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Italia, quanto vale la cultura per il PIL

La cultura italiana è un tesoro che non è ancora del tutto sfruttato a dovere (foto: Getty Images)
La cultura italiana è un tesoro che non è ancora del tutto sfruttato a dovere (foto: Getty Images)

La parola ‘cultura’ in Italia è un vanto e allo stesso tempo un cruccio: ne abbiamo da vendere ma non la sfruttiamo a sufficienza. Questo concetto è ormai entrato nell’immaginario collettivo: tutti sanno che il nostro Paese è un gioiello per arte, storia, letteratura, architettura, musica, cinema, costume, scienza; ma al momento di passare alla cassa il risultato è sempre più basso rispetto alle aspettative.

La fondazione Symbola e Unioncamere hanno presentato insieme un rapporto su quello che è stato definito il ‘Sistema Produttivo Culturale e Creativo’ italiano; le due entità hanno raccolto l’insieme delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e delle onlus che in Italia lavorano attivamente nel campo culturale, e hanno scoperto che nel solo 2017 (anno rappresentativo dello studio) sono stati generati più di 92 miliardi di euro. E non solo: l’indotto, rappresentato da tutta la produzione attivata nei settori affini, arriva a una cifra complessiva di 255,5 miliardi, equivalenti al 16,6% del PIL nazionale. Tutta questa ricchezza ovviamente ha un valore tangibile sull’occupazione, con un milione e mezzo di lavoratori (il 6,1% del totale degli occupati in Italia).

Situazione paradossale: il 2017 è stato contemporaneamente l’anno del boom nei musei (con visite in costante crescita) e dell’abbandono dei libri (con un crollo dei lettori: ben 6 italiani su 10 sembra che non abbiano intenzione di aprire un tomo nel giro di un anno).

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Il bilancio del Ministero dei Beni Culturali è aumentato del 60% nell’ultimo quinquennio, grazie a diverse iniziative sostenute dal ministro Dario Franceschini (nel 2017 era ancora lui a capo dell’organismo ministeriale). Nonostante tutto, nell’anno precedente all’oggetto di ricerca, un individuo su cinque non aveva letto né un libro né un giornale, non aveva visitato una mostra, non era andato al cinema né a teatro né a un concerto.

Inoltre esiste ancora il paradosso per il quale si crede che la scienza e la tecnica (materie sulle quali in Italia ci sono fior fior di musei e sulle quali si potrebbero costruire percorsi straordinari, sul presente e sul passato) non facciano parte della cultura della Penisola. In realtà la cultura di un popolo è formata da un numero quasi infinito di materie ed è costantemente aggiornata dalla storia, motivo per il quale anche una serie su Youtube può diventare parte del racconto di un Paese.

Perché dunque la cultura è un tesoro da alimentare il più possibil? Ecco altri dati della ricerca: le industrie creative generano 13,4 miliardi di valore aggiunto; le performing arts generano portano 7,9 miliardi di euro di ricchezza e 141mila posti di lavoro; chi lavora per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico produce 2,8 miliardi di euro di valore aggiunto; il settore del design produce 8,6 miliardi di euro di valore aggiunto; la comunicazione porta 4,8 miliardi di euro, lo 0,3%, con il comparto dell’editoria e stampa che genera 13,8 miliardi di euro; i videogiochi e i software, che spesso sono lo spauracchio dei genitori, sono la lieta destinazione di programmatori e creativi, con un valore aggiunto di 12 miliardi di euro ciascuno.

Secondo un’indagine della rivista US News e dell’Università della Pennsylvania, siamo il primo Paese al mondo per l’influenza culturale, in grado dunque di trasmettere cultura e bellezza. Ricordiamocelo, nello scegliere tra il teatro e una serie tv americana di bassa lega.

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