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La campagna francese sul nucleare inciampa (ancora) a Flamanville

A picture taken in Flamanville, northwestern France on November 16, 2016 shows the reactor Flamanville 3 in the construction site of the third-generation European Pressurised Water nuclear reactor (EPR).  

The EPR nuclear reactor is being built by Areva and is due to be operated by French energy group EDF. / AFP / CHARLY TRIBALLEAU        (Photo credit should read CHARLY TRIBALLEAU/AFP via Getty Images) (Photo: CHARLY TRIBALLEAU via Getty Images)

Il gruppo francese EdF (Électricité de France) ha annunciato nuovi ritardi e costi aggiuntivi per il reattore nucleare di nuova generazione Epr in costruzione a Flamanville, in Normandia. “La data di caricamento del combustibile è spostata da fine 2022 al secondo trimestre 2023”, si legge nel comunicato, e “la stima del costo a termine passa da 12,4 miliardi di euro a 12,7 miliardi”. È un costo quadruplicato rispetto a quello previsto all’inizio dei lavori, cominciati nel 2007. Il progetto appena nato stimava 3,3 miliardi, diventati 4 già nel dicembre 2008. La fine dei lavori era stata poi prevista per il 2014, dal 2012 iniziale, con un costo stimato di 5 miliardi di euro. EdF aveva sottovalutato “il carico di lavoro e la complessità del progetto”, spiegavano dopo soli tre anni dall’apertura del cantiere.

La notizia dell’ultimo rinvio arriva mentre la Francia si prepara a lanciare un nuovo programma di costruzione di reattori nucleari, annunciato il 9 novembre scorso dal presidente Emmanuel Macron, che ha già più volte lodato i vantaggi del nucleare, soprattutto dal punto di vista degli obiettivi climatici da raggiungere e che ha espresso la volontà di costruire nuove unità nucleari sul territorio. “Per garantire l’indipendenza energetica della Francia e raggiungere i nostri obiettivi, in particolare la neutralità carbonica nel 2050, rilanceremo per la prima volta da decenni la costruzione di reattori nucleari”, aveva detto.

L’Epr di Flamanville è l’unico in costruzione in Francia. Tre reattori Epr sono già entrati in funzione in due paesi: uno in Finlandia e due in Cina, a Taishan. In Finlandia, l’autorità nucleare ha autorizzato a metà dicembre l’avvio del reattore EPR Olkiluoto 3, costruito dal consorzio franco-tedesco Areva-Siemens, con dodici anni di ritardo rispetto al calendario iniziale e un costo triplicato. L’Epr è stato anche selezionato per un progetto a due reattori a Hinkley Point in Inghilterra, di cui l’entrata in funzione è prevista per giugno 2026. EdF spera di vendere ancora l’Epr all’estero, in particolare in India, Polonia e Repubblica Ceca.

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Il nucleare è uno dei temi divisivi dell’attuale campagna presidenziale francese, con candidati favorevoli, in particolare a destra, e altri ostili, come gli ecologisti. Ma lo è anche altrove, e di più, da quando la Commissione Europea, all’inizio di dicembre, ha deciso di inserire il nucleare e il gas naturale all’interno di una lista di attività economiche considerate sostenibili, la “tassonomia” prevista dal Green Deal europeo come strumento per guidare i governi e le imprese nelle loro scelte di sviluppo. La decisione doveva entrare in vigore oggi, ma è stata rinviata al 21, come ha detto ieri il portavoce capo della Commissione Europea Eric Mamer, durante il briefing con la stampa a Bruxelles, “in modo di dare un po’ più di tempo” ai Paesi membri perché diano il loro parere. L’atto è stato sostenuto dai paesi che utilizzano il nucleare per la produzione di energia elettrica, come la Francia e la Polonia, ma osteggiato da i paesi che stanno invece smantellando i propri impianti nucleari, come la Germania, l’Austria e il Lussemburgo.

Ieri Macron in conferenza stampa a Parigi con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha confermato la posizione della Francia: “Il riconoscimento del nucleare come energia a basse emissioni di carbonio senza limiti di tempo è un punto di importanza fondamentale per rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni perché è la tecnologia che emette meno Co2 e consente di produrre energia non in modo intermittente”. E ha detto che “se si vuole abbandonare il carbone e restare su energie stabili gas e nucleare devono stare al centro della nostra strategia climatica quanto geopolitica”.

Le proposte della Commissione europea invece sono solo “ambientalismo di facciata” per il Governo tedesco, che sul nucleare on accetta repliche, come aveva già commentato il ministro per la Protezione del clima e vicecancelliere Robert Habeck definendole “greenwashing”. Ieri Habeck ha presentato il piano green del governo del socialdemocratico Olaf Scholz, che vede negli ecologisti un pilastro fondamentale. “In linea generale possiamo dire che dobbiamo diventare tre volte meglio di quel che siamo in ogni campo”, ha detto il leader dei Grüenen, “possiamo farcela”, altrimenti gli obiettivi che ci si è dati per il 2030 “saranno mancati”. E la ministra dell’Ambiente tedesca Steffi Lemke sul dibattito europeo ha confermato: “Diremo un chiaro no sull’inserimento del nucleare come energia ecosostenibile” nella tassonomia. L’obiettivo del programma è invece quella che è stata definita “neutralità climatica”, cioè zero emissioni di CO2 entro il 2045. E Habeck ha precisato che se nell’ultimo decennio le emissioni sono diminuite in media di 15 milioni di tonnellate all’anno, “entro il 2030 queste dovranno calare fra 36 e 41 milioni annualmente”. Entro il 2030 si vuole arrivare a coprire l′80% del fabbisogno di elettricità con le rinnovabili: l’energia eolica va portata a 100 Gigawatt e il fotovoltaico a 200 Gigawatt e l’installazione di pale eoliche e pannelli solari sarà ampliata.

Il nucleare “non è un’opzione per la Repubblica federale”, aveva confermato il liberale Christian Lindner, titolare delle Finanze, sgombrando il campo dai dubbi su un’eventuale dietrofront sulla chiusura delle centrali decisa da Angela Merkel entro il 2022. La tassonomia che classifica l’energia nucleare come sostenibile, infine, ”è incomprensibile perché ignora le “questioni legate alla sostenibilità”, dice l’Ufficio federale per la sicurezza della gestione delle scorie nucleari (Base). Come riferisce il quotidiano “Frankfurter Allgemeien Zeitung”, per il Base la proposta dell’esecutivo europeo non dedica sufficiente attenzione al rischio di incidenti nucleari e alle difficoltà legate allo smaltimento delle scorie radioattive.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.