Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • Dow Jones

    38.460,92
    -42,77 (-0,11%)
     
  • Nasdaq

    15.712,75
    +16,11 (+0,10%)
     
  • Nikkei 225

    38.460,08
    +907,92 (+2,42%)
     
  • EUR/USD

    1,0701
    -0,0003 (-0,03%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.898,32
    -2.076,50 (-3,35%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.385,35
    -38,75 (-2,72%)
     
  • HANG SENG

    17.201,27
    +372,34 (+2,21%)
     
  • S&P 500

    5.071,63
    +1,08 (+0,02%)
     

"Noi, 'cavie umane' del vaccino ReiThera, immunizzati ma senza diritto al Green Pass"

Flavia Palumbo (Photo: Facebook)
Flavia Palumbo (Photo: Facebook)

“Sono prigioniera di un paradosso. Insieme a oltre 900 volontari mi sono offerta di testare un vaccino contro il Covid-19 che risponde al nome di ReiThera. Sono stracarica di anticorpi, ma non avrò il Green Pass e, anzi, figurerò tra coloro che hanno rifiutato il vaccino”: con queste parole, Flavia Palumbo denuncia il limbo in cui sembra essere precipitata, in compagnia di altri coraggiosi connazionali che, come lei, hanno prestato il proprio corpo alla scienza e che, al momento, risultano esclusi dalla certificazione verde. Nonostante l’andamento positivo dello studio, la Corte dei Conti ha deciso che non continuerà a finanziare la sperimentazione. Risultato: il vaccino non figura tra quelli autorizzati dall’AIFA e chi lo ha fatto non potrà avere il Green Pass, a meno che non arrivi un’autorizzazione speciale dal ministero della Salute. “Proprio noi che ci siamo ‘immolati’, che siamo scesi in prima linea, che ci siamo offerti come cavie in nome di un ideale, non potremo più prendere un aereo, andare a teatro, mangiare al ristorante - racconta ad HuffPost Flavia -. Noi, che siamo agli antipodi dei no-vax, veniamo trattati oggi come degli irregolari, dei disertori. È questo ciò che brucia di più”.

La contraddizione, secondo Flavia, sta nel fatto che se davvero l’obiettivo del Governo col Green pass è spingere quante più persone a immunizzarsi, loro immunizzati lo sono già. Ma gli viene chiesto di sottoporsi ad un ulteriore vaccino, tra quelli approvati. “Veniamo costantemente monitorati con analisi del sangue a cadenza regolare per valutare la risposta anticorpale. Abbiamo la giusta copertura, ma sembra che questo non basti”, aggiunge la volontaria. Una situazione paradossale che ha spinto anche il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri a scendere in campo in difesa di questa minoranza. “Oggi i 600 volontari che hanno generosamente preso parte alla sperimentazione del vaccino italiano Reithera non hanno l’opportunità di accedere al Green Pass, perché non autorizzato dagli enti regolatori - ha dichiarato in una nota ad HuffPost -. Ho inviato numerose richieste alla Direzione Generale della Prevenzione del Ministero della Salute perché si potesse trovare una soluzione al più presto. La mia proposta è quella di concedere il Green Pass comunque anche a questi volontari, magari dopo aver verificato la presenza degli anticorpi. Ad ogni modo una soluzione sarà trovata presto. Ne va anche delle future sperimentazioni cliniche di nuovi vaccini in sviluppo, non solo di quelle già in corso. Penso inoltre che sia anche un vero peccato abbandonare gli sforzi fatti e soprattutto i ricercatori che si sono impegnati a sviluppare questo vaccino. Sarebbe auspicabile andare avanti e se in Italia non serve un vaccino a vettore virale possiamo venderlo all’estero. Oppure chiedere all’azienda di sviluppare un vaccino a mRNA, perché sono in grado di farlo”.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

La delusione dei volontari: “Abbiamo prestato il nostro corpo alla scienza”

Tra gli italiani che con coraggio si sono sottoposti alla sperimentazione c’è Ferdinando Cepparulo, che su Facebook si sfoga: “Sono nel bel mezzo della sperimentazione del vaccino ReiThera, e come volontario, insieme ad altri 900 italiani in tutta Italia, ho agito per senso civico e responsabilità”. E si domanda: “Lo Stato invita i suoi cittadini a vaccinarsi, ma tutela coloro che per primi, e sottolineo per primi, si sono offerti per una ammirevole causa, per senso civico e responsabilità e non certo...per andare al mare o a ballare?”.

