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I mercati finanziari contro Putin

Il presidente russo non piace agli investitori: il Paese ha perso 42 miliardi di dollari di capitali in pochi mesi

A inizio marzo il popolo russo lo ha eletto presidente per la terza volta: Vladimir Putin è apparso agli osservatori come lo zar del ventunesimo secolo, l’uomo di potere in grado di governare a lungo. Ma i mercati finanziari non la pensano affatto così. Stanno punendo la Russia proprio per la rielezione di Putin e stanno facendo capire forte e chiaro che gli investitori non tollereranno ancora per molto il suo modo di fare affari.

Dopo la sua rielezione, infatti, l’indice azionario russo è sceso quasi del 30%. Nello stesso periodo il rublo si è svalutato del 15% rispetto al dollaro (guarda l'andamento rublo-dollaro), affondando al suo livello più basso da quando è iniziata la crisi finanziaria globale nel 2009.

Gli investitori, in pratica, stanno fuggendo dalla Russia, che da gennaio a oggi ha visto uscire dai suoi confini ben 42 miliardi di dollari di capitali. La settimana scorsa anche la British Petroleum ha deciso di lasciare la Russia, dichiarando di voler abbandonare la joint venture creata nove anni fa con TNK, società petrolifera locale. Un segnale pessimo, dato che la quota di TNK detenuta da BP rappresenta il maggiore investimento straniero nell’industria russa del greggio. Ma non c’è niente da fare, BP non cambia idea: venderà la sua partecipazione in TNK.   

Putin aveva acquisito credito agli occhi dei russi proprio perché era riuscito a far crescere lo standard di vita di una larga parte della popolazione. Ora il crollo dei prezzi del petrolio gli sta facendo perdere anche questo punto di forza.

Ma le crepe alla sua leadership vengono anche da altre parti. Oltre ai netti segnali di biasimo provenienti dai mercati c’è l’opposizione interna del popolo: due esempi sono la manifestazione antigovernativa che si è tenuta in aprile a Mosca e i "buuu" gridati lo scorso novembre dalla folla mentre Putin assisteva a un incontro di arti marziali.

Vero è che le contestazioni della base ci sono sempre state: a differenza degli scorsi mandati, però, oggi anche gli ex alleati stanno cominciando a esprimere dissenso. Come l’ex ministro delle finanze Alexei Kudrin, che sta parlando apertamente dei problemi del Paese e sta chiamando a impegnarsi in battaglie civili interi gruppi di cittadini. E anche i miliardari, da sempre sostenitori di Putin, adesso stanno dando scandalo: in passato avrebbero lavato i panni sporchi in casa mentre oggi gestiscono le loro vertenze in tribunale in modo molto più plateale (è il caso di Roman Abramovich e Oleg Deripaska, coinvolti in contenziosi a Londra).

Ma il nodo del problema resta l’economia. Con i mercati contro di lui, Putin rischia di perdere anche l’ultimo baluardo del suo potere: l’alleanza con le classi medie emergenti. E allora potrebbe davvero essere la fine.