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Lisa Vozza: "Vaccino ogni anno? Le aziende lo dicono per la Borsa, dipende da Omicron"

(Photo: Getty)
(Photo: Getty)

“Bisogna distinguere tra le dichiarazioni di chi dirige un’azienda - e dunque presta attenzione anche all’andamento della Borsa - e cosa dicono i dati scientifici. Nessuno può sapere se dovremo vaccinarci ancora contro il Covid dopo la terza dose”. La biologa e divulgatrice scientifica Lisa Vozza tira il freno commentando le dichiarazioni rilasciate dall’ad di Pfizer: Albert Bourla alla Bbc ha spiegato che, con buona probabilità, ci sarà bisogno di vaccinazioni annuali contro il Covid per molti anni a venire. Sulla stessa scia anche il capo di BioNTech, Ugur Sahin, secondo cui - dice a The Economist - è probabile che il vaccino dovrà essere aggiornato ogni anno o due e che le persone dovranno essere rivaccinate regolarmente.

“Nessuno ha sfera di cristallo previsioni per sapere adesso che cosa accadrà in futuro”, sostiene su Huffpost la dottoressa Vozza, “Siamo ancora in uno stato di emergenza in cui questo virus è relativamente nuovo, stiamo prendendo le misure e imparando a conviverci grazie soprattutto alle vaccinazioni e alle altre misure di contenimento”. Dai dati scientifici emerge chiaramente che il virus muta spesso e che la popolazione nel mondo è ancora diversamente vaccinata, paesi occidentali in testa e paesi poveri con un livello molto basso: “Il SARS-CoV-2 ha molte opportunità di infettare, riprodursi e produrre mutazioni, in queste condizioni. Alcune delle varianti possono sfuggire all’immunità precedente. Ma oggi non sappiamo ancora se la Omicron bucherà la protezione offerta dai vaccini, lo vedremo nelle prossime settimane: questo guiderà le decisioni su eventuali ulteriori richiami o sulla produzione di nuovi vaccini”.

Dottoressa Vozza, alla luce di uno scenario in cui le vaccinazioni andranno ripetute ciclicamente, quanto è importante per i paesi - Italia in primis - rendersi indipendenti nella produzione del vaccino?

Importante è che ci siano vaccini di alta qualità e che i governi riescano a negoziare dei prezzi ragionevoli come già è stato fatto. Dove sono stati prodotti e da chi è relativamente meno importante.

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Nel suo libro (edito Zanichelli) parla di “Vaccini dell’era globale”. Cosa si intende?

Noi viviamo in un’epoca in cui i trasporti sono velocissimi e di massa. Le persone si spostano e con loro si spostano anche i loro piccoli ospiti: batteri, virus, microrganismi di vario genere. In questo quadro è chiaro che le epidemie che possono nascere viaggiano molto velocemente. Non solo: lo sfruttamento dell’ambiente per sfamare la nostra grandissima popolazione, fa sì che noi disturbiamo quell’ambiente, gli animali e i loro ospiti microbici e creiamo le condizioni per l’emergere di nuove pericolose epidemie. Da questo punto di vista i vaccini sono una straordinaria salvaguardia e sono molto ecologici: specifici per il microorganismo, distruggono in modo indiscriminato, come un disinfettante o un antibiotico che colpisce moltissimi batteri anche utili, non sono quelli patogeni.

Quale sarà invece il contributo dei monoclonali ai vaccini e alla lotta al Covid?

Sono già da tempo uno strumento imprescindibile nella ricerca vaccinale: servono a stabilire su quale antigene puntare nello sviluppo del vaccino, in grado di stimolare la maggiore produzione di anticorpi più neutralizzanti. Sono anche fondamentali per valutare, una volta che i vaccini sono in uso, il titolo anticorpale che il vaccino è in grado di stimolare. Sono uno strumento non solo clinico, ma anche di ricerca e sviluppo.

La diffusione di Omicron ha riportato alla ribalta la questione del basso livello di vaccinazione nei paesi poveri. Con la rinuncia ai brevetti sarebbe davvero più rapido e facile vaccinare?

Credo di no. Ognuno deve fare il proprio mestiere. Le aziende sono molto brave a sviluppare vaccini e industrializzarli. Tutto questo ha ovviamente dei costi, nel caso di questa pandemia sono stati in gran parte assorbiti dall’intervento pubblico che è stato fondamentale. Ma se alle aziende si prospetta una sospensione dei brevetti, non saranno disponibili a operare gli investimenti che servono per portare i vaccini in produzione in caso di nuove varianti o epidemie, quindi ci troveremmo sprovvisti. Credo che la soluzione sia un’altra. Le aziende devono mantenere prezzi più bassi per i paesi più poveri, i paesi più ricchi devono prendersi carico dell’acquisto di vaccini a prezzi più bassi per il resto del mondo. Sono state fatte molte promesse, andrebbero mantenute. Nei paesi poveri inoltre le carenze vanno oltre la singola boccetta di vaccino, c’è un problema infrastrutturale: se anche fossero oggi inondati di dosi, non sarebbe facile vaccinare tutte le persone che ne hanno bisogno. I vaccini hanno bisogno di rete elettrica stabile per i frigoriferi, di strade adeguate per essere trasportati, di personale addestrato per somministrarli. È anche nel nostro interesse fare molto di più

Bisognerebbe fare di più anche per convincere gli esitanti a presentarsi all’appuntamento con l’iniezione. Ci sono stati errori nella comunicazione vaccinale e, nel caso, si potrà rimediare?

Tutti hanno cercato di fare del proprio meglio in una situazione difficile e in continua evoluzione. Probabilmente non hanno aiutato le informazioni un po’ confuse e allarmanti date sui rarissimi effetti collaterali che dava AstraZeneca. L’intento probabilmente era buono, mostrare che la farmacovigilanza funziona e se ci sono effetti avversi li intercettiamo subito, ma ha generato una reazione contraria: “Oddio, questo vaccino ci uccide”. Almeno in molti lo hanno percepito così, anche se nella sostanza quasi il 90% delle persone aventi diritto si sono vaccinate, quindi tendenzialmente hanno ricevuto e recepito il messaggio giusto. Per convincere i più scettici probabilmente non c’è molto da fare se non alla fine un’imposizione per legge: l’obbligo vaccinale è una misura autoritaria di cui ci piacerebbe poterne fare a meno, ma abbiamo visto che la sua reintroduzione è stata necessaria anche per le vaccinazioni ai bambini, che erano pericolosamente in calo.

Quali sfide dovrà affrontare la vaccinologia dopo il Covid?

Le sfide sono molteplici: sicuramente vaccinare di più i paesi poveri, anche creando strutture più adeguate. Un’altra sfida riguarda l’emergenza della lenta e inesorabile resistenza agli antibiotici, che sarà una pandemia inevitabile e creerà rischi importanti per la vita delle persone anche per cose banali, come andare dal dentista o guarire da una ferita. È importante anche creare vaccini per la seconda parte della vita. I vaccini hanno permesso alla persone di avere una vita molto lunga, ma la seconda parte non ha sempre la stessa qualità della prima. Ci sono malattie croniche - neurodegenerative, tumorali - che i vaccini di nuova generazione potrebbero aiutare a combattere, stimolando il sistema immunitario.

Zanichelli (Photo: Zanichelli)
Zanichelli (Photo: Zanichelli)

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.