La pandemia da Covid-19 è un grande acceleratore della transizione sostenibile e l’insediamento del nuovo Governo, con un dicastero specifico su questa tematica, sottolinea l’urgenza di avere un piano di azione concreto e coordinato. Le istituzioni mostrano una rinnovata sensibilità sui temi ambientali e sociali ma come si stanno muovendo le aziende a riguardo? Una ricerca di EY, "Seize the change: futuri sostenibili", presentata in occasione dell’EY Sustainability Summit, presenta un’analisi dettagliata sull’integrazione della sostenibilità nel business delle aziende nazionali: partendo da un campione di oltre 260 aziende italiane di diversi settori, di cui 62 sono state intervistate e 201 analizzate sulle dichiarazioni non finanziarie, emerge come il tessuto imprenditoriale stia aggiornando le proprie strategie in termini di sostenibilità in un periodo di forte trasformazione accelerata dell’emergenza Covid-19. A tal proposito, Stefania Radoccia, Markets Leader di EY, commenta: “La crisi causata dal Covid-19 ha provocato cambiamenti senza precedenti in tutti i mercati e dobbiamo pertanto accelerare la trasformazione del business cogliendo nuove opportunità di investimento e di crescita, mettendo la sostenibilità al centro”. Riccardo Giovannini, Italy Sustainability Leader di EY, sottolinea come “integrare la sostenibilità nelle attività di business significa comprendere il cambiamento, cogliendo le istanze e le opportunità che derivano dal mercato e dalla società civile, e integrarlo pienamente a livello aziendale per essere preparati al futuro”. I piani di sostenibilità - Quello che si nota è una maggiore sensibilità ma non ancora del tutto focalizzata: il 70% delle aziende ha previsto infatti un piano di sostenibilità corredato da obiettivi ma nel 39% dei casi sono stati formalizzati dei target quantitativi, mentre solo il 23% delle aziende analizzate ha definito le tempistiche del raggiungimento degli obiettivi. Emerge inoltre un aumento importante della percentuale di aziende che fornisce una descrizione qualitativa e/o quantitativa del proprio piano di sostenibilità: 50%, ben 18 punti percentuali in più rispetto al 2018. Un altro numero indicativo di ritardo strutturale è la percentuale di aziende con un piano associato agli Obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall'Onu: la quota è ferma al 17% negli ultimi tre anni. Molte aziende stanno fissando obiettivi di riduzione del carbonio, compiendo progressi verso lo zero netto e rimuovendo le emissioni di gas serra dall'atmosfera. Tuttavia, è sempre più evidente che questi impegni attuali non sono sufficienti. A questo proposito, oggi EY è ufficialmente carbon neutral in tutte le aree di emissioni, rispettando così l'impegno preso al World Economic Forum ma l’obiettivo è diventare carbon negative nel 2021 per creare valore a lungo termine per gli stakeholder. L’impatto del Covid-19 - Il 23% delle imprese non intravede scossoni pandemici per le attività previste nei piani di sostenibilità, mentre il 44% prevede il ridimensionamento delle iniziative nel breve periodo in alcuni ambiti e la progressiva ripresa a regime delle attività in cantiere. Il 33% di aziende ritiene invece che la mutazione del contesto innescata dal Covid-19 fungerà da acceleratore per una transizione verso modelli maggiormente sostenibili, stimolando una modifica degli obiettivi di sostenibilità. Il 59% dei CEO e dei dirigenti C-suite di società europee ha dichiarato all'EY Long-Term Value and Corporate Governance Survey che la pandemia aveva messo a dura prova la loro capacità di concentrazione sulla crescita a lungo termine. L’impegno per il cambiamento climatico - I cambiamenti climatici costituiscono la tematica più sentita dalle aziende italiane all’interno dei piani di sostenibilità anche a seguito della crisi da Covid-19. Gli stakeholder oggi cercano una leadership attiva che ponga la sostenibilità al di sopra del breve termine: una leadership inclusiva aiuta le aziende a raggiungere il loro purpose, a promuovere la crescita e a costruire valore a lungo termine, tutti elementi costitutivi di una crescita sostenibile. Dallo studio EY si rileva che l’84% delle aziende intervistate dispone di un piano industriale che contiene azioni di mitigazione e/o di adattamento ai cambiamenti climatici. Per il 63% delle aziende partecipanti al sondaggio le attività di contrasto ai cambiamenti climatici continueranno senza particolari problemi o ridimensionamenti nonostante la pandemia. Solo l’8% delle aziende intervistate ha un piano strategico che prevede azioni e investimenti per il raggiungimento della neutralità climatica e un ulteriore 24% ha già intrapreso un percorso di decarbonizzazione sostenuto seppure non correlato a target quantitativi di neutralità climatica, mentre