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MPS, cosa rischiano i risparmiatori e gli azionisti?

Lo scandalo dell’istituto di credito senese si può abbattere anche sui clienti, ma non tutte le situazioni presentano lo stesso rischio

La sede di Montepaschi (Reuters)

Il drammatico caso Monte dei Paschi di Siena atterrisce la città, la politica italiana ma soprattutto la clientela del prestigioso istituto. Alla base del gigantesco scandalo, i contratti derivati sottoscritti, in particolare quello con il colosso bancario Nomura dal nome Alexandria. I debiti c’erano anche prima: come rivela Panorama, “dal 2011 ai primi nove mesi del 2012 la banca senese ha accumulato 6,2 miliardi di perdite, ha in pancia titoli di Stato per 26 miliardi (due volte e mezzo il capitale); derivati per 11 miliardi; e ben 17 miliardi di crediti a rischio”.

Se lo scandalo travolge i vertici e rischia di ripercuotersi sulla campagna elettorale di qualche partito, il nodo centrale, a un livello più ordinario restano però le ripercussioni sulla clientela che teme per i suoi risparmi. La situazione è di certo complessa, ma essendo diverse le tipologie di servizi finanziari di una banca, saranno diversi anche i rischi, le tutele e le garanzie. Lo scrive il Sole 24 Ore “per fare chiarezza e sgombrare il campo da emotività e paure spesso inutili”. Le situazioni però sono varie.

Nel caso di un sottoscrittore di conto corrente, la tutela viene dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), cui tutte le banche sono obbligate ad aderire. Laddove una banca, in generale, dovesse fallire, il Fondo rimborsa fino a 100mila euro. Ma il conto potrebbe essere cointestato, in tal caso la garanzia raddoppia. In caso di più c/c, la garanzia del Fitd vale per ciascun conto corrente. Per i conti deposito (anche quelli vincolati), gli assegni circolari e i certificati di deposito nominativi (non quelli al portatore) la garanzia offerta è la medesima.

Nel caso della sottoscrizione di obbligazioni, la difficoltà della banca si può riflettere sul cliente, perché di fatto il cliente ha prestato denaro all’istituto. Nel momento in cui si palesano i problemi, il cliente non recupererebbe il capitale pur vendendo, poiché il prezzo dell’obbligazione scende in modo rilevante sotto la parità. Di fatto, non ci sono garanzie e, come scrive il Sole, solo le obbligazioni emesse dalle Banche di Credito Cooperativo (Bcc) fanno eccezione, perché il Credito Cooperativo ha avviato nel 2004 un fondo di garanzia anche per i titoli obbligazionari.

Non ha garanzie nemmeno chi sottoscrive un’azione di una società quotata in borsa. Il rischio connesso all’impresa vale sempre, pur quando si gode dei diritti di partecipazione agli istituti previsti dal Codice Civile. Quindi, che sia una società, o una banca, quando si investe in azioni, non si hanno garanzie sui rischi. Per la sottoscrizione di fondi comuni, fondi pensione, Etf (exchange traded fund, ossia fondi indicizzati) o, di bancassicurazione e polizze assicurative, siamo nella situazione in cui il cliente ha sottoscritto strumenti che sono prodotti dalla banca stessa.

Colui che sottoscrive quote di fondi comuni o fondi pensione o Etf è tutelato del tutto, poiché il suo denaro si trova presso una un istituto di credito depositario che si occupa di custodire e movimentare il patrimonio del fondo (in base a criteri definiti) in maniera esclusiva. Una gestione separata, quindi. Anche se la banca fallisce, il capitale del cliente è protetto. Nel caso della polizza assicurativa, sarà la compagnia assicurativa a tutelare la continuità degli investimenti. C’è poi l’ipotesi derivati che, pur solo eccezionalmente sottoscritti direttamente dal cliente, possono essere utilizzati dai gestori di fondo come asset di portafoglio, e quindi, senza rischi operativi per il sottoscrittore.

I casi sono due, laddove si presenta il rischio di fallimento dell’istituto creditore: o il rischio ricade sul cliente perché la banca ha collocato un contratto derivato ma senza un asset a garanzia dello stesso; oppure, se ci sono collaterali, o asset, a supporto, in caso di insolvenza dell’istituto, il creditore si può rivalere su quelli.

Assimilabili ai derivati sono i certificates, che presentano analogie anche con i fondi comuni o Etf per operatività. Anche in questo caso si presenta il problema del collaterale a garanzia che è potenzialmente presente nei casi in cui i certificates siano Etc e investano in commodities, mentre lo è sempre nei casi in cui siano Etn, ovvero investono in titoli strutturati.

Infine il caso dei contratti “pronti contro termine” con cui la banca, di fatto, cede dei titoli a un acquirente e si impegna a riacquistarli dallo stesso acquirente a un prezzo più alto e a una data predeterminata. L’acquirente presta denaro, il venditore i titoli. C’è poi un terzo soggetto in causa che emette il titolo sottostante a garanzia del contratto tra le parti. Le criticità sono ridotte, avendo questo tipo di contratti una durata ridotta. Anche le possibili difficoltà relative all’emissione del titolo sottostante sono un problema della banca e non del cliente del contratto.