grandi colossi e soggetti privati, dovrebbero farlo assieme, senza precedenze o deleghe di sorta al legislatore.

Lo afferma la Ricerca 2012 dell’Osservatorio per la Fatturazione elettronica e la dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano, giunto al suo sesto anno di attività, che ha presentato risultati e prospettive di studio all’Auditorium di Palazzo Lombardia, a Milano, in un evento dal titolo: Italia digitale: è possibile!. Superata la boa del mezzo decennio, la discussione di questa tipologia di intervento, ovvero la dematerializzazione applicata alla relazione cliente-fornitore, non è più solo ristretta all’ambito economico, in termini di scelte strategiche, processi economici e diffusione nei vari settori di competenza. Ma investe più in generale la capacità di creare valore attraverso questi processi, superando anche le barriere e i falsi pregiudizi che frenano l’evoluzione, soprattutto in contesti delicati, come l’ambito giuridico e quello bancario.

Possono sembrare discorsi teorici, ma i numeri parlano: ogni anno si producono in Italia 45 miliardi di documenti di business, ovvero un volume di carta pari a 600 miliardi di fogli. Una complicazione dei processi tra aziende e pubblica amministrazione che ci costa parecchio: un’analisi di diversi gruppi afferenti all’osservatorio stima infatti in 200 miliardi il costo economico complessivo.  Di questi 160 riguardano i processi interni e di relazione tra clienti e fornitore, 20 invece la pubblica amministrazione e 40 il binomio pa-aziende, ovviamente per interazione.

Soldi che potrebbero essere recuperati, grazie anche a una migliore gestione della produttività di quel personale che di fatto è impiegato in processi operativi di livello non  altissimo. Allora cosa manca per svoltare seriamente? Maggior fiducia da parte di chi teme che la digitalizzazione sia non coerente del tutto con le normative italiane, ma anche la tendenza a non volersi smarcare da prassi consolidate, che, pur obsolete, sembrano fornire maggiori garanzia.

Eppure, il quadro normativo consente già di digitalizzare quasi tutte le maggiori tipologie di documenti di business, e nulla ne mette in discussione la probità  giuridica che spesso ne esce rafforzata. Ormai, tra firma digitale, marca temporale, storage e sistemi di gestione massiva dei documenti, non mancano le practies per  una serena gestione, senza carte, di scambi di dati strutturati. L’Italia digitale, nell’ambito delle imprese, che si è già convertita al processo di dematerializzazione del ciclo ordine-pagamento conta nel 2011 oltre 60.000 imprese che hanno scambiato documenti nei formati elettronici: ovvero 1 impresa su 2 tra le grandi, 1 su 6 tra le piccole e medie imprese, e meno dell’1% tra le microimprese. Sono 50.000 invece le imprese italiane che hanno scambiato almeno una tipologia di documento utilizzando extranet o portali B2b.

Il fenomeno dell’adozione di formati elettronici strutturati
, per scambiare documenti con fornitori e aziende, tramite reti Edi, WebEdi eXML, è in crescita, di ben sette punti percentuali; dal + 4% tra il 2009 e il 2010 al +11% tra 2010 e 2011. La crescita riguarda il volume di documenti scambiati: da +12% a +17%. Il numero delle imprese coinvolte in relazioni strutturate, che prevedono tali tipi di scambi, perché convinte dai risultati o per confermare le sue scelte, altrettanto: +28% rispetto al 2010, pari a circa 8,300 addetti. Insomma, si può fare.

I soggetti delegati a stimolare il processo sono quelli citati, imprenditori, attori pubblici, commercialisti ed esperti contabili che aiutano le imprese. Certo, necessaria è anche una maggiore semplificazione del quadro normativo e regolamentare, non scindibile dalle direttive europee, che però, nel caso italiano deve mirare a smontare molti miti sulla questione, che nascono da qualche incertezza oggettiva e da un’insicurezza soggettiva e un po’ di comodo. Il legislatore, però, può fornire il quadro, ma non le metodiche, che spettano agli stakeholders, i portatori di interesse, che sul piano della fatturazione hanno però un Forum di riferimento, nato nel 2011.

A proposito di fatturazioni: molti credono che la digitalizzazione dei processi di tal fatta porti a maggiori controlli sul piano fiscale. Vorremmo crederci ma, secondo il giudizio della stessa Agenzia delle entrate, che era presente al forum di discussione meneghina, non sono certo questi i parametri di controllo a cui si attiene.