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Napster vent’anni dopo. Come è ambiato il modo di ascoltare musica in rete

BERLIN, GERMANY - JANUARY 16: In this photo illustration the logo of the  online music store Napster is displayed on a smartphone on January 16, 2019 in Berlin, Germany. (Photo by Thomas Trutschel/Photothek via Getty Images)
(Photo by Thomas Trutschel/Photothek via Getty Images)

Si può considerare come uno dei primi esempi della sharing economy. Nel 1998, in una chatroom di internet, un utente con nickname Napster spiega la sua idea di creare un software in grado di condividere tra i computer su cui è installato la musica digitale contenuta negli hard disk. Da quel momento cambiò il modo di ascoltare la musica.

La storia

L’idea piace a Sean Parker, un 18enne abituato a smanettare sui computer. Parker e Shawn Fanning, 17 anni all’epoca, l’utente che usava il nickname “napster”, si incontrano e inizia così lo sviluppo dell’idea. Il software viene completato nella primavera del 1999, i due ragazzi raccolgono 50mila dollari da diversi investitori. A maggio 1999 Napster viene ufficialmente lanciato.

La crescita

A marzo del 2000, dopo neanche un anno dal lancio, gli utenti che utilizzano il software sono oltre 20 milioni. Nell’estate del 2000 vengono scaricate 14mila canzoni al minuto. L’industria musicale capisce che deve correre ai ripari. L’idea di Fanning e Parker si limita a mettere in condivisione dei file mp3, senza conservarli su alcun server. Scaricarli, però, è un reato: così nel 2001 arrivano le prime denunce che in poco tempo raggiungono 18mila utenti. I Metallica, la Riaa e Dr Dre fanno causa direttamente ai due inventori del software.

Le sentenze

I tribunali decidono che Napster viola le norme del Digital Millennium Copyright Act e lanciano l’ultimatum: rimuovere tutti i file protetti da copyright o chiudere il programma. I due fondatori non riescono a recepire le richieste del tribunale e nel 2001, a due anni dal lancio, Napster chiude i battenti. Intanto in rete sono nati cloni e servizi simili a quelli di Napster che renderanno il download illegale di musica, e poi anche di film e serie tv, una prassi consolidata sul web.

Gli effetti

Oggi lo streaming da solo garantisce il 47% degli introiti: 37% dai servizi a pagamento e il 10% da quelli gratuiti supportati dalla pubblicità, secondo i dati diffusi in un report commissionato dal governo svizzero. Il 2018 è stato il quinto anno consecutivo di ricavi in crescita che hanno toccato quota 19,1 miliardi di dollari (+9,7% rispetto allo scorso anno). Se oggi esistono servizi come Spotify, Apple Music e Amazon Music, ma anche Netflix, il merito è anche di quei due ragazzi che nel 1998 hanno avuto l’idea di inventare Napster, cambiando per sempre il modo di ascoltare la musica.

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