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La tumultuosa storia della Mattel e di Barbie, la bambola più famosa del mondo

Riuscirà Barbie a risorgere?

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Mattel celebra 45 anni di moda facendo sfilare le Barbie in passerella. (Getty)

Potete diventare tutto quello che volete.

Questo è il messaggio che la Mattel sta provando a far passare attraverso la sua campagna pubblicitaria per Barbie, lanciata il mese scorso con l’obiettivo di parlare a una società in via di mutamento. Una società in cui le ragazzine, crescendo, possono aspirare a qualsiasi ruolo, da ingegnere a medico ad allenatrice di calcio.

Lo spot è diventato virale per il messaggio positivo e ispiratore e indubbiamente per le situazioni carinissime messe in scena, come una ragazzina che dà un corso sul cervello mentre delle telecamere nascoste registrano la reazione dei suoi studenti.

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Ma la strategia dietro la pubblicità è chiara: provare a rimettere in carreggiata la storia di quasi 55 anni di una bambola che ha sì ispirato le ragazzine, ma che ha anche contribuito a fissare aspettative irrealistiche rispetto alla percezione del corpo femminile.

“Ci sono davvero due Barbie,” dice Richard Gottlieb, principale e fondatore di Global Toy Group, importante gruppo di consulenza del settore. “Ce n’è una che si trova sugli scaffali e un’altra che vive nella mente di ogni donna e quella bambola è iconica e significa moltissimo per le donne.”

Diamo un’occhiata agli scorsi cinque decenni del marchio Barbie, dal suo rapido successo alle sfide affrontate durante la sua storia fino al recente tentativo della Mattel di portare una ventata d’aria fresca alla relazione tra una nuova generazione di madri e la bambola che significava tanto per loro.

Nascita dell’icona Barbie

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La co-fondatrice di Mattel, Ruth Handler, creatrice di Barbie, la bambola più popolare del mondo. (Getty)

“Nel dopoguerra la cultura americana era quella dominante, così come la sua economia, e il miglior posto dove trovarsi negli Stati Uniti era la California del Sud – terra del sole e della salute, della prosperità e del glamour,” spiega Gottlieb. “E credo che le ragazze volessero emularla.”

Poco dopo, il primo spot pubblicitario per la bambola andò in onda durante un episodio del “Mickey Mouse Club,” con cui la compagnia aveva firmato un partenariato.

L’esperto di giocattoli dice che le ragazze erano affascinate dal fatto che si trattasse di una bambola glamour. A quei tempi le bambole rappresentavano di solito bambini e di certo non avevano i lineamenti e il sex appeal di Barbie. Sulle prime, i genitori furono un po’ sconcertati da una bambola con quelle fattezze ed erano preoccupati da una possibile cattiva influenza sui loro figli.

Ma tra gli spot televisivi e le tecniche di marketing indirizzate ai bambini, il marchio riuscì a vendere 351.000 Barbie nel primo anno, una vendita record. Per rimettere tutto nel suo contesto, il gallone di benzina costava allora 25 cent, il salario medio annuale era di 5000$ e la Barbie si vendeva a 3$.

“Era un prodotto molto dinamico,” dice Gottlieb.

Barbie inizia ad adattarsi negli anni ’60 e ‘70

Negli anni ’60 la Mattel aggiorna Barbie introducendo nuovi personaggi nella sua saga, da Ken all’afro-americana Francie, per capitalizzare i movimenti che supportavano l’estensione dei diritti civili. Ai tempi della Beatlemania viene prodotta una Barbie “British Invasion”, e durante la corsa allo spazio tra USA e Unione Sovietica viene lanciata una Barbie esploratrice spaziale.

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Modelli vestiti allo stesso modo di Ken, alla Fiera Internazionale del Giocattolo di Norimberga, nel 2011.(Getty)

Ma il primo decennio ha portato con sé anche molte controversie.

