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JPY in rialzo nonostante il deludente rapporto sull’inflazione

L’ultima serie di dati economici diffusa ieri negli USA ha mostrato un quadro contrastante, con la terza stima sul PIL del secondo trimestre che ha superato leggermente le previsioni medie. Nel T2 l’economia USA è cresciuta a un ritmo annuo dell’1,4%, superando l’1,3% delle attese medie. I consumi personali sono stati invece rivisti in leggero ribasso, al 4,3% t/t (tasso annuale destagionalizzato), rispetto al 4,4% delle stime precedenti. La crescita USA è stata trainata dai consumi personali che, insieme alla spesa delle famiglie, hanno definito il ritmo. Sul fronte dell’inflazione, l’indice core sulle spese personali ha rispettato le attese, attestandosi leggermente sotto l’obiettivo della Fed, all’1,8% (tasso destagionalizzato annuo t/t). Nonostante qualche brusca oscillazione subito dopo la pubblicazione, il biglietto verde non si è mosso granché perché quest’ultimo rapporto non cambia il quadro generale. Dopo la diffusione dei dati, l’EUR/USD è sceso a 1,1197, rimbalzando poi a 1,1250. Dall’inizio del mese la coppia si muove disperatamente nella stretta fascia compresa fra 1,1123 e 1,1350.

Nella notte, il dollaro neozelandese ha fatto registrare le prestazione migliori fra le valute G10, dopo il forte aumento della fiducia delle imprese rilevato a settembre. L’indice ANZ sulla fiducia delle imprese è salito al massimo da 17 mesi, a 27,9 punti, rispetto ai 15,5 di un mese fa; l’indice sulle prospettive è lievitato a 42,4 punti dai 33,7 di agosto, livello massimo da luglio 2014. Il kiwi è avanzato dello 0,50% contro il biglietto verde, a quota 0,7280 USD. Sul fronte tecnico, la coppia NZD/USD non è riuscita a violare il forte livello di resistenza a 0,7335 (38,2% di Fibonacci sul rally in atto fra il 2009 e il 2011). Sembra sempre più probabile un ritracciamento verso il 50% di Fibonacci a 0,6869, soprattutto in prospettiva di un ulteriore allentamento monetario della banca centrale neozelandese (Reserve Bank of New Zealand). D’altro canto, l’incapacità della Federal Reserve, e delle principali banche centrali in generale, di alzare i tassi d’interesse continuerà a spingere gli investitori verso asset con rendimenti più elevati, come le valute legate alle materie prime, l’azionario e le materie prime.

Dopo essersi impennato fino a 101,78 sull’onda del rapporto sull’inflazione di agosto peggiore delle attese, l’USD/JPY è tornato a 100,76. L’ultimo rapporto sull’inflazione del Ministro degli Affari Interni mostra che ad agosto le pressioni deflazionistiche sono rimaste forti, l’indice preferito dalla BoJ si contratto dello 0,5% a/a rispetto al -0,4% delle previsioni medie. L’indicatore al netto delle componenti volatili, come i generi alimentari freschi e l’energia, è calato dello 0,1% a/a rispetto al +0,1% previsto. In generale, le continue pressioni deflazionistiche faranno rimanere vigile la BoJ. Fra gli aspetti positivi, segnaliamo che ad agosto la produzione industriale è cresciuta del 4,6% a/a, molto più del previsto 3,4%. Finora l’USD/JPY non è riuscito a violare il livello di supporto a 100, un movimento molto inferiore a questa soglia costringerebbe la BoJ a intervenire.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online