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Nuovi vincoli per le banche senza l’illusione della sicurezza

A gennaio 2019 entrano in vigore due nuovi requisiti patrimoniali per le banche. Il loro soddisfacimento non deve portare a un falso senso di sicurezza, pensando che gli istituti siano ora in grado di far fronte con le proprie forze a eventuali crisi.

Cosa sono Tlac e Mrel

Nella recente relazione annuale dell’Associazione bancaria italiana, il presidente Antonio Patuelli ha nuovamente sottolineato le preoccupazioni del nostro sistema bancario sui nuovi requisiti patrimoniali in termini di Mrel (Minimum Requirement for own Funds and Eligible Liabilities) e Tlac (Total (Londra: 524773.L - notizie) -Loss Absorbing Capacity), che dovrebbero diventare vincolanti a partire dal 1° gennaio 2019.

Capacità di assorbimento totale delle perdite (Tlac) e requisito minimo di passività eleggibili (Mrel) si riferiscono a una analoga esigenza: garantire che le banche siano in grado di far fronte a un ipotetico processo di risoluzione (o di liquidazione) attraverso risorse dedicate nel proprio passivo, minimizzando l’intervento dello stato.

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Il Tlac, individuato in forma definitiva dal Financial Stability Board nel documento di novembre 2015, riguarda le maggiori trenta banche “sistemiche” internazionali. Da gennaio 2019 dovranno avere passività e capitale ai fini Tlac pari al 16 per cento dell’attivo ponderato per il rischio (Rwa – ottenuto applicando alle poste dell’attivo un coefficiente di ponderazione in funzione dello specifico rischio a cui si riferiscono) o al 6 per cento dell’esposizione alla leva finanziaria (Lre – Leveraged Ratio Exposure – dato dalla somma delle attività in bilancio, delle esposizioni in derivati, delle esposizioni per operazioni di finanziamento tramite titoli e di alcune poste fuori bilancio). Dal 2022 il requisito aumenterà al 18 per cento del Rwa o 6,75 per cento del Lre.

Il Mrel, introdotto con la direttiva 2014/59/UE (la cosiddetta Brrd), riguarda invece tutte le banche dell’Unione. Poiché interessa istituti con notevoli differenze in termini di dimensioni, di struttura operativa e di copertura territoriale, a differenza del Tlac non può esser rappresentato da un numero univoco, ma verrà definito da parte delle autorità di vigilanza in funzione delle caratteristiche specifiche di ogni istituzione. In linea di principio, il requisito sarà determinato da due principali elementi: l’ammontare per l’assorbimento delle perdite e l’ammontare necessario per la ricapitalizzazione successiva a una eventuale risoluzione. I parametri di riferimento per la sua quantificazione si sono modificati nel corso dei lavori di preparazione. L’ultima proposta di modifica al regolamento sulle risoluzioni bancarie attualmente in discussione mira a uniformare l’applicazione dei requisiti Tlac e Mrel per le banche più grandi, mantenendo però la necessaria elasticità per quelle di più piccole dimensioni.

La situazione italiana

La direttiva sulla Brrd è stata recepita in Italia dal decreto legislativo 180/2015, che disciplina anche la gerarchia attraverso la quale le passività della banca devono essere aggredite nel caso di risoluzione (rappresentata in modo schematico in figura 1).

Figura 1

Il Mrel è attualmente definito su base individuale dall’autorità di risoluzione preposta (Comitato unico di risoluzione-Srb per le 14 banche significative, Banca d’Italia per tutte le altre), eventualmente sentita la Banca centrale europea, tenendo conto delle caratteristiche delle varie banche italiane, secondo quanto previsto dall’art. 50 del Dlgs 180/2015. Non vi sono però informazioni riguardo ai livelli previsti per ciascuna banca, né delle tipologie di passività che siano singolarmente eleggibili in caso di bail-in.

La liquidazione delle due banche venete e la ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi (Milano: BMPS.MI - notizie) (e il caso del Banco Popular in Spagna) hanno dimostrato come la disciplina attuale non permetta di aggredire in maniera così agevole le passività poste oltre le obbligazioni subordinate. Detenute indistintamente da clientela retail e istituzionale, sottopongono l’autorità di risoluzione a un duplice rischio, evidenziato dallo stesso Srb: quello per la banca oggetto di risoluzione legato alla perdita di fiducia di una buona parte della clientela e di una fuga di depositi; e quello di lunghi contenziosi legali che possono comprometterne anche la futura solidità.

Un duplice rischio che nei casi recenti si è preferito non affrontare, o comunque limitare alle obbligazioni subordinate. La situazione è però destinata a modificarsi.

