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Lo spread torna a correre, Italia sotto attacco?

Lo spread torna a fare paura. Negli ultimi giorni il differenziale percentuale sui Bund  tedeschi e i Btp era salito pericolosamente oltre la soglia dei 400 punti, scendendo poi sotto i 360. Un’altalena che ha mandato in tilt le maggiori Borse europee, la peggiore Piazza Affari che nella giornata di giovedì ha comunque chiuso con un lievissimo calo. Italia e Spagna fanno tremare l’eurozona e c’è già che invoca nuove misure per sistemare i conti.

Un gioco di accuse reciproche, quelle tra Roma e Madrid. Il premier Mario Monti punta il dito contro la Spagna per essere la fonte del rinnovato contagio di Eurolandia, complici i dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico iberico. Da Madrid, di contro, sono pronti a sostenere che le responsabilità maggiori passerebbero dalla riforma del lavoro sulla quale discute ancora il governo nostrano.

Intanto il Tesoro è andato in asta, collocando circa 11 miliardi di euro di Bot trimestrali e annuali ma con rendimenti praticamente raddoppiati rispetto al mese scorso. Ma come è possibile che dopo il crollo dei mercati dei giorni scorsi i Bot italiani siano stati preferiti ai Bund tedeschi? Semplice, è sempre una questione di prezzo. In altre parole, i Bot italiani attirano di più gli investitori perché garantiscono un tasso di interesse più alto rispetto ai buoni tedeschi. Non è un caso che dopo l’asta lo spread sia sceso sotto i 360 punti. Nell’ultimo collocamento, quello dello scorso marzo, l’Italia era riuscita a collocare Buoni annuali al tasso d’interesse lordo dell’1,405%. Un bel successo. Nell’ultima asta, invece, gli investitori hanno comprato ad un tasso lordo del 2,84%, ovvero il doppio. Stessa storia anche per i Bot trimestrali, collocati per 3 miliardi nell’asta di martedì. Nella vendita di marzo erano stati collocati con un rendimento lordo dello 0,492%, nell’ultima seduta sono saliti all’1,249%. Male, invece, l’asta dei Btp triennali. Il Tesoro,  infatti, a fronte di una domanda di 4,13 miliardi, ha collocato solo 2,884 miliardi di Btp triennali con un rendimento salito al 3,89%. Il cosiddetto “Bid to cover ratio” che misura il livello di copertura dell’asta stessa, è stato di 1,43 (1,56 nell’offerta precedente).

In questo scenario negativo legato all’aumento dei tassi di interesse, gli effetti delle vendite si fanno sentire sui listini europei. Nel medio termine, senza dubbio, il pericolo numero uno è la Spagna. Per diversi motivi. Il debito pubblico, tanto per cominciare, che aumenterà di circa dieci punti percentuali nel 2012, rispetto allo scorso anno. Un’enormità. Anche il sistema bancario è sotto stress, la disoccupazione è in forte aumento e la crescita è assente. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Luis de Guindos ha seccamente respinto le voci della possibile uscita della Spagna dall’euro. “E’ una follia”, ha detto alla radio Nacional de Espana. Ma rimane il timore che Madrid possa chiedere un sostegno al Fondo monetario internazionale. Il monito è partito anche da Miguel Fernández Ordóñez, governatore del Banco de Espana: “Se l’economia iberica non dovesse registrare segnali di miglioramento, serviranno altri capitali per le banche spagnole”.

Tornando nel Belpaese, la partita sulla quale si concentra l’attenzione è la riforma del lavoro. Gli investitori sono sul punto di perdere la pazienza, dopo aver atteso per settimane una decisione in tal senso. I fondi del mercato monetario (Money markets fund), sia americani sia quelli europei, sono stati ritirati da Italia e Spagna: un chiaro segnale di sfiducia. Insomma, in questa prospettiva il pareggio di bilancio nel 2013 rimane un miraggio. Ed è quasi impossibile negare che l’Italia avrà bisogno di un’altra manovra finanziaria “lacrime e sangue” in autunno per centrare l’obiettivo. Lo spread è salito troppo in troppo poco tempo. Qualche settimana fa il premier si è recato fino in Cina per stimolare nuovi investimenti in terra italica. Ma se l’appello dovesse finire snobbato dalla potente economia asiatica, l’unica certa fonte di nuove entrate rimarrebbe la solita: nuove tasse. Tanto per cominciare da un paio di giorni il governo sta lavorando ad un nuovo balzello, questa volta legato agli sms, che potrebbero essere tassati di 2 centesimi. Nuovi aumenti, inoltre, delle accise sui carburanti sono dietro l’angolo. Ormai certo anche l’aumento dell’Iva che da ottobre salirà di ben due punti percentuali e che sarà accompagnato da nuovi prelievi fiscali sulla tassazione delle rendite finanziarie.

Una situazione che rimane tesa. A testimoniarlo il fatto che le banche sono piene di titoli di Stato. Lo scorso mese di febbraio – secondo i dati della Banca d’Italia – gli istituti di credito italiano possedevano 267 miliardi di euro di Btp, un dato in costante aumento. La disaffezione degli investitori esteri verso il nostro Paese è preoccupante perché, complice il crollo dei risparmi delle famiglie italiane, se nessuno compra il debito italiano, è costretto a farlo il sistema bancario. La conseguenza sono meno soldi in circolo a sostegno delle imprese.