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Ma l'Italia va quasi al buio a caccia di Omicron

(Photo: Frank Augstein via AP)
(Photo: Frank Augstein via AP)

“In Italia sequenziamo poco rispetto ad altri Paesi, perché mancano le strutture, presenti solo nei centri più grandi, e anche le competenze. Siamo molto bravi a sequenziare per la ricerca, meno in altre occasioni”. È stato da pochi minuti scoperto il primo caso di variante Omicron in Italia - il genoma è stato sequenziato al Sacco di Milano, il paziente è in Campania - quando HuffPost raggiunge Walter Ricciardi. Il professore, consulente del ministro Roberto Speranza, ripete più volte tre parole: “Testare, tracciare e sequenziare”. Ora che la mutazione rilevata per la prima volta in Sudafrica, e già presente in Belgio, Germania ed Inghilterra, è ufficialmente anche tra noi, per lui queste sono le cose più importanti da fare. Non c’è allarmismo nelle sue parole, ma la consapevolezza che l’attenzione deve essere molto alta.

Non è tempo di conclusioni, perché punti fermi non ce ne sono: ”È troppo presto per dire come evolverà la situazione”, spiega Ricciardi. E allora il virus va contrastato con le armi che già conosciamo. Vanno affilate, però.

Varianti scoperte con il tracciamento in Italia al 22 novembre 2021 (Photo: Iss)
Varianti scoperte con il tracciamento in Italia al 22 novembre 2021 (Photo: Iss)

Questa variante merita particolare attenzione per le sue caratteristiche: “Gli elementi - prosegue - che più preoccupano sono la numerosità delle mutazioni, 32, una cifra non frequente, e la rapidità con cui si diffonde. L’incidenza in Sudafrica è passata da meno dell′1% al 30% in due settimane”. La velocità di moltiplicazione potrebbe essere un problema. Come arginarlo? Ricciardi non immagina siano necessarie ulteriori restrizioni: “Credo sia stata importante la scelta del ministro di bloccare i voli dai paesi dell’Africa meridionale. Ed è positivo che questa volta, a differenza delle precedenti, tutta l’Unione europea si sia mossa nella stessa direzione”. Perché blindare un Paese non serve, se poi quello accanto segue politiche diverse.

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Nell’incertezza generale, una cosa è sicura: i tamponi molecolari, utilizzati anche per le altre varianti, sono in grado di individuare Omicron. In Italia, però, ogni giorno viene fatto un numero molto elevato di tamponi rapidi. Il timore è che non siano in grado di individuarla, o che la intercettino solo in alcuni casi. “I testi antigenici sono scarsamente sensibili e poco specifici. Vanno bene per gli screening di massa, ma non per le diagnosi. In questi ultimi casi rischiano di essere poco affidabili”. Non si può escludere, quindi, che la variante registrata in Sudafrica fosse già presente sul nostro territorio anche nei giorni scorsi: ”È chiaro che quando si identifica una nuova mutazione, questa è già diffusa. Quando la si cerca ci sono più probabilità di trovarla”, prosegue Ricciardi.

L’incognita che pesa di più riguarda i vaccini. Non siamo ancora in grado di dire quanto siano capaci di contrastare la nuova variante. Una bella grana, nel momento in cui si deve spingere sulla terza dose. Questo interrogativo, però, per il consigliere di Speranza, non deve cambiare di una virgola la campagna vaccinale: “Indipendentemente dalla variante bisogna correre ancora. Immunizzare le persone che ancora non hanno ricevuto le dosi e, visto che ormai è certo che dopo alcuni mesi la protezione cala, continuare con la terza”.

Vaccinarsi ora ”è ancora più importante”. Però, sottolinea Ricciardi, è importante immunizzare tutti. Dalla variante Omicron ci arriva un’ennesima lezione: “Dobbiamo garantire dosi alla popolazione dei Paesi più poveri. Non basta sospendere i brevetti, bisogna trasferire loro le tecnologie. Ci sono stati, penso al Sudafrica, all’Indonesia, che hanno già la capacità di produrre. Ma dobbiamo trasmettergli gli elementi essenziali per farlo. Gli Usa lo hanno compreso. E sarebbe il caso che l’Ue e il Giappone lo capissero. Altrimenti rischiamo che questa situazione, questo nascere di nuove varianti, vada avanti per tutto il 2022”.

