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Libia: il vertice francese è un rischio per l'economia italiana?

Emergenza migranti: l'Italia è, ancora più della Grecia, la prima meta che i profughi tentano di raggiungere.

Il grande esodo

Nonostante questo, però, l'Europa, tutta, oltre a riconoscere un innegabile merito, non ha preso, finora, provvedimenti concreti che vadano oltre il monito a tutti i paesi, per l'accoglienza delel rispettive "quote". Roma, paradossalmente, si trova in una situazione di debolezza e,cosa ancora peggiore, priva di ogni autorità negoziale. A peggiorare la situazione anche l'ultima mossa del neoeletto presidente francese Emanuel Macron che ha recentemente convocato un vertice con la Libia e con i rappresentanti delle varie fazioni in guerra, dopo aver scelto di operare nella nazione africana, attraverso anche la forza delle armi. I principali avversari nella guerra civile nata all'indomani della caduta di Gheddafi (ottobre 2011), Fayez al-Serraj (sostenuto dall'Italia) e Khalifa Belqasim Haftar (sostenuto dalla Russia e, dopo un atteggiamento ambiguo, anche dalal Francia ) , rispettivamente rappresentanti di Tripolitania e Cirenaica, hanno raggiunto ieri un accordo per il cessate il fuoco nel paese in modo da poter successivamente organizzare elezioni politiche in modo da rendere più omogeneo, se non pacifico, il quadro istituzionale della nazione nordafricana. Tutto questo è stato fatto escludendo l'Italia dal tavolo delle trattative.

Il problema energetico

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Ma quello che è apparso subito ai più come un insolito schiaffo diplomatico è anche una dimostrazione dell'incapacità di gestione della crisi libica , in generale da parte di tutta l'Europa, con conseguenze anche sul panorama interno italiano . E per più di un motivo. Oltre alle tensioni sociali createsi con gli sbarchi e le difficoltà logistiche derivanti, resta anche un altro punto interrogativo: gli interessi dell'Italia in Libia, interessi che la nuoa politica di Macron potrebbe ledere. Un nome su tutti, Eni (Londra: 0N9S.L - notizie) , diretta concorrente delle altre grandi multinazionali dell'energia francese, la cui capofila è Total (Londra: 524773.L - notizie) . Il cane a sei zampe è stata una delle poche a z iende, se non l'unica, a restare su suolo libico nonostante la guerriglia e i disordini, forte di un'esperienza ultradecennale sul territorio nordafricano e soprattutto per proteggere l'enorme bacino di idrocarburi presente nel sottosuolo delle coste dell'ex impero di Gheddafi. Ma resta la paura che dietro le mosse diplomatiche di Macron si celi l'intenzione di sfruttare un vantaggio sul fronte energetico. A rafforzare l'ipotesi è stata la riapertura a giugno del pozzo di Sharara in mano a Total (Francia), Repsol (Amsterdam: RP6.AS - notizie) ( S pagna), Omv (EUREX: 430021.EX - notizie) (Austria)e Statoil (Amburgo: 1245893.HM - notizie) (Norvegia), proprio mentre Tripoli ha dato il via ad un aumento della produzione d i petrolio che ha raggiunto il milione di barili al giorno, target raggiunto sfruttando l'esenzione dai tagli imposti dall'accordo di Vienna del novembre 2016, concessa dall'Opec . Altro elemento che potrebbe rivelarsi un boomerang per gli interessi italiani, è di natura geopolitica: Fayez Serraj , come detto sostenuto dal governo Renzi, decise di allearsi con le milizie jihadiste di Bengasi con lo scopo di conquistare i pozzi di Sidra e Ras Lanuf i cui proventi, però, erano già stati oggetto di un accordo stipulato tra il suo avversario Haftar e la Noc di Mustafa Sanalla, capo della National Oil Company e a capo del settore energetico libico.

Il ruolo di Eni

L'ansia di Macron (e non solo sua) per la pacificazione del paese, è facilmente comprensibile visto che la Libia è la nazione che ha in mano le più grandi riserve di petrolio del continente africano. Già consultando dati risalenti al marzo del 2016 si capisce come Eni sia la compagnia straniera maggiormente coinvolta nelal realtà libica. In mano al cane a sei zampe sono da citare i giacimenti di Abu Attifel e NC-125 oltre a quello di Nakhla (C97) diviso però con Wintershall e Gazprom . A questi si aggiungano anche i campi petroliferi di El Feel (Elephant , la cui produzione ha visto diverse sospensioni a causa della guerra civile che ha costretto alal chiusura anche di altre zone di estrazione ) e quelli di gas di Wafa e Bahr Essalam (scoperti nel 2015) oltre agli off-shore di Bouri . Tradotto in numeri la Libia rappresenta il 20% dell'intera produzione Eni; per quanto riguarda la sola produzione libica, si parla di 0,3-0,35 Mboe/d, ovvero circa il 70% della produzione della nazione divisa tra il 55% proveniente dai pozzi sulla terraferma e dal 45% dai quelli offshore.

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