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Luciano Floridi: "Apple punta al cuore della salute: la telemedicina"

Jeff Williams, Chief Operating Officer of Apple, speaks about the new Apple Watch Series 4 at an Apple Inc product launch event at the Steve Jobs Theater in Cupertino, California, U.S., September 12, 2018. REUTERS/Stephen Lam (Photo: Stephen Lam via Reuters)
Jeff Williams, Chief Operating Officer of Apple, speaks about the new Apple Watch Series 4 at an Apple Inc product launch event at the Steve Jobs Theater in Cupertino, California, U.S., September 12, 2018. REUTERS/Stephen Lam (Photo: Stephen Lam via Reuters)

Immaginate una città divisa in quartieri, ciascuno controllato da una banda. C’è un tacito accordo per cui nessuno invade lo spazio dominato dall’altro. I confini sono perimetrati e regna la pace. Ma all’orizzonte c’è un nuova zona dove è possibile espandersi: chi c’è è debole e non ha la forza di rispondere. La periferia da costruire potrebbe essere il settore della telemedicina, le bande le Big Tech della Silicon Valley, e l’azienda più avanti di tutti in questa corsa è Apple. Il colosso di Cupertino sta assumendo medici di alto profilo, registra brevetti, investe in nuove società. E intanto Microsoft, Google e Amazon coltivano ambizioni collegate al proprio core business. Google investe in ricerca, Microsoft è già leader per quello che riguarda le infrastrutture ospedaliere, Amazon guarda al mercato delle farmacie online. Apple ha tutto quello che serve per essere leader del settore: iWatch, iPhone, iPad, iMac, app. Tutto è connesso, tutto funziona. In tre parole hardware, software e dati personali. Era il 2019 e Tim Cook dichiarava: “Il più grande contributo di Apple al genere umano sarà nel campo della salute”.

Non è un caso che all’evento Apple uno dei lanci più attesi era proprio l’Apple Watch 7. I rumors dicevano che l’ultimo modello sarebbe stato dotato di ogni tipo di sensore: oltre a quelli che già possono misurare l’ossigeno nel sangue, il battito cardiaco e di controllare l’Ecg, ecco che arrivare quelli per misurare la temperatura, la pressione e calcolare la glicemia. Nell’attesa del salto di qualità, che a questo punto sarà nel 2022, abbiamo parlato con Luciano Floridi di quale sia il peso di Apple nel mercato dell’healthcare e della competizione con le altre Big Tech, Amazon prima di tutto.

“Apple è un’azienda per la salute. E il suo Ceo sta portando avanti questa scelta con lungimiranza. Punta ad ampliare l’ecologia del sistema, inglobando anche la salute. E in particolare la telemedicina. Questa è una terra di nessuno, dove chi domina è il pubblico che però non ha la forza tecnologica di competere con un colosso come Apple”, commenta Luciano Floridi, una delle voci più autorevoli della Filosofia contemporanea, professore ordinario di Filosofia ed Etica dell’ informazione all’Università di Oxford, e di Sociologia della Cultura e della Comunicazione all’Università di Bologna, dove dirige il Center for Digital Ethics. “E se oggi Apple può fare questo salto è grazie alla genialità di Steve Jobs. Aveva capito che la musica poteva essere un servizio da vendere online, dando così alla propria azienda la possibilità di farsi le ossa in un campo che non era quello dell’hardware. Se domani vorrà, Apple potrà fare con la telemedicina quello che ha fatto in passato con la musica. Conquistando una posizione di primo piano anche grazie al loro bagaglio di dati che è un forziere di spendibilità”.

Italian philosopher Luciano Floridi speaking at the re:publica conference in Berlin, Germany, 2 May 2016. Until Wednesday night, roughly 8,000 bloggers, YouTubers and politicians, artists, activists and intellectuals gather at the internet conference re:publica. PHOTO: SOPHIA KEMBOWSKI/dpa | usage worldwide   (Photo by Sophia Kembowski/picture alliance via Getty Images) (Photo: picture alliance via Getty Images)

Professore Floridi, c’è una cosa che non quadra, l’enorme accumulo di dati sul quale stanno operando e l’utilizzo di questi dati. È come se uno comprasse tanta cioccolata senza mangiarla. A cosa servono ad Apple i nostri dati personali se non li usa?

