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Noi e i diritti/4: perché Putin vuole chiudere il Memorial per le vittime del Gulag

Hp (Photo: Hp)
Hp (Photo: Hp)

Una grande associazione come “Memorial”, voluta e promossa da Andrei Sacharov, rischia di chiudere perché la Procura generale della Federazione russa, prona alle direttive di Putin, l’ha accusata di violare la legge sugli “agenti stranieri” (figurarsi) e del resto, quasi in contemporanea, il Tribunale di Mosca vuole mettere sotto sequestro il centro dei diritti umani che è emanazione dello stesso Memorial. Passa sotto silenzio, nel mondo, nel nostro mondo, nel mondo che ogni giorno si riempie la bocca di parole e solo di parole per la difesa dei diritti umani, il tentativo di imbavagliare l’associazione che ricorda i milioni di morti o di deportati nei Gulag, nel Gulag di Stalin, di prima di Stalin e di dopo Stalin: un’istituzione che ha censito e continua a censire i nomi e le biografie delle vittime del totalitarismo comunista, un’attività che ha sconfitto omertà, censure, paure per restituire al mondo l’identità di chi è stato schiacciato da una macchina repressiva dalle caratteristiche mostruose.

E allora, perché perseguitarla anche quando l’Unione Sovietica ha cessato di esistere? Perché Putin, che del resto nel famigerato Kgb ha conosciuto la sua scuola, vuole mettere il bavaglio a chi ha accumulato testimonianze sui crimini di Stalin e dei suoi predecessori e dei suoi successori? Perché, appunto, esattamente come avviene con il Ministero della Verità descritto da Orwell in “1984” in cui la storia viene continuamente contraffatta e falsificata, chi controlla il passato controlla il presente (e il futuro). Putin non può privarsi del passato “glorioso” della Grande Guerra Patriottica, come la definì lo stesso Stalin quando Hitler ruppe nel 1941 l’alleanza tra tedeschi e sovietici contro le democrazie occidentali. Deve cancellare il ricordo delle vittime della repressione, del buio totalitario, delle carestie, del sistema dei lager. E se la prende col Memorial che invece quella storia vuole tenere aperta. E noi? E noi, ovvio, silenzio.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.