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Last minute market e il riuso degli scarti alimentari

Ridurre lo spreco alimentare non è solo un’opportunità ma anche un vantaggio

Scarti alimentari (Fotolia)

Gli scarti alimentari possono sembrare inutili solo a chi non ne conosce il grandissimo potenziale. Gli scarti infatti sono catalizzatori di possibilità in molti campi: possono ridisegnare lo scenario economico e quello del consumo, favorire famiglie e soggetti in difficoltà, rilanciare l’economia e cambiare volto alla produzione industriale.

Di partenza, basterebbe pensare che la crisi e il perdurare delle sperequazioni tra Nord e Sud del mondo rende inaccettabile l’idea che si sprechino ogni anno tonnellate di alimenti ancora perfettamente consumabili. Un problema brandito come promemoria, e che poi cade nel dimenticatoio: ancora nel 2012 la Fao stimava che nel mondo un terzo del cibo prodotto per il consumo umano va perduto, 1,3 miliardi di tonnellate all’anno. E l’Italia non fa meglio se nel 2010, già in tempo di crisi, ha bruciato oltre 11 miliardi di euro in prodotti ancora consumabili.

Eppure la sensibilità in materia è cambiata nel corso degli anni, come testimoniano le numerose iniziative che mirano al riuso degli scarti alimentari.  Secondo un sondaggio Last Minute Market & Swg per l'Osservatorio sullo spreco alimentare, sono 8 su 10 gli italiani che reputano lo spreco immorale oltre che un difetto del sistema economico. E in effetti anche la politica dovrebbe incentivare il riuso o favorire, dal punto di vista fiscale, le organizzazioni che lottano contro lo spreco. Esempio eccellente, i mercati dell’ultimo minuto, i cosiddetti last minute market che prevedono il recupero delle eccedenze alimentari e la loro successiva distribuzione a chi non ha da mangiare.

Il rifiuto insomma ha un valore altissimo per chi è debole a livello di potere d’acquisto, oltre a generare un circuito virtuoso per chi - imprese, soggetti politici, mondo accademico, organizzazioni non profit - sostiene queste politiche. Un classico esempio è quello emiliano, dove la Regione contribuisce al sistema di recupero di beni invenduti ovvero il Last Minute Market, uno spin off nato oltre venti anni fa come progetto di ricerca del Dipartimento di economia e ingegneria agraria dell’Università di Bologna.

Secondo i dati della Regione Emilia-Romagna, 737.100 chili di prodotti alimentari sono stati recuperati nel 2011, farmaci da banco e parafarmaci ancora utilizzabili sono stati rimessi in circolo per un valore di 101 mila euro, 25.700 pasti completi hanno sfamato persone. Numeri che parlano chiaro e dovrebbero far riflettere, tanto più in un paese dove ormai 6 famiglie su 10 tagliano sul carrello della spesa, facendo stabilmente acquisti al discount.

Un discorso che dal cittadino passa anche alle aziende e ai soggetti della ristorazione, perché non sono solo i consumatori a essere mal abituati. Lo spreco avviene a vari livelli della catena, quindi anche in fase di produzione, in fase di vendita con una cattiva gestione delle scorte. Per non parlare della ristorazione, altro settore dove gli sprechi sono pazzeschi, magari anche per la mancanza di sistemi informatizzati di gestione.

Infine, gli sprechi potrebbero incidere sulla crisi non solo dal punto di vista della tavola, ma anche da quello, caldissimo, dell’economia da rilanciare. In Italia, non guasterebbe consolidare e ampliare un mercato a cui destinare gli scarti, e incentivare le aziende che già operano sugli stessi, anche nell’ambito dell’energia e dei materiali ecocompatibili. Dagli scarti si possono poi ricavare estratti naturali da utilizzare anche nell’industria cosmetica e farmaceutica. Il campo d’azione è vasto, ma dimostra che il riuso è un vantaggio e un’opportunità. A monte, certo, sarebbe meglio ripensare i consumi, azzerando gli sprechi.