Anche un altro utente, Rodolfo Antonelli, ha affidato a Facebook la sua testimonianza: “Storia triste, talmente triste che mi viene da ridere se non ci fosse già da piangere. Ho prestato il mio corpo alla scienza, sottoponendomi come volontario al vaccino ‘italiano’ Reithera. Due inoculazioni a distanza di 21 giorni. Donatore abituale di sangue, plasma e piastrine, non ho donato per 60 giorni come prescritto”. Il volontario prosegue: “Ricevo 6 convocazioni dalla ASL per la vaccinazione, comunico 6 volte che sono già vaccinato (su indicazione del responsabile campano che mi dice che avendo un ‘titolo anticorpale’ pari a 1098 sono immunizzato secondo la scienza), inviando 6 pec senza ricevere risposta. Ora viene il bello: ieri ascoltando in TV un dibattito sul Green Pass, pare che (se l’Italia dovesse decidere di introdurlo) se io vorrò andare al ristorante o se io vorrò andare all’estero, per ottenere il Passaporto Verde, UDITE UDITE, dovrò vaccinarmi nuovamente, io e altri 1000 italiani circa come me”.

Delusione condivisa anche da un altro volontario, Ernesto Miragoli che sempre su Facebook scrive: “Non sono solito raccontare in pubblico faccende personali, ma questa volta lo faccio perché sono un po’ seccato. Per amore patrio (aggettivo desueto, quando non addirittura ignoto) ho aderito al progetto del vaccino di produzione italiana ‘Reithera’. L’ho fatto perché mi sembrava un modo per rendersi disponibile in un momento grave per il nostro Paese. E ora sono nel limbo: vaccinato, anticorpi ben presenti (le ultime notizie dicono che i vaccinati Reithera sono coperti al 99%), ma niente green pass perché il vaccino non è riconosciuto da EMA, AIFA e burocrazia annessa e connessa. Voglio muovermi o ho bisogno di muovermi per lavoro o vacanze? Lo posso fare: a carico mio mi faccio un tampone ante eventum ed un altro post eventum. E’ paradossale? Sì, ma così vanno le cose nel nostro Paese dove un gruppo scientifico ha studiato un vaccino, molti si sono offerti per per sperimentarlo (e non mi si dica che è per gli 800 euri perchè del compenso per le trasferte sono venuto a conoscenza solo dopo aver fatto esami e dosi), avrebbe dovuto essere pronto in autunno, ma che a maggio ha subito uno stop da parte della Corte dei Conti, che lo considera ‘un investimento improduttivo’. Una soluzione ci sarebbe: vaccinarsi con i vaccini che hanno ricevuto l’imprimatur europeo. Ma questo vanificherebbe la sperimentazione. Per quanto rimarrò in questo limbo? Non so, anche perché ho solo risposte vaghe”.

Un vaccino che funziona

Secondo il comunicato pubblicato da ReiThera il 12 luglio, a seguito di uno studio avviato lo scorso 18 marzo, il vaccino consente di sviluppare una risposta anticorpale in più del 93 per cento dei volontari tre settimane dopo la prima dose, e nel 99 per cento dei volontari dopo il richiamo.

Nonostante la comprovata efficacia, per includere i volontari del vaccino ReiThera tra la popolazione vaccinata servirebbe una circolare del ministero della Salute: solo così, con due dosi di vaccino sperimentale, potranno ottenere il Green pass. C’è quindi bisogno di una sanatoria, di un’autorizzazione ufficiale da parte del ministero della Salute. Nei giorni scorsi la richiesta è stata presentata dai responsabili dei 26 centri clinici in cui era stato somministrato il vaccino ReiThera ai volontari: i centri hanno scritto al ministero della Salute per chiedere di includere i volontari nell’anagrafe vaccinale italiana. Tra queste strutture c’è anche il Sant’Andrea di Vercelli e l’Amedeo di Savoia di Torino. Dalla Asl di Vercelli, il direttore della SC Malattie Infettive Silvio Borrè, spiega: “I volontari che sono stati sottoposti alla vaccinazione si trovano in una condizione in cui non è indicata, né necessaria una ulteriore vaccinazione per cui, se non inseriti nell’anagrafe vaccinale non potranno mai ottenere una carta ‘verde’ di effettuata vaccinazione”. Questo nonostante il livello alto di anticorpi: ”I dati mostrano una sieroconversione del 93% dopo la prima dose e del 99% dopo la seconda dose. Il livello degli anticorpi è comparabile a quello misurato in un gruppo di riferimento di pazienti convalescenti dall’infezione Covid 19”.