il 68% non considera la neutralità climatica all’interno dei piani industriali. Lo scorso settembre, lo studio EY Ceo Imperative ha rilevato che "il 67% dei Ceo sente una pressione da moderata a elevata degli stakeholder per affrontare le sfide globali", un numero che aumenta di 10 punti percentuali per i leader delle organizzazioni più grandi. Lo stesso sondaggio ha rilevato che quattro amministratori delegati su cinque "affermano che il governo, le imprese e il pubblico ricompenseranno le aziende per aver intrapreso azioni significative sulle sfide globali". Sostenibilità e finanza - Circa il 16% delle aziende intervistate ha dichiarato di avere già incluso prodotti finanziari Esg nel proprio piano strategico (tra queste, insieme al settore Insurance & Banking, anche Engineering Construction è particolarmente attivo sul tema), mentre il 15% prevede di farlo nel breve periodo. Per quanto riguarda, invece, l’implementazione di strategie di investimento responsabile, il 18% degli intervistati ha affermato di averle già sviluppate: tuttavia, di queste, solo il 5% è firmataria dei Principles for Responsible Investment (Pri). Tra le strategie implementate, quella prediletta dal 38% dei rispondenti è la strategia di investimento mirato o di focalizzazione su specifici obiettivi Esg. Il modello del futuro: l’economia circolare - L’economia circolare rappresenta un nuovo modello di business trasformativo in quanto separare la crescita economica dall’impiego di risorse naturali presuppone la capacità di superare la divisione tra settori industriali e comporta un ripensamento strategico dell’intera organizzazione. In tale ambito, dall’indagine EY emerge che l’84% delle aziende intervistate ha avviato un processo strutturato con l’obiettivo di analizzare i propri processi operativi. A prescindere da una strategia strutturata, appare che 1 azienda su 3, tra quelle analizzate sulle informative non finanziare, definisce obiettivi generici o azioni puntuali in relazione a temi di economia circolare. Nel campione complessivo considerato, le aziende che mettono in atto iniziative di economia circolare sono oltre il 40%. Inoltre, il 79% delle aziende, per essere più sostenibile, sta già investendo sulle risorse umane, con un forte accento sulle nuove modalità di lavoro e il work life balance. I principali vantaggi dell’integrazione della sostenibilità in quest’ambito sono associati ad un aumento della produttività dei lavoratori, alla maggiore fidelizzazione dei dipendenti e soddisfazione sul posto di lavoro e, infine, alla maggiore attrattività aziendale rispetto ai nuovi talenti. Mobilità, come si rende sostenibile - Dallo studio EY emerge che le aziende del Paese sono particolarmente attive nell’offerta di servizi e iniziative di mobilità per i propri dipendenti. In particolare, nel sondaggio viene evidenziato che tra l’87% delle aziende che ha sviluppato o previsto iniziative di mobilità per i lavoratori, il 63% ha attivato programmi di smart working, il 5% ha implementato programmi aziendali per il car sharing, mentre l’11% ha previsto delle agevolazioni per i mezzi pubblici. Per approfondimenti: www.ey.com/sustainability
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in collaborazione con Postenews.it L’accordo stretto tra PostePay e Bancomat permette di ampliare la gamma dei servizi offerti ai clienti di Poste Italiane e accelera la trasformazione digitale del Paese. E’ quanto ha spiegato l’AD di Postepay, Marco Siracusano, in un’intervista al TGPoste all’indomani dell’intesa sulla licenza di emissione BANCOMAT e PagoBANCOMAT, che si aggiunge a quella per l’accettazione di queste carte negli uffici postali, negli ATM Postamat e dai merchant convenzionati. “Oggi – ha spiegato Siracusano - esistono nel sistema dei pagamenti italiano due grandi operatori, Poste Italiane e Bancomat. Noi gestiamo 29 milioni di carte, l’intero sistema bancario ne conta 34 milioni. Sono due mondi che possono collaborare per rinforzare il sistema”. Questa collaborazione, ha concluso l’AD di Postepay, “accelera la digitalizzazione del Paese rafforzando l’utilizzo del denaro digitale e permette di spingere coloro che utilizzano solo contante a sperimentare i pagamenti contactless, un primo passo che poi li porterà a utilizzare il mondo dei pagamenti digitali”. Con questo accordo Poste Italiane conferma il proprio ruolo leader nel mercato dei pagamenti digitali in Italia: 7,4 milioni di digital wallet, oltre 20 milioni di download per le app finanziarie, 1,6 miliardi di transazioni gestite nel 2020 di cui 397 milioni legate all’e-commerce. A conferma della continua crescita di PostePay, nel 2020 le transazioni contactless sono cresciute del 23% mentre Poste Italiane con PostePay ha registrato un incremento delle operazioni del 38%.