“Apple vende hardware o servizi, non pubblicità, come Facebook. Per questo tutti i dati che possono servire a customizzare e fidelizzare al massimo il prodotto per il cliente. In altre parole tanti più dati hai, tanto più il tuo prodotto sarà adatto alle esigenze di chi lo compra. Il business model di Apple punta a creare un’ecologia in cui tutto è Mela: lo smartphone, il tablet, lo smartwatch, i vari servizi. I dati servono per far girare l’ecologia. Ma questo non spiega la mancanza di equilibrio tra l’enorme mole di dati che possiede e lo scarso utilizzo che ne fa. L’azienda non mente quando dice che non li usa ma questo non significa che non li userà mai. Il giorno che Apple deciderà di includere nel proprio ecosistema la salute avrà i clienti già fidelizzati e un capitale di dati, raccolti su milioni di milioni di persone (che poi sono anche quelle più facoltose al mondo)”.

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Un articolo del Financial Times parla di telemedicina e di come in realtà ci sia Amazon pronta ad entrare in campo. “Il gigante che fino ad adesso è rimasto fermo e addormentato si sta svegliando e dopo una serie di false partenze inizia a fare sul serio”, dice. E l’arma vincente, neanche a dirlo, sarebbe Alexa, che farebbe da assistente vocale a medico e paziente. Apple deve temere Amazon?

“Non so se Amazon voglia competere con Apple. Vedo piuttosto una sorta di lotta novecentesca tra Wallmart e Amazon per accaparrarsi il mercato della vendita di farmaci online. Quello è uno spazio occupato e non c’è posto per due. È competizione a zero, se i soldi li faccio io non li fai tu. Credo che Apple invece stia giocando una nuova partita: punta a una zona un po’ futuribile, ma che da qui a pochi anni sarà occupata. È la telemedicina, la cura a distanza, la ricerca scientifica fatta sui dati personali, basti pensare anche alle malattie rare. E per arrivarci può usare la sua rete di hardware e le sue grandi banche dati, ben curati, dettagliati, identifica, personalizzati. Entrare nel mercato significa prendere un bel pezzo della società ed esercitare una sorta di sovranità digitale in quel settore cruciale. Questo spazio non è vuoto, ma è occupato dal pubblico che è debole, e non è competitivo”.

Perché ora?

Pensiamo agli Usa. Con il Covid, i vaccini che restano sotto il 60%, la spesa sanitaria che è quasi il 18% del Pil, la tecnologia può alleggerire il costo dell’assistenza sanitaria. I dispositivi che monitorano la nostra salute stanno diventando più intelligenti e più ampiamente utilizzati. La connettività migliorata e più economica ha reso l’assistenza non solo possibile ma, per un numero crescente, una preferenza. L’intelligenza artificiale, aiutata dall’elaborazione di big data, apre nuove strade per la creazione di nuovi trattamenti o piani di cura.

E quindi ci risiamo: il campo da gioco è pubblico, le aziende sono private e fanno le regole.

“Viviamo in uno spazio che non è né pubblico né privato, è l’infosfera, uno spazio relazionale. Non è fisico, non è virtuale. Non è Netflix, non è un gioco. Questa infosfera è un luogo completamente nuovo fatto di regole e di protocolli che lo stabilisce. Per questo va gestito in maniera intelligente. Il Gdpr, il regolamento europeo per il trattamento dei dati personali, non basterà a controllare Apple nel momento in cui deciderà di fare telemedicina. Questo infatti detta condizioni per l’utilizzo non ne ne qualsiasi uso, ci mancherebbe”.

C’è uno spazio in cui si potrebbe agire?

“Bisognerebbe pensare oggi a una pubblicazione sulla telemedicina, almeno nell’Unione Europea. Oggi, non domani, quando ormai ormai solo limitarci a prendere atto di quello che è accaduto e al massimo a fare una multa. La telemedicina la faremo con Apple? Benissimo, mettiamo dei paletti subito. Lo Stato non sembra essere in grado di fare tecnologia, non ha i dati di Apple, ma sa fare le regole del gioco. Sarebbe opportuno anticipare e lavorare subito alla legislazione per la telemedicina in modo che promuova il meglio dell’innovazione responsabile proattivamente. Ma temo che quando arriverà ce ne sarà bisogno. E quando ce ne sarà bisogno sarà troppo tardi. Oggi parliamo di Digital Services Act, Digital Markets Act, di AI Act, e sono passi fondamentali ma una focalizzazione su un “Telemedicine Act” della stessa portata non c’è ancora, anche se ci sono moltissime iniziative su e-health, digital health e telemedicina, e strumenti normativi già disponibili, basti pensare alle Direttive e ai Regolamenti rilevanti per un quadro regolativo europeo del settore. Serve uno sforzo maggiore, più sistematico e meno frammentario, perché se c’è una cosa che è sotto gli occhi di tutti è la difficoltà della sanità a gestire i pazienti malati di Covid”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.