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Natixis: preparatevi a un rallentamento dell’economia Usa

Secondo la banca d'investimento francese Natixis Global Asset Management, che controlla circa 950 miliardi di dollari, presto ci si dovrà preparare ad un sostanziale rallentamento dell'economia americana già nel 2018. La conferma arriverebbe da un report di Patrick Artus che specifica come "L'economia statunitense con ogni probabilità rallenterà sostanzialmente: c'è un limite all'incremento del tasso di occupazione, i salari reali stanno rallentando e gli investitori dorano presto prepararsi alle conseguenze" e "Se la crescita degli Stati Uniti rallenta notevolmente ... la valutazione del patrimonio netto e i prezzi delle azioni inizieranno a diminuire".

L'economia Usa in piena forma?

Queste parole arrivano come una specie di freno all'ottimismo dilagante che ha contagiato Wall Street dove si spera in un PIL che per il terzo trimestre arrivi al 2,5 per cento anche se il dato ufficiale sarà reso pubblico venerdì, prima dell'apertura dei mercati, ad ogni modo le maggiori banche a stelle e strisce non sembrano essere pessimiste sui risultati. Tra queste la più ribassista appare essere Goldman Sachs con una previsione sulla crescita annua globale del 3,9 per cento entro il 2020, ma con un 1,5 per cento l'anno riservato agli Usa.

Per Natixis, invece, le cose stanno diversamente, una voce che risulta controcorrente persino rispetto all'opinione pubblica. Secondo la CNBC, il 40% degli intervistati crede che l'economia Usa sia in forma eccellente o comunque in buone condizioni. A veicolare le idee potrebbero aver contribuito anche i proclami e le intenzioni del presidente Donald Trump che ha ripetutamente pubblicato target di crescita del 3 per cento per ottenere i quali ritiene indispensabile l'approvazione della sua riforma fiscale e dei tagli sulle aliquote per spingere ulteriormente l'output.

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Il problema dell'inflazione

I mercati Usa sono alle prese con uno dei mercati toro più longevi della storia (per la precisione il secondo stando alle ultime statistiche) ed è quindi facile capire che tra gli investitori e tra gli stessi operatori possano sorgere dei dubbi sulla possibile ulteriore durata. Qualche scricchiolio si è visto nell'ultima seduta dove il Dow Jones, dopo aver toccato martedì nuovi livelli record, ha perso lo 0,48% fermandosi a 23.329,46 punti, l'S&P 500 anche è andato in negativo (-0,47% a 2.557,15 punti) e il Nasdaq non è stato da meno con un saldo finale di -0,52% a 6.563,89 punti.

I timori crescono anche in virtù di un mercato europeo altrettanto positivo sia sul Dax sia sul Ftse mib, quest'ultimo addirittura in cima alla classifica dei mercati europei per questo 2017. Le trimestrali a stelle e strisce, a parte qualche eccezione, non sembrano aver deluso le aspettative, il che però, all'interno di un panorama di difficile interpretazione, caratterizzato da una bassa inflazione e da salari ancora fermi, costituisce un rebus per le banche centrali le quali si trovano, dopo circa 10 anni di stimoli monetari, a cambiare strategia, per quanto in maniera molto soft, senza aver raggiunto i target prefissati. In particolar modo proprio sull'inflazione, lenta nel riprendersi: di fronte a questo quadro le banche centrali si sono trovate di fronte alla ecessità di dare risposta, prima fra tutte quella di vedere una stasi generalizzata del costo della vita, come una situazione momentanea dettata da fattori esterni passeggeri. Da qui la domanda: si tratta di una ripresa ciclica, quindi fragile di fronte a un rialzo dei tassi prossimo ad arrivare, oppure strutturale, quindi più forte di fronte a fattori come il cambio delle dinamiche produttive ed economiche o anche solo il costante invecchiamento della popolazione a sua volta non sostituito dalle nuove generazioni?

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