"La mia paura più grande? Quella di salire su quel palco e di essere disconnessa, di non essere presente, di non riuscire a godermela davvero. Perché invece vorrei tanto, tantissimo arrivare alle persone". Parla così all'Adnkronos Gaia, all'anagrafe Gaia Gozzi, descrivendo le sue emozioni per il debutto sul palco del 71mo festival di Sanremo. "Ho bisogno estremo di condividere e sentire qualcuno dall’altra parte -spiega l'artista italo-brasiliana- e in questo anno senza pubblico in platea, arrivare alla gente oltre lo schermo sarà ancora più difficile. Ma è il mio obiettivo". A 23 anni, Gaia ha già alle spalle la partecipazione a 'X Factor', la vittoria ad 'Amici' ed ora l'emozione del debutto sul palco più importante d'Italia, dove porterà il brano 'Cuore Amaro' di cui ha scritto musica e testo insieme a Orang3 (Daniele Dezi), Jacopo Ettorre e Giorgio Spedicato. "Questa canzone è nata questa estate, l’ultimo giorno -racconta- Parla del mio cuore, di quello che ha vissuto. Il 'Cuore amaro' è quello che accoglie tutte le mie anime, la mia consapevolezza, quello che sono diventata dopo tutte le situazioni che ho vissuto". E sul momento che il mondo sta vivendo, la sua lettura è precisa, focalizzata: "Un momento difficile, che non ha fatto differenze. Il virus è molto democratico e ha messo tutti in una situazione di stallo -spiega Gaia- Mi sento anche fortunata, perché ci siamo fermati tutti, il mondo si è fermato ma io e la mia musica abbiamo continuato a crescere e finalmente ho la possibilità di raccontarmi e di spiegare chi sono". La pandemia "la sto vivendo day by day, per quanto io sia mega ansiosa prendo ogni giornata per quella che è. Sto cercando anche di capirmi, ho voglia di prendermi cura di me stessa, perché è un momento in cui dobbiamo occuparci anche della nostra salute mentale. Impazzire è un attimo". Che Sanremo faccia più paura del palco di X Factor o di 'Amici' non è così scontato, almeno per lei: "Tutte le cose che non conosco mi fanno molta paura. Certo, Sanremo è un palco monumentale, i miei nonni dal Brasile se lo guardavano. Ma è tutto così assurdo che il mio approccio sarà molto sincero, e non esagerato. Non voglio arrivare a Sanremo mettendo tutta la frustrazione che avevo di fare i live... voglio potermelo godere quel palco", giura Gaia. "Questo non significa che non mi stia cag... sotto", scherza. Sul fatto di esordire all'Ariston proprio con questo Sanremo così 'blindato', e così strano rispetto a tutte le altre edizioni, l'artista osserva: "Il mio pensiero va prima di tutto alla sicurezza e alla salute. E la sicurezza ci sarà, perché Amadeus ha fatto un lavoro davvero enorme, in un modo mai visto prima, perché questo momento non è mai stato vissuto prima", dice. E ben venga Sanremo "se può portare un po’ di speranza, un po’ di luce, non solo per noi, ma anche a tutte le persone che ci lavorano, attrezzisti, maestri di canto... L'auspicio è che possa scardinare, sbloccare certe cose nella speranza che si possa ritornare a fare musica". Certo, "avrei voluto fare crowd surfing tra la folla (surf sulla folla, ndr) dell'Ariston... sarà per la prossima volta", conclude. "L'importante è che vada via da lì ricordandomi per sempre cosa ho provato". (di Ilaria Floris)
In occasione della Giornata mondiale delle Malattie rare, Sanofi prosegue il proprio impegno sul tema promuovendo una serie iniziative volte a far luce sull’impatto che queste patologie hanno sulla vita delle persone che ne soffrono e delle loro famiglie. Problematiche che oggi, nel contesto stravolto dalla pandemia con il suo impatto sociale e psicologico devastante, diventano ancora più sentite e urgenti. Tra le iniziative la campagna "Se ne parli non è raro", progetto di sensibilizzazione contro la violenza della parole, ideata in collaborazione con Parole O_Stili, e con il patrocinio di Uniamo Fimr (Federazione italiana malattie rare). Secondo un’indagine realizzata dall’Istituto superiore di sanità e Uniamo Fimr