Lavoro, crollano le dimissioni volontarie. I furbetti si fanno licenziare solo per prendere le indennità
Sono i furbetti dell’assegno di disoccupazione. Un esercito difficile da contare perché agisce tra il lavoro nero e il sussidio di disoccupazione Inps. Succede che chi perde il lavoro, anzi a volte si fa licenziare, preferisca continuare a percepire la disoccupazione, rifiutando le proposte di impiego delle agenzie del lavoro. E magari trova un lavoretto in nero.
Se un lavoratore viene licenziato, scatta il trattamento di disoccupazione. Diversamente, in caso di dimissioni online volontarie, niente assegno. Il risultato è che la spesa per ammortizzatori sociali continua a crescere ogni anno, fino a superare i 14,6 miliardi di euro nel 2016: 12,5 per la disoccupazione attraverso i vari strumenti (soprattutto la Naspi) e 2,1 per l’integrazione salariale, con le varie formule. In totale lo scorso anno sono state autorizzate oltre 581 milioni di ore di integrazione salariale e circa 1 milione e 776mila trattamenti di disoccupazione. Cifre che pesano come macigni nel bilancio Inps, sempre più in difficoltà a far quadrare i conti, e che nascondono abusi e abusi da parte dei soliti furbetti.
Spesso accade che chi percepisce il sussidio di disoccupazione, svolga anche un lavoro in nero. Difficile stabilire il numero di chi incassa l’assegno e svolge in contemporanea attività in nero, per ovvi motivi. Da un’elaborazione Inps emerge che nel 2015 circa il 18,3 per cento dei lavoratori con i voucher era costituito da titolari di sostegni al reddito: tutto legale, sia chiaro, ma trasmette bene l’idea di quanti siano coloro che prendono un assegno di disoccupazione e accettano di buon grado lavoretti extra.
Aumentano i licenziamenti disciplinari. Da marzo 2016 è diventata obbligatoria la procedura delle dimissioni online che comporta una serie complessa di adempimenti burocratici senza precedenti e non tutti i lavoratori hanno voglia di farsene carico. Il Centro studi degli artigiani di Mestre ha verificato un incremento dei licenziamenti da 59.008 a 74.627, con un più 26,5 per cento. I lavoratori che vogliono licenziarsi non si presentano più in azienda, costringendo così il datore di lavoro a licenziarli e lo Stato a pagare la disoccupazione. Ma loro continuano a lavorare altrove.