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L'America prepara il rialzo dei tassi...quali ricadute per noi?

L'America prepara il rialzo dei tassi...quali ricadute per noi?

Negli Stati Uniti sta prendendo corpo l'ipotesi di un rialzo dei tassi ufficiali. Una prospettiva che promette di avere ricadute in tutto il mondo, con influssi anche sulla nostra vita quotidiana.

Fine della "pazienza"
Janet Yellen, presidente della Fed (la banca centrale statunitense), finora ha affrontato la ripresa americana con prudenza, sottolineando di seguire con "pazienza" il mercato. Nei fatti questo ha fin qui significato lasciare i tassi ufficiali sostanzialmente a zero, anche mentre il Pil statunitense saliva del 3% e oltre. Una scelta dettata dai segnali contrastanti che ancora arrivano dal fronte dei consumi interni e dalla consapevolezza di dover supportare la crescita mondiale, nonché supportata dalla mancanza di una forte ripresa dell'inflazione.
Tuttavia lo scenario sta cambiando e ai piani alti della Fed si è cominciato a ragionare su un primo rialzo dei tassi, per avviare un processo di normalizzazione che sarà comunque molto graduale, in modo da arrivare intorno al 2% non prima di due-tre anni. L'obiettivo è evitare che sul mercato finanziario si crei una nuova bolla (dovuta a tutta la liquidità prodotta dai tassi zero), come quella che nel 2007 esplose con fragore trascinando tutto il mondo in recessione.

I rischi da considerare
La scelta della Yellen non è facile, dato che i mercati finanziari sono soliti estremizzare i cambiamenti e si muovono in anticipo. In primo luogo c'è il rischio che la stretta faccia rallentare la crescita negli Stati Uniti, che già deve fare i conti con la crescita del dollaro (che rende meno competitivi i prodotti americani rispetto a quelli europei).
Proprio ieri Cristine Lagarde, presidente del Fondo Monetario Internazionale, ha ammonito sui rischi per i Paesi emergenti. Il rialzo dei tassi farebbe crescere i rendimenti dei Treasury (i titoli governativi Usa) spingendo così molti grandi investitori internazionali a dirottare enormi quantità di denaro dai mercati in via di sviluppo verso gli Stati Uniti. Un processo del genere si è già visto due anni fa, quando la Fed ha annunciato l'avvio del tapering (la riduzione dell'acquisto di titoli avvenuto tramite il quantitative easing), con fughe di capitali dai mercati emergenti, che hanno visto crollare i mercati azionari e le rispettive valute. Una prospettiva del genere produrrebbe conseguenze anche sull'Italia, che ha ripreso a esportare nei Paesi in via di sviluppo proprio grazie alla loro crescita, combinata con il calo dell'euro. Va poi considerato che  un rialzo dei tassi, riducendo il denaro in circolazione (dato che finanziarsi diventa più costoso), è un motivo di pressione sul dollaro, che potrebbe crescere ancora. Una prospettiva positiva per l'export europeo, e quello italiano in particolare, ma nefasta per gli States. Ecco perché la decisione verrà pesata con grande attenzione.