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La rivoluzione francese anti Aukus non piace all'Ue

BRUSSELS, BELGIUM - SEPTEMBER 16: European commissioner for internal market Thierry Breton, European Commission Vice-President Margaritis Schinas (not seen), European Commissioner for Health and Food Safety Stella Kyriakidesand (not seen) hold a press conference about the new European Health Emergency preparedness and response authority (Hera), in Brussels, Belgium on September 16, 2021. (Photo by Dursun Aydemir/Anadolu Agency via Getty Images) (Photo: Anadolu Agency via Getty Images)

Il commissario europeo al mercato interno, il francese Thierry Breton, non trova ambiente fertile a Palazzo Berlaymont quando chiede di rimandare il Consiglio Ue-Usa per il commercio e la tecnologia, previsto per il 29 settembre a Pittsburgh in Pennsylvania. Breton è il portatore di una richiesta dell’Eliseo, dove Emmanuel Macron freme per dare un benservito, possibilmente europeo e non solo francese, a Joe Biden, l’alleato che non ha avvertito né Parigi, né il resto delle capitali del vecchio continente prima di siglare l’alleanza Aukus con Gran Bretagna e Australia in funzione anti-cinese, provocando tensioni ma soprattutto portando il governo di Canberra a stracciare un contratto miliardario per la produzione di sottomarini con la Francia. Il punto è che il resto d’Europa non segue Macron e la sua voglia di ‘vendetta’ finalizzata a ristabilire lo status ferito del presidente, che per giunta è in campagna elettorale in vista delle presidenziali dell’anno prossimo.

L’Ue si limita alle dichiarazioni di solidarietà dei ministri degli esteri europei, che fanno il punto con l’Alto Rappresentante per la politica estera Josep Borrell a New York, a margine dell’assemblea generale dell’Onu. Ma, al di là delle parole della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ieri a margine dell’assemblea generale dell’Onu a New York ha detto alla Cnn che “la Francia è stata trattata in modo inaccettabile” e che “con i nostri partner è necessario un chiarimento”, il resto dei leader europei osserva il silenzio.

Nessuno si schiera pubblicamente al fianco della Francia, dove invece il governo da giorni rilascia dichiarazioni di fuoco contro Washington, gli australiani e anche i britannici. Non lo fa Angela Merkel, a pochi giorni dal voto di domenica prossima in Germania. Solo il ministro tedesco per gli Affari Europei Michael Roth definisce lo sgarbo sui sottomarini “un altro segnale d’allarme” per la sovranità dell’Europa che deve essere “rafforzata”.

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Nemmeno Mario Draghi interviene. In generale nelle cancellerie del continente prevale la cautela: nessuno vuole compromettere i rapporti con gli Stati Uniti e tra alleati della Nato. Il caso Aukus conterrebbe tutti gli elementi per scatenare il caos anche nell’Alleanza Atlantica: appunto, nessuno li coglie in pubblico.

Ma a Parigi monta la rabbia per la mancanza di solidarietà attiva da parte dei partner europei che, secondo il punto di vista francese, tendono a ridurre il problema a un livello bilaterale di rapporti tra la Francia e gli Usa o l’Australia. E invece per l’Eliseo la questione è europea, sebbene in altri tornanti della storia i francesi non abbiano sempre dimostrato afflati europeisti (per esempio quando hanno continuato a vendere elicotteri militari ad Al Sisi nel bel mezzo delle tensioni tra Italia ed Egitto sul caso Regeni).

“Il punto non è solo quello che è successo la scorsa settimana, la questione è molto più grande”, insiste Breton che in questi giorni è in visita a Washington, dove incontrerà comunque la segretaria al Commercio Gina Raimondo. Il Commissario la racconta alla francese: “C’è una forte percezione che la fiducia tra l’Ue e gli Usa sia stata erosa. Quindi è probabilmente il momento di mettere in pausa e resettare la nostra relazione”.

Ma Breton resta solo. Nessun altro Commissario Ue parla allo stesso modo. La cosa diventa plasticamente evidente quando la richiesta del francese di posticipare il summit della prossima settimana cade nel vuoto. Dalla Commissione Europea si limitano a sospendere la preparazione dell’evento, ma fanno sapere che ancora non hanno preso una decisione: mancano solo 8 giorni. Nelle cancellerie europee e anche in squadra von der Leyen, fatta eccezione per Breton, prevale la convinzione che anzi il vertice si debba tenere adesso più che mai: dopo lo sgarbo Aukus, è il ragionamento, Biden è in debito con l’Ue, dunque è il momento giusto per trattare, si può ottenere di più.

L’incontro di Pittsburgh non dovrebbe essere decisivo, ma ha in agenda dossier strategici: dovrebbe servire a concordare standard congiunti su temi come i semiconduttori e l’intelligenza artificiale. Sarebbe co-presieduto dal segretario di Stato americano Antony Blinken, dalla segretaria al Commercio, Gina Raimondo, e dalla rappresentante per il Commercio, Katherine Tai, insieme ai vice presidenti esecutivi della Commissione europea Margrethe Vestager e Valdis Dombrovskis. Ecco, per dire, il lettone Dombrovskis è uno di quelli che in Commissione stanno insistendo per mantenere l’appuntamento: per giunta, il vice di von der Leyen è rappresentante di uno dei paesi dell’est, la Lettonia, che, in funzione anti-russa, mai comprometterebbero i rapporti con gli Usa e con la Nato, pur malridotta.

Intanto a New York, Biden lancia segnali distensivi nel discorso all’assemblea dell’Onu: “Non cerchiamo una nuova guerra fredda”, “il potere militare degli Usa è l’ultima risorsa non la prima”, “l’Europa è nostro partner fondamentale”. Ma il presidente Usa conferma i suoi bilaterali con l’australiano Scott Morrison e il britannico Boris Johnson, a dimostrazione che su Aukus non recede, e ancora non c’è traccia di un possibile chiarimento telefonico con Macron. Da parte sua, il presidente francese parla con l’indiano Modi nel tentativo di non restare fuori dall’area strategica indo-pacifica su cui insiste Aukus. Peraltro, la Francia ha territori in quella zona, residuo del passato coloniale, tipo la Nuova Caledonia.

A margine dell’assemblea dell’Onu, von der Leyen e Charles Michel tentano di costruire una rete diplomatica per far rientrare l’incidente. Il presidente del Consiglio Europeo parla con il premier australiano Morrison: “La trasparenza e il dialogo sono chiave per mantenere l’ordine internazionale”. In Europa nessuno ha voglia di ‘rivoluzioni francesi’. “La cooperazione con i nostri partner resta”, è la conclusione del Consiglio Affari Generali riunitosi oggi a Bruxelles.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.