Nel 1965, Mattel lanciò una Barbie “Pigiama Party”, con una bilancia che indicava 50 chili di peso e un libro allegato il cui consiglio era “Come perdere peso: non mangiando!”

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Barbie Pigiama Party: il peso di Barbie è fisso sui 50 chili. (Foto: eBay)

L’anno successivo il marchiò lascio stare la bilancia ma mantenne il consiglio di “Non mangiare!”.

Nel 1967 l’azienda trovò anche un modo innovativo di far arrivare le loro Barbie più recenti nelle mani delle ragazzine, lanciando un programma di permuta: si poteva permutare una vecchia Barbie per averne una nuova, pagando 1,50$ supplementari.

Alla fine degli anni ’60, il fan club di Barbie contava 600.000 soci.

Ma all’interno della Mattel c’era un crescente trambusto.

Nel 1974, gli Handler furono espulsi dall’azienda dopo non aver contestato un rinvio a giudizio contenente 10 capi d’accusa, che riteneva Ruth responsabile di aver influenzato il prezzo delle azioni Mattel falsificando i bilanci delle vendite e dei ricavi dell’azienda tra il 1971 e il 1973.

Nel 1975 il marchio sborsò oltre 2 milioni di dollari per approfittare delle Olimpiadi Invernali del 1975 lanciando Barbie come nuotatrice, pattinatrice, e sciatrice.

Il legame stretto tra Barbie e la società fu definitivamente sancito nel 1976, quando la Barbie fu inserita nella capsula del tempo ufficiale per il bicentenario americano.

Passi falsi e risalite negli anni ’80 e ‘90

Gli anni ’80 videro il marchio provare ad ampliare il suo appeal verso altre culture, con l’introduzione di Barbie latinoamericane e nere. La prima Barbie asiatica fu introdotta nel 1981, e una Barbie giapponese fu lanciata nel 1985.

Sullo sfondo, la Mattel stava lottando. L’azienda aveva messo a bilancio una perdita di 394 milioni di dollari dopo un catastrofico tentativo di espandersi nel business dei giochi elettronici.

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La prima Barbie latinoamericana, lanciata nel 1979 (Foto: eBay)

In seguito, però, le cose iniziarono ad andare meglio.

Il nuovo presidente della Mattel John Amerman chiuse dieci fabbriche tagliando 500 posti di lavoro, riconcentrando gli affari sul profitto anziché sulle vendite.

E la cosa diede i suoi frutti.

Tra il 1987 e il 1996, le vendite di Barbie in 140 paesi crebbero da 400 milioni a 1,7 miliardi di dollari, grazie a nuove Barbie alla moda, inclusa una versione rocker ispirata alla nuova generazione MTV e una Barbie donna d’affari. L’azienda creò anche un’ampia rete di promozioni pubblicitarie e merchandising, con reparti vendite in 35 diversi paesi.

Nel 1991, l’azienda stimò che il 95% delle ragazze americane tra i 3 e gli 11 anni possedevano diverse Barbie.

Ma il marchio si trovò ancora una volta al centro delle polemiche per quanto riguarda la controversa immagine del corpo che offriva la sua bambola; conseguentemente le misure di Barbie furono cambiate nel 1998, riducendone il seno e i fianchi e allargandone il girovita.

Tuttavia, almeno in un’area la Mattel riuscì a conquistare le donne, con l’annuncio che Jill Barad sarebbe diventata presidente della compagnia nel 1997. Ai tempi della sua nomina, si trattava di una delle due sole donne al comando di una delle società elencate dalla lista “Fortune 500”. Le vendite combinate in Canada e in Europa raggiunsero quell’anno 1,2 miliardi di dollari, mentre negli Stati Uniti crebbero del 14%, raggiungendo 1,9 miliardi di dollari. Il marchio prosperò anche nel mercato dei CD-ROM, ricavando 20 milioni di dollari dai giochi interattivi legati al brand Barbie.

