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Lavoro, ecco perché qualcuno preferisce la notte

Lavorare fino a tardi (Fotolia)

Tassisti, metronotte, ferrovieri, portieri d’albergo, panettieri, scaricatori, casellanti, le professioni della notte sono parecchie. Accanto ai daysleepers di professione, però, c’è un esercito sommerso di liberi professionisti che preferiscono la notte al giorno, il buio alla luce. Il fenomeno è molto più frequente di quanto si possa pensare e l’autorevole sito statunitense Business Insider ha pubblicato un articolo in cui spiega le tre ragioni per cui chi ha tutto il giorno a disposizione prediliga le ore notturne per sviluppare la parte più consistente dei propri progetti. L’articolo parla in maniera specifica dei programmatori, ma la spiegazione si adatta a tutte le libere professioni che presuppongano creatività e progettualità e che siano sbilanciate sul pensiero piuttosto che sulla manualità.

Chi tira tardi fino alle tre di notte o chi si sveglia alle 5 per lavorare quando fuori è ancora buio è un semplice insonne? No, semplicemente ha un orologio biologico asincrono rispetto alla maggior parte delle persone. I tre principali motivi per cui alcuni lavoratori preferiscono la notte sono: 1) la tabella di marcia del lavoratore, 2) il cervello assonnato, 3) lo schermo luminoso del Pc. Vediamo i tre punti nel dettaglio:

1) La tabella di marcia. Durante il giorno il lavoro è continuamente frazionato: telefonate, mail e social network possono erodere fino a 6-8 minuti ogni ora portandosi via, a fine giornata, un’ora di tempo. Ma il discorso non è solamente di tipo quantitativo. Chi deve concentrarsi sulla “costruzione” di un progetto è paragonabile all’architetto di una casa di cristallo: basta una caduta di concentrazione di qualche secondo per infrangere ciò che si è costruito, magari, in molti minuti, magari in ore. La distrazione è il principale “nemico” dei lavori di concetto (che costruiscono idee e non oggetti) e il multitasking imposto dalle nuove modalità di lavoro deve ricavarsi delle “oasi” di concentrazione, piccoli momenti di disconnessione quotidiana. Ecco allora che, talvolta, l’unico momento in cui lavorare diventa quello in cui non lavorano gli altri, gli individui potenzialmente distraenti.

2) Il cervello assonnato. Sembra un paradosso ma il cervello assonnato può rendere meglio di quello lucido e sveglio. La spiegazione è semplice: il “sistema operativo” sa, a livello inconscio, di avere meno risorse e, quindi, concentra tutte le energie verso un’unica direzione. Un cervello stanco elimina, meglio del cervello all’apice della propria funzionalità, le inutili distrazioni. Continuando a usare una metafora informatica è come se venissero chiusi i browser, le chat di Skype e gli account dei social network e sullo schermo rimanesse soltanto una finestra, quella del foglio di scrittura o della tabella alla quale stiamo lavorando. La voglia di portare a termine il lavoro prima di andare a dormire è una sorta di “doping” psicologico che aiuta a trovare le ultime energie per raggiungere il “traguardo”.

3) Lo schermo luminoso.  Fissare una fonte luminosa di sera ritarda il ciclo del sonno. È come se ci si dimenticasse di essere stanchi: il nostro fisico si abitua ad andare a dormire ben oltre mezzanotte e farlo diventa perfettamente naturale. Come se il sonno cambiasse il proprio “fuso orario”. 

Anche se la nostra società è costruita sul lavoro diurno, si potrebbero citare centinaia di esempi di illustri creativi amanti del lavoro notturno. Pablo Picasso, il più grande pittore del Novecento e, molto probabilmente, uno dei più prolifici di sempre, nella sua bohème parigina era solito lavorare fino a notte fonda e dormire di giorno. E i quadri partoriti nelle sue veglie adesso hanno un valore incalcolabile.