Merkel evita lo scontro sulla Polonia, Ue in cerca di mediazione
La discussione sullo stato di diritto in Polonia plana sul tavolo dei leader europei riuniti all’Europa Building a Bruxelles solo in tarda serata. E non arriva nel clima migliore. I 27 hanno appena finito di discutere per ore di energia, senza trovare un accordo sul testo finale di questo Consiglio europeo. Eppure, sulla sentenza della Corte suprema polacca che sta sfidando il diritto europeo, sulle tensioni circa il rispetto dei diritti in Polonia e il piano di ripresa polacco bloccato in Commissione Ue per questo motivo, tutti i leader si dispongono alla ricerca di una mediazione. È la linea di Angela Merkel, al suo ultimo summit da cancelliera, decisa a non affondare il colpo contro Varsavia.
È per questo che almeno all’inizio - mentre scriviamo - la discussione va avanti “serena”, dicono fonti Ue. Del resto, nemmeno l’olandese Mark Rutte, il più avvezzo alle scenate mediatiche contro i paesi dell’est, è in vena di attacchi frontali. E, raccontano fonti Ue, nessuno vuole replicano lo scontro di alcuni mesi fa contro Viktor Orban sui diritti Lgbtq: servì solo a portare sui media un’Europa che litiga, senza decisioni di fatto. E oggi, visto che non ci sono decisioni a portata di mano, tutti i leader si trovano d’accordo sulla necessità di ricercare il “dialogo” con Varsavia, pianificando di usare tutti “i meccanismi esistenti forniti dai trattati e dai testi europei” per mettere le cose a posto con la Polonia. Già, ma quali e come?
È esattamente tra queste domande che si infila la mediazione di Merkel, convinta che, prima di bloccare l’erogazione dei fondi del Next Generation Eu alla Polonia, la sua connazionale Ursula von der Leyen debba aspettare la sentenza della Corte di giustizia europea sui ricorsi di Budapest e Varsavia contro la condizionalità sullo stato di diritto. Del resto, è ciò che prevede l’accordo che ha fondato questo regolamento al Consiglio europeo del dicembre 2020.
Invece, per quanto riguarda la contestata sentenza della Corte polacca, secondo Merkel è la “Conferenza sul futuro dell’Europa” l’organismo e l’occasione giusta per dirimere la questione, visto che la prevalenza del diritto comunitario sui sistemi nazionali non è nei Trattati, bensì è stabilita in una sentenza della Corte di giustizia Ue del 1964 (caso Enel-Costa). Un vulnus evidentemente politico e se vogliamo giuridico, in punta di diritto. Di certo, oltre che Morawiecki, lo cavalca il suo ‘amico’ Viktor Orban. Eventuali sanzioni contro la Polonia? “Ridicole”, dice l’ungherese, “Il primato dello Stato di diritto non è nei trattati, è molto chiaro. Ciò che sta avvenendo è che le istituzioni Ue stanno aggirando i Trattati. I polacchi hanno ragione. La vera linea divisiva è tra buon senso e non sense”.
“Una valanga di cause legali alla Corte di giustizia europea non è la soluzione al problema dello Stato di diritto”, sono le parole della cancelliera tedesca. Bisogna discutere di come gli Stati membri “immaginano che sia l’Unione europea, se un’Unione sempre più integrata” o un’unione composta da “più Stati nazionali”. Questione politica, “non è solo un problema tra la Polonia e l’Unione europea”.
Al summit resta dunque isolata la posizione del Parlamento europeo che a maggioranza chiede di citare in giudizio la Commissione per mancanza di azione su Varsavia. Ne parla David Sassoli, nel discorso che stavolta ha dovuto ‘inviare’ al summit europeo: il presidente dell’Eurocamera è assente per malattia. “Ho chiesto al servizio giuridico del Parlamento di preparare un ricorso alla Corte di giustizia in modo da assicurare che la legislazione in vigore venga applicata - scrive Sassoli - Noi non intendiamo venir meno al nostro ruolo istituzionale in difesa dei principi fondamentali sui quali si fonda l’Unione europea”. In sostanza, secondo l’analisi giuridica dell’Eurocamera, la Commissione non deve aspettare alcuna sentenza: il meccanismo sullo stato di diritto c’è e va usato, bloccando i fondi ai paesi che lo violano. Sassoli sarà convocato in audizione davanti ai 27 leader, appena la malattia che lo ha colpito (polmonite) lo permetterà.
Merkel la pensa in modo diverso. E con lei anche gli altri leader. Von der Leyen, colpita al cuore da questa storia visto che ha fatto da pungiball alle accuse del premier polacco Mateusz Morawiecki martedì scorso alla plenaria di Strasburgo, potrebbe a questo punto inviare una lettera di avvertimento al governo polacco: formalmente la decisione di bloccare i fondi non verrebbe presa, la condizionalità sullo stato di diritto non verrebbe azionata, ma di fatto il piano di ripresa e resilienza polacco resterebbe bloccato.
Sono i tanti ‘se’ di una storia che ogni giorno si fa complicata e pericolosa per la solidità dell’Unione Europea. Anche per questo i leader trattano la materia con cautela. Emmanuel Macron invita Morawiecki ad “avviare un dialogo con la Commissione europea per trovare una soluzione”. Le sanzioni siano “l’ultima soluzione”, avverte anche il premier lussemburghese Xavier Bettel, “partiamo dal dialogo”. Davanti alle telecamere, Rutte fa la voce grossa: “La Polonia deve prendere le misure necessarie per garantire l’indipendenza della magistratura, questa non è una questione su cui si negozia, e se il problema non è risolto è molto difficile rendere disponibili le risorse di Next Generation Eu”. Ma i suoi garantiscono che non vuole accodarsi alle richieste del Parlamento europeo.
Lo stesso Morawiecki arriva all’Europa building con propositi battaglieri ma non troppo. Enuncia l’adozione di provvedimenti sulla giustizia per andare incontro alle richieste di Bruxelles, tipo l’eliminazione della camera disciplinare istituita per sospendere i giudici sgraditi al governo. Ma poi dice: “Dialoghiamo ma non sotto ricatto”. Dalla Polonia è il suo viceministro per i Fondi lo sviluppo regionale, Waldemar Buda, a sfoderare la minaccia: se l’Unione Europea dovesse bloccare i fondi del ‘recovery fund’, per ritorsione Varsavia bloccherà la discussione sul maxi-pacchetto dell’Ue per il Clima. “La sequenza deve essere chiara: prima il Recovery fund, poi la discussione sul pacchetto clima”, dice Buda.
Un ricatto non da poco, che determina buona parte delle ragioni della mediazione europea. Ma va considerato un dettaglio non da poco: la necessità di Merkel di placare le ansie polacche contro il Nord Stream 2, che porterà il gas russo in Germania. “La politica di ricatto economico del gas perseguita da Gazprom e dalla Russia, che sarà più possibile quando inizierà il Nord Stream 2 e saremo più dipendenti dalla Russia, è la prima causa dell’aumento dei prezzi dell’energia nell’Ue”, sono le parole di Morawiecki, forse l’attacco più pungente della sua prima giornata di vertice.
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.