Cos’è andato storto con il vaccino ReiThera

L’avvio della sperimentazione del cosiddetto “vaccino italiano” era stato accolto con entusiasmo da molti esponenti del governo. Il progetto era partito a luglio 2020, quando l’AIFA aveva autorizzato l’istituto Spallanzani di Roma e il Centro Ricerche Cliniche di Verona ad iniziare la sperimentazione che aveva coinvolto novanta persone tra i 18 e i 35 anni. Il vaccino sperimentale, come i vaccini di AstraZeneca e di Johnson & Johnson, utilizza un adenovirus, un particolare tipo di virus per trasportare all’interno del nostro organismo il materiale genetico del coronavirus. A gennaio 2021 erano arrivati gli esiti della prima fase, con risultati incoraggianti: nessuna delle novanta persone coinvolte aveva segnalato effetti avversi a 28 giorni dalla vaccinazione e oltre il 97 per cento aveva sviluppato anticorpi contro il coronavirus dopo la seconda dose. I volontari avevano accusato effetti collaterali lievi come mal di testa, stanchezza e dolore nel punto dell’iniezione. Al termine della seconda fase della sperimentazione, quella in cui sono stati coinvolti i novecento volontari ora nel limbo del Green Pass, erano stati confermati i risultati ottenuti nella prima fase.

Ma qualcosa si è inceppato nella “catena di montaggio” della produzione industriale, che nel frattempo procedeva a rilento: a metà maggio la Corte dei Conti ha respinto il finanziamento del vaccino sperimentale che era stato firmato il 17 febbraio 2021. L’accordo sottoscritto da ReiThera, dal ministero dello Sviluppo economico e da Invitalia, l’agenzia pubblica per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, prevedeva un investimento complessivo di 81 milioni di euro, in parte erogati dallo stato e in parte da ReiThera. Il decreto esaminato dalla Corte dei Conti aveva messo a disposizione 49 milioni di euro di cui 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni con un finanziamento agevolato.

C’erano stati anche altri investimenti pubblici: la Regione Lazio aveva stanziato 5 milioni di euro, il Centro nazionale delle ricerche altri 3, mentre ReiThera aveva garantito 12 milioni di euro, soprattutto per l’ampliamento dello stabilimento di Castel Romano, nel comune di Roma. Nella sua nota, la Corte dei Conti ha spiegato che i chiarimenti forniti dal ministero dello Sviluppo economico non hanno superato le osservazioni presentate e quindi non ha ammesso la registrazione dell’accordo, bloccando di fatto i finanziamenti statali.

Dopo la sentenza della Corte dei Conti, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha detto che sarebbero stati trovati altri modi per contribuire economicamente allo sviluppo del vaccino di ReiThera. Al momento l’unica soluzione è stata l’approvazione del finanziamento di 400 milioni alla fondazione statale Enea Tech, a cui erano stati destinati 500 milioni un anno fa, ora trasformata in Enea Tech e Biomedical per sostenere la filiera biomedicale e di produzione di farmaci e vaccini.

Nella terza fase, la più attesa, dovrebbero essere coinvolte diecimila persone, con tempi piuttosto lunghi: anche senza lo stop arrivato dalla Corte dei Conti i primi vaccini sarebbero arrivati in autunno, con la campagna vaccinale italiana avviata verso la conclusione, se non già conclusa in molte regioni.

A metà luglio è emerso un interesse del governo messicano, che sta valutando l’opportunità di sostenere la terza fase dello sviluppo. Come riportato da Reuters, le autorità messicane hanno dichiarato di aver iniziato una trattativa con ReiThera per produrre il vaccino in Messico. Il Messico sarebbe pronto a coinvolgere seimila persone nella terza fase della sperimentazione, anche se al momento non sono stati comunicati accordi ufficiali.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

Leggi anche...