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Il Nasdaq non digerisce i Trumpnomics

Wall Street ha virato poco dopo la chiusura europea, per chiudere marginalmente in negativo, peraltro sui minimi di seduta. A guidare il movimento, il Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) , che proprio non digerisce i Trumpnomics, al momento.

Il modesto consolidamento assume un aria un po’ più minacciosa se si osserva che è avvenuto con l’oil che faceva +9%, e il Segretario del Tesoro in pectore Mnuchin che prometteva mari e monti in fatto di crescita ed easing fiscale. A bocce ferme uno si sarebbe aspettato parecchia più euforia. Ma sarebbe scorretto non mettere nell’equazione l’ennesima impennata dei tassi, che ha causato sgomento tra i settori “bond like” come telecom e utilities. Meno responsabilità va attribuita al $, che è si salito, in particolare contro Yen, ma in realtà è stabile da alcuni giorni in aggregato.

L’effetto oil si è paradossalmente sentito più in Asia, dove gli energy names hanno trainato i listini più o meno ovunque. Il -1.85% dello yen ieri, seguito alle dichiarazioni di Mnuchin e alla fiammata sui tassi US, ha naturalmente acceso Tokyo, che ha outperformato il resto. Ma, complice un temporaneo ritracciamento della divisa, Il Nikkei ha chiuso lontano dai massimi di seduta, disegnando sui grafici un progetto di “shooting star”, formazione ribassista di breve, che andrebbe confermato da una discesa domani.

In sostanziale forma anche gli indici cinesi gratificati da PMI ufficiali di novembre in miglioramento (manifaturiero a 51.7 da 51.2 e vs atetse per 51, e servizi a 54.7 da 54). Meno positiva l’India, grande consumatrice di oil.

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L’azionario europeo, per contro, ha patito lo storno di Wall Street di ieri sera, partendo in negativo per non mettere mai il naso sopra zero. Un moderato rimbalzo dell’€ e la prosecuzione del rialzo nei rendimenti possono essere citati come attenuanti. Peraltro l’oil ha continuato a salire imperterrito offrendo supporto al settore energy, e il movimento su tassi lo ha offerto al settore bancario. Sul fronte macro, i PMI hanno confermato i messaggi dei dati flash, compreso i miglioramento in Italia e Spagna che si intuivano solo 15 giorni fa.

Un discorso a parte merita Milano che, dopo un apertura prudente, ha accelerato progressivamente, accumulando una robusta outperformance rispetto al resto d’Europa. Meno evidente, a causa del robusto movimento sui tassi globali, ma ugualmente presente l’outperformance sul BTP, che vede lo spread chiudere sotto 170. Anche in questo caso, dopo Brexit e Presidenziali US, l’effetto fisiologico di ricopertura a ridosso dell’appuntamento si è manifestato, in questo caso aiutato dall’ aria leggermetne migliore che spira sul Fronte del SI, dato per spacciato dagli ultimi sondaggi ufficiali 10 giorni fa. Un po’ la strenua campagna sui media, un po’ qualche indiscrezione circolata di un colmarsi del gap tra Si e No, è un fatto che tra le workstation si attribuisce qualche possibilità in più all’approvazione della Riforma.

In ogni caso, direi che il movimento potrebbe esaurirsi, in attesa dei risultati, visto che il rally è durato ormai 3 sedute, e le probabilità sulla carta restano a favore del No.

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) pomeriggio, un altra salva di dati macro US migliori delle attese ha impattato soprattutto sui bonds, che sembrano in questa fase incapaci di reagire, positioning o non positioning. Per la cronaca, il PMI markit manifatturiero di novembre è stato rivisto marginalmente in rialzo (54.1 vs 53.9), mentre il più seguito ISM ha ulteriormente accelerato (53.2 da prec 51.9 e vs attese per 52.5) confermando che per ora il dollaro forte e i tassi in salita non spaventano il settore manifatturiero US.

Dal canto suo, l’oil ha messo su un altro 4% (il Brent un 7%) e macro e costi dell’energia hanno picchiato duro sui tassi, con il 10 anni treasury che ha lambito 2.5%. Assente, però, la reazione del $, che restituisce parte dei guadagni di ieri. Nemmeno lo yen riesce a scendere, nonostante la fiammata dei tassi.

Wall Street, dal canto suo, ha continuato il consolidamento iniziato ieri, prendendo gradualmente la via del ribasso. Al suo interno peraltro gli scostamenti tra i settori restano enormi (+4% le auto, +2% banche e energy, negativi tecnologia e food, -4% i semiconduttori). Il Nasdaq 100 ha accumulato un passivo di oltre 2 punti rispetto all’ S&P 500 in appena 2 giorni, su timori di rimpatrio di produzioni, salita del dollaro e deglobalizzazione.

Cosi (NasdaqCM: COSI - notizie) le borse europee hanno corretto (a parte Milano), confermando l’assoluta incapacità di uscire dal recente range, strettissimo. Chissà che il Referendum Italiano non produca il miracolo tra qualche giorno.

Autore: Giuseppe Sersale Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online