JP Morgan: dal 2008 672 tagli al costo del denaro
Non c'è un attimo di pace per le banche centrali che dal 2008 in poi si sono trovate a dover mettere mano, più volte, a una situazione internazionale che rischiava di deragliare e che è stata mantenuta nei binari, per quanto possibile e sebbene con risultati mediocri, a forza di acquisti di titoli di stato e Quantitative Easing di varia natura.
Banche centrali: unici interlocutori credibili
L'analisi di JP Morgan
Ad ogni modo, in particolare per il Vecchio Continente, i banchieri centrali sono stati gli unici punti di riferimento per i mercati e, nel caso specifico della Bce, anche l'unico interlocutore credibile per un'Europa perennemente divisa al suo interno e difficilmente in grado di poter adottare, nell'immediato, una serie di strategie per difendere se stessa, la sua economia e la sua credibilità a livello internazionale. Come si legge nell'analisi di Alex Dryden
“In un ambiente del genere non c'è da meravigliarsi che più di un terzo dei titoli di stato dei mercati sviluppati abbia una resa inferiore allo 0% e il 75% invece, un rendimento al di sotto dell'1%”
Non solo, ma ancora più allarmante è un'altra rilevazione: qualora la Bank of Japan, protagonista dell'esperimento più radicale in questo senso e spinta dalla disperata necessità di portare via Tokyo dal pantano di una deflazione trentennale, decidesse per un taglio dei tassi di interesse, questo sarebbe il numero 673 a livello mondiale. In altre parole, dallo scoppio della crisi le banche centrali internazionali nel loro insieme hanno tagliato il costo del denaro per ben 672 volte, ovvero una ogni 3 giorni di contrattazione. Ma presto potrebbe arrivare, ad incrementare la statistica, anche la Bank of England, questa volta per causa di forza maggiore: leggasi Brexit. E in questo caso sarebbe il primo taglio dal marzo 2009, ovvero da quando si decise di portare il saggio di riferimento allo 0,5%.
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