Per studiare meglio la mutazione - e capire quanto e se sia effettivamente minacciosa - è stata costituita una task force all’Istituto Spallanzani di Roma. Gli esperti incontreranno lunedì i loro omologhi sudafricani, e solo allora si pronunceranno. Dall’istituto intanto, filtra l’invito a non allarmarsi oltremisura. Ad aspettare che ci siano dati più chiari prima di spaventare la popolazione. Per avere un minimo di certezze su Omicron serviranno un paio di settimane. Un tempo breve per la scienza ma che, se la variante è già presente in Italia, potrebbe essere troppo lungo per arginarla. E allora per il professore è tempo di usare di più le mascherine. Al chiuso, come è d’obbligo, ma anche all’aperto dove c’è tanta gente. Le amministrazioni di alcune città, come Roma e Milano, già vanno in questa direzione e hanno introdotto l’obbligo di mascherina anche all’esterno nelle strade più affollate del centro.

La comparsa della variante Omicron scompiglia le carte in tavola. Ricciardi non lo nasconde: “Sì, la situazione può tornare a essere critica. Ma il fatto che, se anche dovessimo appurare che i vaccini proteggono meno dalla nuova variante, le case farmaceutiche hanno detto che sono in grado di adeguarle in tempi brevi deve farci ben sperare”.

La partita in questo momento si gioca quasi al buio. Non possiamo avere idea di quanto la variante sia già diffusa in Italia e di quanto correrà. Il suo arrivo, però, è concomitante con quello delle nuove misure introdotte dal governo. Dal 6 dicembre entra in vigore il super green pass: un provvedimento già vecchio? Ricciardi è categorico: “No, quelle misure sono state fatte per spingere le persone a vaccinarsi e sono tutt’altro che superate. Anzi, in questo momento diventano ancora più importanti”.

I numeri del sequenziamento: l’Italia è indietro e lontana dallo standard Oms.Confronto con il Regno Unito. “Tracciare, sequenziare”, dice Ricciardi. Nello stesso senso va la circolare del ministero della salute, che chiede particolare attenzione ai cittadini tornati da poco dai Paesi a rischio. E “ai focolai caratterizzati da rapido ed anomalo incremento di casi”.

Il tracciamento e il sequenziamento, però, restano tasti complicati, nonostante siano passati quasi due anni dall’inizio della pandemia. Se i problemi relativi al tracciamento sono in parte bypassati dall’alto numero di tamponi che vengono quotidianamente effettuati dopo l’introduzione dell’obbligo di green pass sul posto di lavoro, il sequenziamento resta un tasto dolente. È di ieri l’ultimo documento dell’Iss sulla prevalenza e la distribuzione delle varianti, che non restituisce un quadro confortante. Dal 28 dicembre 2020 al 22 novembre 2021 sono stati genotipizzati, e segnalati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 75.653 tamponi, appena il 2,7% del totale dei test molecolari. Anche a voler considerare che i dati di ottobre e novembre non sono ancora consolidati, ci troviamo comunque molto al di sotto dello standard dell’Oms, che chiede di arrivare almeno al 5%. Per avere un termine di paragone con un Paese, basti pensare che il Regno Unito - che ha una popolazione solo leggermente superiore a quella italiana e già tra settembre e dicembre 2020 aveva sequenziato 227.648 casi di variante Alpha - ai principi di novembre aveva già superato quota 1,4 milioni. La stragrande maggioranza dei sequenziamenti - più di 1,1 milioni - ha svelato la presenza della variante Delta. La mutazione finora considerata più contagiosa, almeno prima della scoperta di Omicron, risulta prevalente anche in Italia. Dove, però, è stata rilevata in appena 35.867 tamponi analizzati.

“Ma noi siamo stati più bravi da altri punti di vista - osserva Ricciardi - la sanità da noi ha funzionato meglio. Il Regno Unito, inoltre, ha solo oggi ripristinato l’obbligo di mascherina nei negozi e sui mezzi di trasporto. Troppo poco, troppo tardi”.

Tamponi sequenziati, per mese, nel 2021 (Photo: Iss)
Tamponi sequenziati, per mese, nel 2021 (Photo: Iss)

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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