Nuova gerarchia delle passività

Il Tlac richiede che sia definito un chiaro ordine di subordinazione tra tutte le passività in essa ricomprese. Inoltre, sempre da gennaio 2019, entrerà in vigore la preferenza anche dei depositi delle grandi imprese sulle altre passività chirografarie, sulla base dell’applicazione del principio di preferenza estesa per i depositi disciplinata dal Dlgs 181/2015. Si ridurrà di conseguenza la quantità delle passività eleggibili dopo i bond subordinati, ma prima dei depositi.

Un’altra novità che si sta delineando in sede UE (e che estende anche agli altri paesi membri la normativa già in vigore in Francia) è quella legata alla possibilità da parte delle banche di emettere un nuovo strumento di debito, chiamato senior non-preferred, che, nel rispetto di determinate caratteristiche, sia posto nella gerarchia delle passività ammissibili al bail-in in grado di assorbire le perdite prima di intaccare gli altri crediti chirografari. Dal 2019, la nuova gerarchia delle passività ammissibili dovrebbe perciò essere quella indicata in figura 2.

Figura 2

Il nuovo strumento è in grado di incrementare il passivo bancario eleggibile ai fini Tlac e Mrel secondo un preciso grado di subordinazione, favorendo pertanto una più ordinata risoluzione della eventuale crisi bancaria. Vi sono però una serie di considerazioni da fare.

Il rischio sistemico, e quindi il contagio verso altre banche, può esser ridotto durante la risoluzione se le passività ammissibili sono detenute entro precisi (e bassi) limiti dalle altre banche. Allo stesso modo, è importante che tali strumenti non siano collocati verso la clientela retail. Il privato che si è visto azzerare il valore delle obbligazioni della banca di cui è cliente difficilmente manterrà la stessa fiducia nel detenere i propri risparmi sotto altre forme nello stesso istituto. Sono pertanto strumenti che, per poter funzionare pienamente, debbono essere destinati a una clientela istituzionale non bancaria.

Viene da chiedersi quanto sia ampio questo tipo di clientela nel mercato finanziario italiano e se sia disponibile ad assorbire questi strumenti. Se andiamo a vedere i bilanci al 31.12 dello scorso anno delle principali banche italiane, ipotizzando livelli differenziati di Mrel in funzione della loro rilevanza (in linea con Tlac per le banche sistemiche, inferiore per quelle non sistemiche), si nota come solo per esse l’impegno possa essere superiore ai 30 miliardi di euro (figura 3).

Figura 3

Nota: Requisito Mrel stimato al 16 per cento del Rwa per le cinque principali banche italiane e al 14,1 per cento per le altre banche non sistemiche (seguendo l’approccio Eba Mrel=Loss absorption + Recapitalisation x 50%). Cbr – Combined Buffer Requirement che comprende 2,5 per cento Capital Conservation Buffer, 1 per cento counter-cyclical buffer e 1 per cento Global Systemically Important Institution Buffer solo per le banche di più grandi dimensioni. Elaborazione su dati di bilancio ufficiali al 31.12.2016. Per Unicredit si è considerato il recente aumento di capitale come interamente aggiuntivo al Cet1, per Gruppo Bpm i coefficienti sono ricavati aggregando i dati del bilancio 2016 di Bpm (Other OTC: BPMI - notizie) con quelli di Banco Popolare (Amsterdam: PB8.AS - notizie) .

Non abbassare la guardia

La direzione intrapresa, volta a richiedere alle banche una maggiore patrimonializzazione, una maggiore capacità di resistere agli shock, non può che esser vista con favore. Ma non può far dimenticare i presupposti sui quali si basano tutti questi requisiti. Così come avviene nel caso dei periodici stress test, si fondano su valutazioni statiche, che non prendono in considerazione la velocità con la quale i capitali si muovono, le asimmetrie informative presenti sul mercato tra le varie classi di investitori e soprattutto le dimensioni dei rischi nascosti nei bilanci.

Il soddisfacimento dei nuovi requisiti Tlac e Mrel non deve portare a un “falso senso di sicurezza”, relativo al fatto che le banche siano finalmente in grado di far fronte con le proprie forze alle nuove crisi e che l’intervento pubblico non sia più necessario per evitare quelle sistemiche.

Potrebbe essere interessante ricordare come, nel marzo 2008, Lehman Brothers avesse un total capital ratio di poco superiore al 16 per cento. Avrebbe soddisfatto con i soli strumenti di capitale il nuovo requisito minimo Tlac stabilito per il 2019.

Di Francesco Lenzi

Autore: La Voce Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online