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Next Door Help, la lotta allo spreco di cibo si fa social

Una piattaforma torinese vuole imprimere una svolta ai consumi: anche culturalmente

Next Door Help

Tutti sprechiamo cibo, ma non tutti abbiamo l'idea di partire da questa consapevolezza e creare una start up, volta a ridurre il triste fenomeno. Ma c'è chi lo ha fatto, come gli inventori di NextDoorHelp, la piattaforma web gratuita, on line, che consente di regalare quanto non può essere consumato prima della data di scadenza. Con un meccanismo molto social e friendly, basato sulla geolocalizzazione, che mette in contatto chi vuole donare cibo e chi sa di poterlo consumare. Non solo buone prassi dal punto di vista dello spreco, ma anche coesione e senso di community, quelle che mancano in troppi contesti della vita italiana. Yahoo!Finanza ne parla con Daniele Merola, ingegnere, tra i fondatori del progetto, dove si occupa dello sviluppo, soprattutto dell'interfaccia grafica. Con lui nel team anche Emiliano Marzo, che si occupa di database, algoritmi e programmazione lato server, e Fabio Gagliano, sviluppatore del server ma anche esperto di Google Maps; sono tutti e tre laureati in ingegneria al Politecnico di Torino.

A suggerire l'idea di partenza, spiega Daniele, è stata “un'esperienza personale. Prima di partire per le vacanze, ai tempi dell'università, mi ero ritrovato con del cibo inutilizzato sia in dispensa che in frigorifero, e quindi non sapendo cosa fare, e non avendo intenzione di buttarlo, ho chiamato Fabio, abbiamo cenato insieme, consumato il più possibile, e il resto me lo sono messo in valigia. La riflessione mi è venuta nel momento in cui ero in stazione, guardando anche a tutti gli altri studenti universitari più o meno prossimi alle vacanze e mi sono chiesto quante persone potevano essersi trovate nella stessa situazione, e a quanti avevano buttato via tutto. Ho mandato una mail a Fabio ed Emiliano, e così è iniziato così il tutto”.

L'osservazione del reale, insomma, che oggi va di pari passo con la rete e i social, spesso modello concettuale di riferimento per molte piattaforme, a cui di fatto anche NextDoorHelp si ispira nella struttura, in quanto “coi social la possibilità di entrare in contatto è facilitata, quindi conservare questo paradigma come punto di partenza è stato un vantaggio iniziale che abbiamo sfruttato”.

Merola ci spiega il funzionamento, che è molto facile: “La piattaforma si presenta all'utente come una mappa a tutto schermo, dove il browser richiede una geolocalizzazione all'utente; la mappa viene quindi popolata da tutti i marker che indicano gli avvisi intorno alla posizione comunicata dagli utenti. Questo può essere fatto da chiunque arrivi sulla piattaforma, per poter interagire è però necessario registrarsi, utilizzando il meccanismo di registrazione interna oppure tramite Facebook. Una volta registrato l'utente può impersonare un finder o un helper: l'helper è colui che mette a disposizione qualcosa per qualcun altro, finder chi va alla ricerca del prodotto e avanza richiesta all'helper. Quindi, l'helper pubblica un avviso, simile a un post sulla bacheca di Facebook, inserendo una foto, un indirizzo. Una volta pubblicato, l'avviso compare agli occhi di tutti gli altri utenti come un marker con un simbolo predefinito a seconda della categoria a cui si riferisce l'oggetto messo a disposizione, ed è subito rintracciabile dall'utente vicino al marker. Il finder invece clicca, e usando un tasto che genera un messaggio automatico che può essere personalizzato, si mette in contatto con l'helper. Si apre una comunicazione diretta, velocissima, in modo tale da garantire una facile interazione tra i soggetti. L'helper può anche un attimo ragionare e capire a chi dare il prodotto. Ma i ruoli non sono rigidi e possono cambiare a seconda del bisogno”.

La geolocalizzazione suscita dubbi o perplessità in diversi casi, ma, specifica Daniele, “abbiamo tenuto conto tanto della privacy dell'utente, che specifica un indirizzo, di casa sua, dell'angolo vicino casa, dove preferisce consegnare il prodotto. Ma questo indirizzo viene mascherato fino a quando invece viene stabilito un appuntamento, viene quindi reso noto nel momento in cui c'è accordo tra helper e finder per vedersi fisicamente. Certamente è un aspetto su cui ragionare, ma lo faremo anche grazie agli utenti che ci mandano i loro feedback”.

Tra i meccanismi che facilitano lo spreco c'è anche l'eccessiva fiscalità sulle scadenze; in che modo sulla piattaforma si affronta il problema? “Quando viene pubblicato un avviso relativo a un prodotto, ad esempio lo yogurt, viene chiesto di specificare la scadenza dell'avviso, fino a quando ovvero rimane visibile sulla piattaforma, e la scadenza dell'alimento. Il controllo è rigidissimo: la scadenza dell'avviso deve essere precedente alla data di scadenza dell'alimento”. Il tema dello spreco, e delle scadenze, è uno spunto di osservazione sul comportamento di tanti italiani, e, argomenta Merola, “secondo me c'è gente che non sa la differenza tra cosa significa “consumare entro” e “ consumare preferibilmente entro”. Alimenti che hanno ancora dieci giorni di vita, vengono buttati. E' un errore rilevante che si aggiunge allo scarto dovuto al surplus o agli acquisti forzati di natura consumistica, sul modello 3x2. Sono, complessivamente, milioni di euro che se ne vanno in spreco”.

Il servizio deve anche combattere a livello culturale però, per imprimere il cambiamento: “All'estero la mentalità è leggermente differente; la piattaforma tedesca foodsharing.de ha da subito registrato numeri impressionanti, dimostrando apertura mentale sul tema. In Italia è difficile per una persona fidarsi di uno sconosciuto, soprattutto quando si parla di cibo: fidarsi di qualcuno che ti regala un alimento è raro. Lo abbiamo rilevato da alcune interviste, in cui si pensava anche all'ipotesi avvelenamento. La sensibilizzazione è il primo step da affrontare: per farlo ci siamo uniti a Slow Food, che, grazie alla sua rilevanza, è un canale giusto per dare una botta di cambiamento”.

Il progetto torinese, salito alla ribalta in commissione Ue, dove è stato indicato da Cristiana Muscardini, vicepresidente della commissione Commercio Internazionale del Parlamento europeo, come modello a cui guardare per combattere il fenomeno a livello comunitario,  deve ancora crescere, come spiega Daniele: “A giorni incuberemo la piattaforma nel Treata Bit – il programma di supporto per start up digitali creato dall'incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino- per avere quell'accelerazione che ci manca, soprattutto dal punto di vista della comunicazione. Saremo anche all'evento Torino Start Up Weekend, sperando di incontrare persone motivate come noi per allargare il team; dal lato comunicazione e marketing dobbiamo crescere, in termini di rapporto col pubblico”. Per una piattaforma del genere anche il passaparola può far tanto; anzi, deve.