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Le donne in pensione come gli uomini. Bonus per accudire parenti disabili

Il ministro del lavoro Giuliano Poletti. REUTERS/Remo Casilli
Il ministro del lavoro Giuliano Poletti. REUTERS/Remo Casilli

Dal 2018 le donne che lavorano nel settore privato andranno in pensione alla stessa età degli uomini: 66 anni e sette mesi. Esattamente un anno dopo rispetto e oggi, nuovo record in Europa. Nessuna sorpresa perché con la riforma Fornero, l’unificazione tra uomini e donne era già stata decisa, raggiunta due anni fa dai dipendenti della pubblica amministrazione.

I calcoli non sono mai semplici. Il governo ha offerto uno sconto di due anni sui contributi necessari per accedere all’Ape social, l’anticipo pensionistico per le categorie da tutelare che consente di smettere di lavorare tre anni e sette mesi prima del previsto, senza vedersi ridurre l’assegno. Oggi i sindacati incontrano il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, proprio per discutere di previdenza.

Il governo sta studiando la possibilità di riconoscere il lavoro di cura di parenti disabili, svolto dalle donne, a determinate condizioni. Lo Stato, in buona sostanza, verserebbe i contributi alle donne che si sono prese cura dei figli o dei genitori disabili. Si sta studiando la formula per non permettere comportamenti opportunistici. Il bimbo o l’anziano di cui ci si prende cura, per esempio, dovrebbe avere un’invalidità al cento per cento. La madre dovrebbe essere disoccupata in quel periodo, e quindi il meccanismo sarebbe sganciato dalla legge 104, sui permessi ai lavoratori per l’assistenza ai familiari. Resta aperto il discorso sull’eventuale durata, ma anche il riconoscimento limitato sarebbe una novità assoluta.

Pare, invece, già definito il pacchetto della pensione minima da 660 euro per i lavoratori più giovani e atipici che hanno cominciato a lavorare dopo il 1995.