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Mercati positivi: Eni e Saipem al centro dell'attenzione

La mattinata si è aperta bene per i mercati europei. Poco prima delle 10.30 infatti, Piazza Affari arrivava a toccare il +0,9% pari a 22.630 punti. Non diversa la situazione sul resto del Vecchio Continente: Dax e Ftse 100 a 0,6% e Cac 40 a 1,2%

Eni (Londra: 0N9S.L - notizie) e Saipem (Londra: 0NWY.L - notizie)

Sotto osservazione i titoli petroliferi sia per l'aumento del greggio sia anche per alcune scadenze importanti su Eni e Saipem

Per quanto riguarda Eni oggi si riunisce il Cda per approvare i risultati preliminari del 2017, risultati che verranno comunicati all'inizio della seduta di domani. Le previsioni parlano di un ultimo trimestre 2017 che potrebbe portare un utile operativo adjusted pari a 1,91 miliardi mentre per l' utile netto adjusted si guarda ai 570 milioni su una produzione di 1,869 milioni di barili giornalieri.

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Più interessante, invece, la situazione di Saipem, anch'essa prossima a un probabile cambio ai vertici entro primavera, grazie a un maxi contratto in Oman nel settore E&C onshore. Prezzo dell'operaziome: 750 milioni di dollari che permetterà alla società italiana di sfruttare alla conclusione del progetto una capacità di raffinazione pari a 230.000 barili al giorno.

Per quanto riguarda l'andamento borsistico, le azioni del cane a sei zampe alle 10,20 registrano un incoraggiante +1,15% mentre Saipem non è da meno arrivando addirittura quasi al doppio con il 3%.

Le rassicurazioni sul petrolio

Il merito va (anche) ai dati sulle scorte Usa di ieri (1,841 milioni di barili ben inferiore alle attese ferme a 2,82 milioni di barili) dati che hanno permesso alle quotazioni del petrolio un leggero rialzo (Brent a 64,7 dollari al barile e Wti a 61,2 in rialzo rispettivamente dello 0,54% e dell'1%). Altra spinta per l'apprezzamento del barile è arrivata dalle dichiarazioni del ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti, e presidente dell'OPEC, Suhail Al Mazrouei. Secondo quanto da lui affermato, infatti, lo shale oil Usa, a differenza di quanto diffuso nei giorni scorsi, non deve essere considerato una minaccia per il settore, nonostante la produzione statunitense in aumento: i numeri pubblicati a inizio settimana parlavano di una quota di produzione del petrolio a stelle e strisce arrivata a 10 milioni di barili con proiezioni che facevano ritenere non estremo il traguardo degli 11 milioni per il 2018.

Le rassicurazioni del presidente veicolano un messaggio chiaro agli investitori: nessun crollo del prezzo nel prossimo futuro e tanto meno nessun azzeramento degli sforzi fatti dall'Opec per il contenimento della produzione. Ma il ministro si spinge anche oltre confermando che il target di un mercato in equilibrio, come detto più volte dall'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, potrebbe presto essere raggiunto. L'ottimismo di Mazrouei nasce dal fatto che, oltre all'impegno comune dei paesi membri dell'Opec, si deve anche considerare l'apporto dato dagli ottimi dati macroeconomico pubblicati recentemente che confermerebbero quindi il prossimo equilibrio tra domanda e offerta nonostante l'abbondante presenza di shale oil Usa.

Il report AIE

Nei giorni scorsi a lanciare l'allarme era stata addirittura l'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) con il suo Oil Market Report, in cui si evidenziava che a gennaio le forniture mondiali di greggio erano arrivate a 97,7 milioni di barili di petrolio al giorno pari a +1,5 milioni di barili giornalieri derivanti per lo più dalla ripresa della produzione degli Stati Uniti. L'Opec, infatti, era rimasta al livello pressocchè stabile di 32,16 milioni di barili al giorno. Sempre i numeri confermavano lo stato delle cose: 1 milione e trecentomila barili di aumento registrato sulla produzione Usa da gennaio 2017 a gennaio 2018, 1 milione e quattrocentomila barili l'aumento della domanda a livello globale. Non solo ma, tra le altre cose, anche 846.000 barili al giorno registrati dagli Usa, secondo l'AIE solamente negli ultimi 6 mesi. Un trend che aveva fatto parlare di un primato a livello mondiale degli States per la produzione di greggio, tanto da superare in classifica anche Arabia e Russia, ovvero i due maggiori produttori di petrolio sia Opec che non-Opec.

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