sulle difficoltà dei malati rari durante l’emergenza Covid-19 - riferisce una nota - il 52% dei pazienti ha rinunciato o interrotto i percorsi terapeutici e il 54% ha dichiarato di aver riscontrato problematiche nel seguire con continuità le terapie. Mai come ora, quindi, interrogarsi sui bisogni della comunità dei malati rari e sulla necessità di inclusione e accoglienza delle diversità è fondamentale. Ed è proprio per affermare questi valori che parte la campagna "Se ne parli non è raro" che, dal primo marzo, con infografiche e pillole video diffuse attraverso i social media, invita a riflettere sulla forza della parola con l’obiettivo di generare un cambiamento culturale attraverso il dialogo, prendendo spunto dal 'Manifesto della comunicazione non ostile'. Nella convinzione che solamente promuovendo una maggiore conoscenza di queste condizioni, incoraggiando il dialogo e 'normalizzando' il lessico legato alle malattie rare sarà veramente possibile abbattere le troppe barriere sociali che ancora esistono, costruendo relazioni e nuovi orizzonti d’inclusione. Un video emozionale, che verrà diffuso il 28 febbraio, punterà invece a sensibilizzare il grande pubblico sul valore dell’inclusione sociale, facendo luce sul caleidoscopio di emozioni e sul senso di isolamento che vivono i malati rari. Il video verrà pubblicato sui profili social Sanofi Italia (Facebook, Instagram, Twitter, LinkedIn) e verrà rilanciato attraverso la collaborazione con Uniamo e Parole O_Stili, coinvolgendo la comunità dei social media e diffondendo in modo capillare il messaggio. "Siamo felici di essere al fianco di Sanofi in questa iniziativa, che ci permette di scavare in profondità tra le difficoltà nascoste che tanto influiscono sulle vite delle persone con malattia rara e sulle loro famiglie", afferma Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo Fimr. "La Federazione si impegna ogni giorno a dar voce alle persone con malattia rare e a far comprendere le loro necessità, che riguardano non solo gli aspetti medici ma anche quelli sociali, specialmente in un periodo così complesso come quello attuale segnato dalla pandemia. Siamo pienamente consapevoli - conclude - dell’estrema importanza del confronto, del dialogo e del supporto quotidiano, e iniziative come questa ci aiutano a sentirci meno soli". "Troppo spesso, oggi, tendiamo a trascurare il valore della parola, utilizzandola in modo superficiale, abusandone o al contrario non utilizzandola a dovere. Con questa azione nell’ambito delle malattie rare, vogliamo far in modo che le parole ritornino ad assumere il loro ruolo: la parola è un ponte che aiuta la conoscenza e la comprensione dell’altro, quindi la sua inclusione. Per questo dobbiamo rispettare le parole, averne cura per rispettare gli altri", afferma Rosy Russo, fondatrice e presidente di Parole O_Stili. "Da sempre ci occupiamo di migliorare la vita delle persone che convivono con una malattia rara, sia con lo sviluppo di terapie pionieristiche attraverso la nostra divisione Sanofi Genzyme, sia attraverso attività di sensibilizzazione su tematiche fondamentali come l’inclusione sociale", afferma Marcello Cattani, Presidente e Amministratore Delegato di Sanofi Italia. "Affrontare queste patologie - prosegue- significa impegnarsi quotidianamente per mettere al centro le persone e i loro bisogni, entrando in contatto con storie e vissuti caratterizzati spesso da difficoltà, senso di esclusione ed emarginazione, nella convinzione che la cura della persona si completi con le parole, i gesti e le relazioni. Dobbiamo quindi continuare ad interrogarci su diversità e inclusione, su paure ed emozioni che devono trasformarsi in ponti e non in barriere, soprattutto tra i giovani". Un ulteriore esempio dell’impegno di Sanofi in questa direzione - ricorda ancora la nota - è il supporto a "Più unici che rari", campagna educativa dedicata a ragazze e ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado, ideata da Librì