Un nuovo millennio, una nuova generazione, una nuova minaccia

Mentre la sbornia degli alti e bassi finanziari dei precedenti quattro decenni ha rappresentato una sorta di ottovolante per il marchio Barbie, è il 2001 l’anno della prima importante contestazione dell’iconico impero. In quell’anno l’ex impiegato della Mattel Carter Bryant lanciò Bratz – la prima vera rivale di Barbie. Entro il 2005, Bratz raggiunse 2 milioni di dollari di vendite e l’anno successivo il marchio deteneva il 40% del mercato delle bambole, con Barbie a detenere l’altro 60%.

“Si andò al tribunale,” dice Gottlieb, ricordando come alla fine Barbie, che riteneva che Bryant fosse ancora impiegato dall’azienda quando ebbe l’idea per la sua bambola, perse la causa.

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Le Bratz (Foto: CNBC/Bratz)

“E così si aveva una bambola che assomigliava a tutti e nessuno,” dice l’esperto di giocattoli.

Ancora una volta, Barbie – il cui prezzo nei negozi variava dai 7 ai 14$ – si diversificò per poter competere. Nel 2001, fu lanciato il primo lungometraggio in CGI “Barbie e lo schiaccianoci” e nel 2003 la Mattel lanciò Barbie Couture, una linea di moda indirizzata a donne e ragazze.

La recessione picchiò ancora più forte contro il marchio: le vendite globali nel quarto trimestre del 2008 crollarono del 21%.

La fine di un’icona?

Negli cinque anni molte persone hanno descritto il calo di vendite di Barbie come “la fine di un’era”, dice Michelle Liem, direttrice del reparto giocattoli canadese per i ricercatori di mercato dell’NPD Group.

“Barbie ha avuto vita dura negli ultimi due anni,” sostiene.

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(Foto: Quartz)

Anche lo scorso anno è stato duro per il marchio, con un altro risultato storico conseguito, sebbene non uno positivo. Per la prima volta negli 11 anni di esistenza della National Retail Federation, Barbie è scivolata dal primo al secondo posto tra i giocattoli per ragazze.

Le vendite di Barbie sono cadute del 16% nel 2014.

“Quando la Disney ha lanciato Frozen, è stato il fenomeno enorme che stavano tutti aspettando,” dice. “E quest’anno c’è un ulteriore declino causato dagli Shopkins.”

Si fa riferimento alla bizzarra moda di collezionare tappi per penna a forma di oggetti della vita quotidiana, incluse scarpe e banane. L’attrattiva viene dal fatto che il marchio Shopkins è riuscita a costruire una storia individuale dietro ogni personaggio. Ma Liem dice che non è ancora tempo di archiviare definitivamente l’epoca della Barbie.

“Credo che quella degli Shopkins sia più una moda passeggera mentre Barbie è un marchio sempreverde, perché le ragazze hanno sempre giocato con le bambole, si tratta di un modello classico,” dice. “Mantenere il successo come sta facendo la Mattel in questi anni con la Barbie è incredibile, specialmente nel settore dei giocattoli che in un certo senso è molto volubile.”

Gottlieb concorda.

“Sarà sempre la bambola preminente, ma non è lì la questione, la questione è quanto sarà ancora attraente e come potranno tornare le cifre di una volta,” afferma.

La chiave per il successo della Mattel con Barbie sarà dunque nello storytelling, come le sue ultime lezioni sulla positività sembrano illustrare. In un certo senso, si tratta di un messaggio mobile, a cui ogni marchio di successo oggi sembra prestare attenzione – mentre per guadagnare il consenso dei consumatori c’è bisogno di uno storytelling autentico e progressivo.

“La buona notizia e, beh, anche la cattiva notizia per Mattel è che hanno creato una parte importante della nostra cultura pesantemente carica di significato,” dice Gottlieb. “Credo che si tratti del più importante giocattolo di sempre – non perché è un classico ma perché il messaggio portato da Barbie, sia esso buono o cattivo, è così significativo per le donne.”

Insight
Andrew Seale