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Le disfunzioni del libero mercato europeo dietro le vampate del gas

Bollette (Photo: Jose A. Bernat Bacete via Getty Images)
Bollette (Photo: Jose A. Bernat Bacete via Getty Images)

Martedì almeno tre navi (due Usa e una nigeriana, secondo Refinitiv Eikon) cariche di gas naturale liquido dirette in Asia hanno inaspettatamente girato la prua per dirigersi verso l’Europa perché attratte dai prezzi record sui mercati del Vecchio Continente. Ieri il prezzo del metano ha sfondato il muro dei due dollari per metro cubo superando i 185 euro per Megawattora, dopo l’interruzione del flusso di gas dalla Russia verso l’Ue attraverso il gasdotto Yamal-Europe. “Colpa” di Mosca e del suo monopolista statale Gazprom che rifornisce l’Europa del 40% del suo gas e che negli ultimi mesi, per una lunga serie di ragioni (ripresa post-Covid, primavera scorsa più rigida, concorrenza asiatica, tensioni politiche sul Nord Stream 2 e in Bielorussia) ha saltuariamente ridotto le forniture e talvolta interrotte. Ma il problema che si registra da settimane sul prezzo del gas, a cui è strettamente connesso quello dell’energia elettrica, viene da lontano e riguarda il funzionamento o, come in questo caso, le disfunzioni del mercato in Europa.

Anche il premier Mario Draghi, nella conferenza di fine anno, ne ha fatto un vago accenno: “I grandi produttori di energia stanno facendo profitti fantastici” ma il costo dell’idroelettrico e quello delle rinnovabili “non hanno niente a che vedere con quello del gas eppure viene venduta tutta al prezzo del gas”. Tradotto: chi oggi produce energia elettrica attraverso il gas la rivende a prezzi elevati perché il gas costa caro. Ma chi la produce dall’idroelettrico, rinnovabili e persino da nucleare la rivende sui mercati allo stesso prezzo di chi la produce col gas, pur avendo costi operativi di gran lunga inferiori. Sono questi i “produttori” che in questo momento “stanno facendo profitti fantastici”. Ed è questo il motivo per cui alcuni Paesi Ue, tra cui l’Italia, hanno chiesto di intervenire sul funzionamento del mercato dell’energia scontrandosi con l’opposizione di alcuni Stati del Nord, guidati dalla Germania.

Non c’entra quindi solo il principale fornitore Ue, Gazprom. In Russia il sistema di pricing del gas naturale è diverso da quello adottato dai Paesi dell’Europa occidentale negli ultimi anni dopo la liberalizzazione del mercato. Il prezzo del gas sul mercato russo nei contratti a lungo termine è ancorato a quello del petrolio (a sconto e con medie mobili). Sul mercato europeo da diversi anni si è deciso di disancorare il prezzo del gas da quello del greggio, facendolo determinare dall’incontro della domanda e dell’offerta (prezzo hub). In questo modo si sono volute privilegiare le dinamiche di mercato, una maggiore concorrenza tra i produttori, una minore dipendenza dalle forniture a lungo termine e si è mitigato l’impatto che le oscillazioni, talvolta marcate, del prezzo del petrolio a causa di tensioni geopolitiche in Medio Oriente o altrove avevano sul costo dell’energia in Europa.

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Un sistema che ha certamente permesso di far calare i costi in Europa per diversi anni rispetto ai prezzi oil-linked, ma che sconta tuttavia la naturale volatilità dei mercati legata a dinamiche congiunturali (come quelle del post-lockdown), e che sta ora presentando il conto. Per l’Italia è particolarmente salato dal momento che, dati Arera 2020, oltre il 60% dell’energia che produce è di natura termoelettrica, con le centrali a gas che la fanno da padrone rispetto al carbone, e solo il 12% da solare e eolico, il 18% da idroelettrico, il 10% da geotermico. Ma i prezzi dell’elettricità sono esplosi in tutta Europa, anche in Germania dove la produzione da rinnovabili può rappresentare anche oltre il 40% del totale, o in Francia dove il nucleare può arrivare a rappresentare il 30% della produzione nazionale. Com’è possibile?