Progetti Educativi per raccontare il valore dell’unicità di ciascuna persona e promuovere l’importanza dell’accoglienza e dell’inclusione nell’ambiente scolastico, partendo da quelle difficoltà e barriere che possono nascere in presenza di malattie rare e non solo. Inoltre, Sanofi ha inoltre organizzato l’evento #SeNeParliNonèRaro, per un confronto tra istituzioni, mondo della scienza e partner delle campagne, con la premiazione degli studenti vincitori del concorso "Come stai. Dillo con arte!”, che nell’edizione 20/21 ha visto la partecipazione di oltre 1500 classi da più di 800 scuole. I vincitori, 15 alunni provenienti dalle scuole di tutta Italia, saranno premiati con Click4All, uno dei due progetti vincitori della prima edizione di #MaketoCare nel 2016: un kit fai da te pensato per le persone con disabilità per facilitare loro l’utilizzo e l’accesso a tablet e smartphone.
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Il centrocampista statunitense è ormai uno dei punti fermi della Juve del presente, ma anche del futuro.
Secondo il Global Gender Gap Index sui temi dell’equità di genere il nostro Paese figura al 76esimo posto tra i 153 censiti e al 17esimo sui 20 dell’Europa Occidentale (peggio di noi solo Grecia, Malta e Cipro). La pandemia ha solo aggravato una situazione già di per sé non invidiabile: solo nel mese di dicembre 2020, in Italia si sono persi 101mila posti di lavoro e 99mila erano di donne. "L'impatto della crisi economica post Covid sulle lavoratrici italiane è stato particolarmente pesante: quasi il 40% delle donne occupate in Italia è occupato in solo in tre macro settori, commercio, sanità e assistenza sociale, istruzione. Quelli più colpiti dalla pandemia e dalla crisi", spiega Azzurra Rinaldi, economista, Università Unitelma Sapienza, in occasione della presentazione della nuova campagna di Coop sulla parità di genere “Close the Gap- riduciamo le differenze”. "Questo, aggiunge - non è un problema femminile, è un problema sistemico e di efficienza economica: l'Italia sta producendo molto meno di quanto potrebbe proprio perché molte donne non sono occupate, in un Paese in cui le donne rappresentano oltre il 51% della popolazione e sono anche più istruite, quindi è un doppio spreco perché potrebbero produrre reddito, Pil, occupazione e gettito fiscale per lo Stato". Il problema riguarda in particolare la fascia di età produttiva, quella compresa tra i 15 e i 64 anni. "Prima della crisi del covid avevamo superato il 50% di donne occupate, in 4 mesi di crisi post epidemia siamo tornati a un tasso di occupazione femminile del 48,6% - sottolinea Rinaldi - a questo si aggiunge lo squilibrio territoriale: il tasso di occupazione femminile è di oltre il 60% al nord mentre si ferma al 33% al sud". Perché accade questo? "Le donne italiane ogni giorni spendono oltre 5 ore in attività di cura non retribuita, quindi prendendosi cura dei figli, di anziani, di malati, a fronte di meno di due ore degli uomini. E si fanno carico di oltre il 74% del totale delle ore di lavoro non retribuito di cura - spiega Rinaldi - Un ulteriore problema è quello della parità salariale: sempre secondo il Global Gender Gap Index, l'Italia è in 125esima posizione per parità salariale in parità di posizione". Capitolo smart working: un'arma a doppio taglio. "Stiamo conducendo una ricerca sulla popolazione femminile in smart working che ci dimostra brutalmente che le donne stanno soffrendo per il duplice carico di attività lavorative e di cura e perché viene meno il tempo per sé. Siamo in una fase in cui saranno in arrivo i fondi Ue, condizione perfetta perché le istituzioni possano traghettare il Paese verso condizioni di maggiore equità. La Commissione europea stima un costo legato alle disuguaglianze di genere di 370 miliardi di euro l'anno per i Paesi membri. Certamente le istituzioni non possono fare tutto da sole, l'apporto dei privati è fondamentale perché questa è una sfida soprattutto culturale".
