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La tassazione delle plusvalenze sulle operazioni finanziarie

Domanda:

Vorrei sapere come denunciare gli utili ottenuti da operazioni finanziare effettuate (con piattaforma Plus500 trader, con sede a Londra col quale ho aperto un conto). Grazie.

Risposta dell'esperto:

Poiché le tipologie di investimento sono numerose, e altrettanto lo sono le modalità di tassazione, cerchiamo di inquadrare con la massima semplicità possibile e senza addentrarci in inutili tecnicismi o eccezioni particolari le casistiche più comuni, fermo restando che in questi casi, essendo la materia molto delicata, va sempre interpellato un professionista a cui affidare la corretta analisi delle vostre tipologie di redditi ed investimenti, e conseguentemente, ove necessario, la redazione della vostra dichiarazione dei redditi.

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I proventi generati da cessione di attività finanziarie, perché di questo si tratta – acquisti e vendite di partecipazioni non qualificate e altri titoli o strumenti finanziari allo scopo di ottenerne profitto – sono classificati come redditi diversi, per sottoporre a tassazione i quali esiste in dichiarazione dei redditi il quadro RL. Queste plusvalenze sono considerate per “massa”, e cioè i risultati positivi e negativi conseguiti nel periodo di imposta si compensano fra di loro. Altro tipo di “massa” è rappresentata dai proventi da partecipazioni qualificate, e un’altra ad esempio dai proventi da cessioni di partecipazioni non quotate o relative a paesi considerati paradisi fiscali, che necessitano di ancor più attenzione nella gestione. Occorre dirlo perché le “masse” così determinate non possono essere mischiate in quanto seguono criteri diversi.

Ma torniamo alle prime plusvalenze, a cui si riferisce il quesito e che forse sono le più comuni. Possiamo scegliere tre regimi impositivi.

Il primo è definito “della dichiarazione”, in quanto consiste semplicemente nell’indicare in dichiarazione il reddito risultante dalla somma algebrica delle plusvalenze e delle minusvalenze e lì tassarlo come qualsiasi altro reddito.

Il secondo è detto “del risparmio amministrato”. Su opzione del contribuente, e a condizione che i titoli siano in custodia o in amministrazione presso determinati soggetti abilitati (ad esempio banche, società di gestione del risparmio, ecc), i proventi sono tassati alla fonte con una imposta sostitutiva ad oggi pari al 20%, tale per cui i proventi non devono quindi essere dichiarati, avendo già subito il prelievo fiscale.

Il terzo regime è detto “del risparmio gestito”. Sempre su opzione, e sempre a condizione che i titoli siano gestiti dai soggetti sopra richiamati, la tassazione avviene con imposta sostitutiva ma la base imponibile è calcolata sul risultato della gestione, cioè, semplificando, sull’incremento del valore del patrimonio.

Va da sè che se l’intermediario in questione non è compreso in quelli previsti dalla legge italiana, sarà possibile utilizzare solo il primo regime.

Inoltre, la presenza di conti correnti, libretti o comunque attività finanziarie all’estero, comporta generalmente l’obbligo di indicarne gli ammontari in dichiarazione, nonché il pagamento di un ulteriore imposta, detta IVAFE (Imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero), che tassa il mero valore delle attività finanziarie detenute fuori confine nella misura generalmente dell’1,5 per mille della somma presente al 31 dicembre (o precedente, se estinta prima di questa data), ma pari a 34,20 euro in misura fissa per conti correnti e libretti di risparmio detenuti all’estero.