La maggior parte delle transazioni di compravendita dell’elettricità avviene nella sessione del Mercato del Giorno Prima (Mgp), dove si scambiano blocchi orari di energia all’ingrosso per il giorno successivo. I produttori offrono blocchi di energia a un dato prezzo che rispecchia i loro costi di produzione. Tutte queste offerte vengono organizzate dal gestore del mercato elettrico (in Italia, ad esempio, Gme) e hanno ovviamente prezzi e quantità variabili. Chi produce da rinnovabili, ad esempio, offrirà un prezzo più basso rispetto a chi produce da gas, che ha costi operativi di gran lunga superiori. Stesso discorso vale per le offerte di acquisto che vengono raccolte e organizzate dal gestore.

Funziona così: tutte le offerte di vendita valide vengono “ordinate per prezzo crescente” in una curva di offerta aggregata da un lato, mentre tutte le offerte di acquisto valide ricevute “sono ordinate per prezzo decrescente in una curva di domanda aggregata”. In questo modo si incrociano domanda e offerta e nel punto di intersezione si definisce il prezzo marginale, che rappresenta l’equilibrio di prezzi e volumi. In altre parole gli impianti di rinnovabili in questo momento spingono al ribasso il prezzo mentre quelli a gas, con il costo della materia prima sui livelli mai visti prima, lo spingono di gran lunga al rialzo. Qui nasce la disfunzione temporanea che il mercato sta scontando in questi giorni di carenza di gas. Perché il prezzo marginale, oggi fortemente influenzato dal metano, fa sì che a tutti i produttori venga pagato lo stesso prezzo, indipendentemente dal fatto che sia frutto di produzione da rinnovabili o da termoelettrico. In soldoni, chi produce un gigawattora da fonte rinnovabile verrà remunerato allo stesso modo di chi lo produce da centrale a gas, e poco importa che il primo abbia costi operativi di molto inferiori al secondo. Tutti riceveranno grosso modo lo stesso prezzo, anche se avevano presentato offerte di vendita a prezzi più bassi. È questa la dinamica di mercato a cui ha fatto riferimento Draghi in conferenza stampa quando ha detto: “Il costo dell’idroelettrico e quello delle rinnovabili non hanno niente a che vedere con quello del gas eppure viene venduta tutta al prezzo del gas”.

La logica di queste dinamiche arriva da lontano ed è legata alla volontà, diversi anni fa, di non penalizzare la presenza nel mercato delle “nuove” centrali a gas rispetto a quelle a carbone che invece erano ormai consolidate. E oggi resta in piedi perché, unita a sistemi di penalizzazioni per le produzioni più inquinanti nell’accelerazione green voluta da Bruxelles (come l’Ets), si spera spinga i Paesi membri a favorire le produzioni con meno emissioni. Oggi tuttavia le fonti rinnovabili difficilmente riescono a stabilire il prezzo marginale nei Paesi ancora molto sbilanciati sulla produzione da termoelettrico, e anche in quelli dove sono più sviluppate risentono comunque delle condizioni meteorologiche quando sfavorevoli.

Queste dinamiche valgono naturalmente sui mercati spot come il Mercato del Giorno Prima, il Mercato Infragiornaliero e il Mercato per il Servizio di Dispacciamento, ma ciò non esclude che si possano stipulare tra venditore e acquirenti contratti al di fuori delle borse elettriche (Otc) anche a lungo termine. Di questo passo, tuttavia, la corsa del prezzo del gas può rappresentare una seria minaccia alla ripresa post-Covid, e la Spagna lo ha capito. Il Governo di Madrid è tornato a chiedere una riforma del mercato: “Due cose sono imprescindibili - ha detto la ministra della Transizione ecologica Teresa Ribera - Aprire un’alternativa di opzioni politiche su come reagire nelle situazioni eccezionali. Secondo: aprire un dibattito che ci permetta di rivoluzionare il mercato elettrico europeo e in generale dei mercati dell’energia per favorire un adattamento a una realtà che è completamente diversa rispetto a dieci-quindici anni fa. Si sono aperte alcune porte, in particolare nel mercato del gas con l’inclusione dell’idrogeno. Ora si deve lavorare nel resto delle componenti del marcato regolatorio”. Domani il prezzo medio dell’elettricità nel mercato all’ingrosso in Spagna supererà ancora una volta tutti i record precedenti, salendo domani a 383,67 euro per megawattora, rispetto ai 360,02 euro dell’ultimo massimo storico di oggi. In solo una settimana il prezzo è aumentato in media del 26,8 per cento.

Secondo Ribera il nuovo record sarà condizionato dall’aumento della domanda dalla Francia causata dallo stop temporaneo di tre centrali. Circa il 30% della capacità nucleare francese sarà inattivo dall’inizio di gennaio.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.