AGI - Ha citato anche il film di Ken Loach, 'Sorry we missed you' il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, nell'introdurre la maxi indagine che ha portato ad elevare ammende per 733 milioni di euro alle principali aziende di delivery che operano in Italia. Nella pellicola il protagonista è un 50enne costretto a fare il fattorino per vivere, e sfruttato con turni massacranti. La stessa realtà - secondo i magistrati - a cui sono sottoposti lavoratori, spesso immigrati, in tutte le grandi città. I contratti dovranno essere trasformati Dopo le indagini partite dalla procura milanese (con l'aggiunta Tiziana Siciliano e la pm Maura Ripamonti) ed estese a tutto lo Stivale grazie al Nucleo tutela lavoro dei carabinieri (coordinato da Antonino Bolognani) saranno notificati a Just Eat, Glovo-Foodinho, Uber Eats e Deliveroo verbali che imporranno di trasformare i contratti dei rider: da lavoratori autonomi dovranno passare allo status di parasubordinati, cioè co.co.co, con contratto di lavoro coordinato e continuativo. In 60.000 dovranno essere assunti. Non più pagamento a cottimo, inoltre, visto che è vietato dalla legge, ma un contratto fisso, con tanto di obbligo di visite mediche, formazione e fornitura di attrezzature adeguate. Gli indagati sono sei Sei gli indagati tra i vertici delle società, con tanto di ad, presidenti dei consigli di amministrazione e delegati per la sicurezza e in tema di contratto di lavoro. Le multe sono state comminate per violazione della legge 81, che nei suoi vari articoli prevede obblighi di prevenzione dei rischi, obbligo di visite mediche e protezione individuale e di formazione specifica per le attività: le presunte violazioni hanno portato poi "alla contestazione di una serie di reati contravvenzionali per il totale di 733 milioni", che possono essere estinti pagando fino ad un quarto della pena massima. Le aziende hanno novanta giorni per adeguarsi, e non incappare in un decreto ingiuntivo. L'indagine si è estesa a tutta l'Italia La maxi indagine è partita da "Milano e si "è quasi imposta, perché ogni giorno vediamo per le strade migliaia di fattorini, alcuni di loro anche in infradito", ha spiegato la procuratrice Siciliano. Ma è stato poi "naturale allargarla al territorio nazionale", visto che le condizioni di sfruttamento sono uguali ovunque. "E' inaccettabile - ha affermato -: si tratta di persone che tutto il giorno vanno in bicicletta con uno zaino pesante e il rischio incidenti è altissimo. E' un lavoro duro, usurante e faticoso e i lavoratori vanno tutelati". Da condannare anche il "meccanismo del ranking": "Non è affatto vero che hanno libertà di decidere quando andare a lavorare, perché chi non può farlo, anche solo per un giorno magari per motivi di salute, viene penalizzato" dall'algoritmo. "Non è più il tempo di dire che i rider sono schiavi, è arrivato il tempo di dire che sono cittadini che hanno bisogno di una tutela giuridica", ha affermato il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, commentando le investigazioni coordinate dal dipartimento specializzato della Procura. "In questa situazione di Covid i rider hanno svolto una funzione essenziale sia per portare da mangiare alle persone, sia per permettere a molte imprese di sopravvivere, con le consegne". "Sono convinto - ha proseguito Greco - che i problemi che pone il commercio siano enormi e vadano affrontati da un punto di vista giuridico. Ci troviamo davanti ad un'organizzazione aziendale che funziona attraverso l'intelligenza artificiale. Non c'è più il caporalato che conoscevamo prima, con il capo-reparto che sorveglia i lavoratori, ma in questo caso è un programma a sorvegliarli. E questo è un problema che ha dei risvolti giuridici", ha riflettuto il capo dell'ufficio inquirente di Milano. I nuovi tipi di lavoro pongono poi "problemi di competenza territoriale e giurisdizione". Secondo Greco quello dei fattorini in bicicletta è a tutti gli effetti un lavoro "subordinato". Eppure "in questa moderna configurazione