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L'Ira della Meloni: "Lasciati soli a fare questa campagna elettorale”

(Photo: NurPhoto via NurPhoto via Getty Images)
(Photo: NurPhoto via NurPhoto via Getty Images)

Almeno Salvini gira l’Italia come una trottola, ci mette la faccia, ma sotto di lui niente: cosa vuole fare la Lega? Il nodo è politico”. Chi ha parlato con Giorgia Meloni nelle ultime ore racconta che, sotto i nervi saldi imposti dalle urne imminenti, sia furibonda. Al quartier generale di FdI le bordate di Giorgetti sui candidati alle comunali, e in particolare contro Michetti in lode di Calenda, sono state accolte malissimo. Ma l’insofferenza della leader di FdI si estende anche agli altri alleati, a Forza Italia che o si è liquefatta sul territorio (vedi Roma) oppure sta alla finestra (vedi Milano). “Ci hanno lasciati da soli a fare questa campagna elettorale”, è il succo amaro dello sfogo con diversi interlocutori. Che ha trovato ascolto se, come sembra, forse non si riuscirà ad arrivare a un comizio congiunto ma si lavora per due “iniziative”, forse conferenze stampa, dei tre leader del centrodestra (con Tajani) a Roma e Milano.

Giorgetti lascia il tempo che trova – ha detto Meloni ospite a “Porta Porta” - Ma mi ha colpito perché dovrebbe sapere che Calenda non arriverà mai al ballotaggio e non era un ministro così capace. Non vorrei che fosse tornato alla Lega prima maniera che a Roma augura il peggio… La sinistra è più organizzata, noi andiamo in ordine sparso”. E aggiunge: “Il caso Morisi ha un impatto politico importante”. Dentro FdI la tensione è altissima. La versione ufficiale è che le questioni interne di casa Lega – ovvero tra “le due Leghe”, lessico ormai diventato colloquiale - se le devono risolvere tra di loro. E i conti, sia numerici che politici, si faranno dopo. Ma l’operazione di portare Calenda nel perimetro del centrodestra “azzoppando” Michetti è risultata indigesta. Anche perché prematura: “E’ ovvio che nell’ottica del ballotaggio è con lui che bisogna parlare – spiega un parlamentare – Ma farlo adesso significa partire da una posizione di debolezza”. Ai limiti del sabotaggio, con buona pace della “smentita dell’intervista”, categoria giornalistica che non ha convinto i più. “Non mi è sembrato il momento opportuno per dichiarazioni del genere” si limita a dire la consigliera regionale Chiara Colosimo, che macina appuntamenti elettorali. Mentre la paura tracima: “Vogliono sfilare a Salvini il partito da sotto i piedi...”.

Il paradosso è che l’intemerata giorgettiana ha favorito un riavvicinamento, almeno a livello di feeling personale o quanto meno di onore delle armi, tra “Matteo” e “Giorgia” dopo mesi di glaciale freddezza. Dovuta proprio agli screzi (eufemismo) sui candidati. Con settimane di stallo, vertici convocati e rinviati, colloqui tra sherpa, accuse di mettere veti (lui a lei, ad esempio su Bertolaso) e non essere ascoltati (lei a lui). Un braccio di ferro concluso con la “lottizzazione” delle due principali città. Su Roma, Meloni ha imposto agli alleati il tribuno radiofonico, promosso da “Michetti chi?” a “il nostro Mister Wolf”, ma rimasto nel cuore degli antipatizzanti come “il cavallo non di Caligola bensì di Giorga”. Su Milano, dove le carte le dà la Lega, Salvini ha preso atto di vari “no grazie” ripiegando sul pediatra-gaffeur Bernardo che tiene tutti sul filo della sconfitta al primo turno.

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I mal di pancia FdI, però, sono diretti anche verso gli azzurri. “Fa più tweet Elio Vito che iniziative Forza Italia” è la battuta velenosetta. Condita dalle presenze all’ultimo comizio di Gasparri con Michetti, che sarebbero 40. Nel mirino c’è la decisione del deputato berlusconiano Vito di sostenere la lista del suo partito ma, con il voto disgiunto, Andrea Bernaudo come sindaco. Vito fa spallucce: “Io sono sempre lo stesso, con Bernaudo siamo amici da vent’anni, eravamo con Taradash nei riformatori liberali. Il problema è la gestione romana e nazionale del partito”. Chiosa: “Con Giorgia ho un ottimo rapporto, sono gelosie interne”.

Forse sì, ma reciproche. Gli azzurri romani combattono sulla linea Maginot del 4%, anche meno secondo alcuni sondaggi, rischiano di avere un solo posto in consiglio comunale e di appaltarlo all’ex grillino De Vito. Comprensibilmente, non sprizzano buonumore. Né generosità: “In FdI hanno sbagliato candidato e adesso fanno i piagnoni – ritorcono – Il comitato elettorale di Michetti l’hanno gestito da soli, cosa vogliono?”. A tendere la mano sono rimasti i fedelissimi del Capitano: “Ma no, dai, Giorgetti si è corretto – sorride Claudio Durigon, l’uomo delle liste nel Lazio – Sono convinto che al ballottaggio Michetti vincerà: è simpatico, nuovo. Sovvertirà la negatività che qualcuno sparge”. Meno diplomatico il senatore Candiani: “Giorgetti non lo conosco, non so chi sia, e sto mangiando un panino che è una bontà”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.