dei rapporti di lavoro si nega il futuro a queste persone. La maggior parte di questi rider controllati - mille in un solo giorno quelli avvicinati dai carabinieri - sono risultati regolari in Italia e con un permesso di soggiorno, quindi non riconoscerlo significa negare a questi ragazzi la possibilità di costruirsi una carriera adeguata". Il problema giuridico che si crea non è "solo di tutele e di previdenza", ma anche "di sicurezza, di abbigliamento, di rischio quando piove e di usura delle gomme: tutto un mondo che porta a dire oggi che non basta un approccio morale al tema, ma giuridico". L'auspicio del procuratore è che questi temi siano "analizzati in una prospettiva legislativa, che è necessaria". Un'indagine fiscale su Uber Eats Infine un'indagine fiscale è stata aperta sempre a Milano su Uber Eats, la divisione consegne del colosso americano. Il fascicolo ha l'obiettivo di "verificare se ci sia una stabile organizzazione occulta” che nasconde al Fisco italiano gli introiti delle grandi società di delivery. I magistrati proveranno a verificare “se si debbano riportare in Italia" le entrate ottenute "attraverso l'attività dei ciclo-fattorini". Il capo dell'ufficio inquirente milanese ha spiegato che "i pagamenti" da parte dei clienti "sono effettuati online e non sappiamo dove vengono recepiti". Va ricordato che proprio dal palazzo di giustizia milanese, nella primavera scorsa, era partito il commissariato di Uber Italy, filiale italiana, per caporalato. Il Tribunale sezione autonoma misure di prevenzione, guidato da Fabio Roja, aveva disposto l'amministrazione straordinaria, dopo che il pm Paolo Storari avea scovato delle ditte di intermediazione che pagavano i fattorini meno di 3 euro a consegna con la compiacenza di una dirigente di Uber. Il processo con rito abbreviato per la parte penale è ancora in corso.
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Durante la conferenza stampa del 24 febbraio, le parole di Elisabetta Sgarbi produttrice degli Extraliscio in gara con Davide Toffolo fanno riflettere. Gli Extraliscio sono stati al centro di un giallo: il tampone rapido de Il Biondo è risultato in prima battuta positivo, ma il molecolare che serve proprio a validare il rapido è risultato negativo. Il problema non è legato al dover fare i tamponi, ma alle tempistiche con cui vengono fatti. "L’episodio è fortunatamente superato perché era falso positivo. - ha dichiarato la Sgarbi - Ma credo che il festival sia vittima di un protocollo non chiarissimo. Bisogna che questo protocollo abbia i tempi che consentano durante la gara di avere il responso del tampone molecolare prima di salire sul palco." Crediti foto@Kikapress Music: «Cute» from Bensound.com
Liguria zona gialla dalla prossima settimana? La regione "ha un Rt pari a 0,94, la situazione nei nostri ospedali è sotto controllo. Speriamo quindi di poter tornare in zona gialla dalla prossima settimana, afferma il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti oggi nel corso del suo intervento alla trasmissione di La7 L'Aria che tira. E sull'inizio a breve della kermesse canora italiana per eccellenza, "intorno al festival di Sanremo quest'anno - dice Toti - non ci sarà praticamente niente. E' un festival che si svolge all'interno di un Teatro Ariston vuoto, come se fosse uno studio televisivo, ma è il massimo che si può fare in tempi di Covid". "E' un anno - ha aggiunto - che diciamo che col Covid dobbiamo imparare a convivere e quindi è giusto non rinunciarci ma è giusto anche non mettere a rischio nessuno per farlo. Bisogna farlo nei limiti di un protocollo molto stretto elaborato dal Cts e io sono d'accordo che si faccia così". "La divisione del Paese in zone l’ho voluta e l’ho sempre difesa. Oggi potremmo pensare ad un'applicazione su aree minori: si tratta di pensare ad aree più piccole, come province e comuni", spiega ancora.
Il citomegalovirus presenta dei sintomi molto comuni ma può rappresentare un grave pericolo per chi abbia le difese immunitarie debilitate.