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“Oligarchi. Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia”. HuffPost pubblica uno stralcio

Oligarchi (Photo: Laterza)
Oligarchi (Photo: Laterza)

E’ arrivato in libreria “Oligarchi. Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia” di Jacopo Iacoboni e Gianluca Paolucci, Laterza editori. Il libro ricostruisce il “grande gioco russo” nel nostro Paese in una zona grigia fatta di servizi segreti, dark money e politica.

Pubblichiamo uno stralcio.

Il nuovo re di Siena si chiama Igor Bidilo. È un petroliere kazako con una ricca collezione di passaporti in tasca e dice di aver scelto Siena perché «è uno dei pochi paradisi rimasti». Lui di paradisi se ne intende. Fiscali, soprattutto.

Siena, piazza del Campo, 7 novembre 2020. In piena seconda ondata della pandemia di Covid-19 e a poche ore dalla dichiarazione della Toscana zona rossa si inaugura un nuovo locale nel luogo simbolo della città ormai senza turisti. Enoteca, bar, ristorante, settecento metri quadri di superficie su due piani, sei vetrine sulla piazza e trecento posti a sedere. Grande investimento, promesse di posti di lavoro e una bella iniezione di fiducia in tempi cupi. Il proprietario di Scudieri 1939 – il nome del nuovo locale – è appunto Igor Bidilo. Dopo questa apertura, dei sedici bar e ristoranti che si affacciano sulla piazza, undici fanno capo alla Sielna spa, ovvero a lui. Nato in Kazakhstan, con ottimi affari in Russia, un passaporto cipriota e un visto comunitario acquisito anni prima in Estonia, Bidilo – un patrimonio personale stimato tra i cinquecento milioni e il miliardo di euro – è diventato il re di Siena comprando bar, ristoranti, immobili, la storica pasticceria Nannini (uno dei simboli della città, fondata dalla famiglia della popstar italiana Gianna e del pilota automobilistico Alessandro), una tenuta alle porte della città. Con proprietà e interessi anche a Firenze – è suo lo storico caffè Giubbe Rosse –, Milano e Roma, Bidilo è la dimostrazione di come i soldi (tanti) e gli amici giusti possano aprire tutte le porte. Specialmente in Italia. Senza che nessuno si faccia troppe domande sulla provenienza di quei soldi. Tanto meno se quei soldi possono avvicinare, o addirittura influenzare, anche la politica italiana della stagione nazional-populista. La città, Siena, è quella del “groviglio armonioso”, del rapporto incestuoso tra politica – soprattutto di sinistra – e finanza, che la crisi del Monte dei Paschi ha lasciato priva di padroni.

Per capire dobbiamo fare un passo indietro. Roma, 29 gennaio 2018. Il Movimento 5 stelle – il partito fondato da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo, ma in quel momento retto dal patto (ancora ferreo, poi si romperà) tra il figlio di Casaleggio, Davide, e Luigi Di Maio – presenta i candidati dei collegi uninominali per le elezioni politiche del marzo successivo. È chiaro a tutti che il Movimento sta per decollare e vincerà le elezioni: c’è solo da capire di quanto, le vincerà. Quel giorno è stato organizzato uno show all’americana, in diretta su Facebook, fortemente voluto dai vertici del partito sulla piattaforma di Mark Zuckerberg, assai amica per il partito creato da Casaleggio: proclami e dichiarazioni di fuoco contro la casta, i partiti, il malcostume della politica da «spazzare via». Le promesse di rinnovamento risuonano roboanti, i sondaggi appaiono talmente promettenti e quasi incredibili che in quel momento tutti in Italia vogliono salire sul carro grillino.

Almeno, tutti quelli dotati di senso del tempo e opportunismo.
C’è la fila, davanti alla porta di Davide Casaleggio e Luigi Di Maio: si sa che riuscire a farsela aprire significa staccare un biglietto ultraveloce verso la vittoria elettorale e il potere a Roma. Nomine nelle società partecipate, possibili business nella pubblica amministrazione, o direttamente carriere in una politica sempre più sfilacciata e allo sbando, dunque permeabile a interessi e gruppi di potere esterni, o appaltabile direttamente a pezzi di apparati. L’happening grillino ricorda davvero tante convention del passato, se non fosse per l’eccezione che stavolta sono Facebook e i social network, non la tv, a irradiare il tutto. Il capo politico Di Maio chiama, uno alla volta, i «campioni» del Movimento sul palco. Tra questi c’è anche Salvatore Caiata, imprenditore nel settore del turismo e della ristorazione, lucano ma da anni stabilitosi a Siena. È capolista per i grillini alla Camera, nel collegio di Potenza, un posto che definire blindato è poco, nella città della quale è originario nonché presidente della locale squadra di calcio. Attenzione: Caiata fa parte del pacchetto direttamente calato dai vertici del partito nell’uninominale, non deve neanche passare dalle cosiddette elezioni online. Com’è arrivato a ottenere questo? E soprattutto, perché?

Il fatto certo è che il 23 febbraio, nel cuore di una campagna elettorale sempre più accesa, i giornali rivelano che Caiata è indagato dalla Procura di Siena per riciclaggio. L’imprenditore, da tempo a conoscenza dell’indagine a suo carico, viene espulso dal Movimento di Grillo (con la motivazione che non aveva informato dell’avviso di garanzia ricevuto mesi prima), ma ormai è troppo tardi per toglierlo dalle liste: viene eletto comunque poiché, come si diceva, godeva di una posizione blindata, in cui avrebbe vinto chiunque si fosse presentato col simbolo del Movimento. Si iscrive al gruppo misto, poi passa a Fratelli d’Italia e diventa il coordinatore regionale per la Basilicata del partito di Giorgia Meloni.

L’indagine su Caiata per riciclaggio viene archiviata nell’agosto del 2018. Prosegue invece, in grande riservatezza, quella a carico del suo ex socio. Igor Bidilo, appunto. I rapporti tra i due nascono nel 2015, quando l’imprenditore kazako cerca un rilevante affare immobiliare nei dintorni di Siena e s’imbatte in Santa Colomba, una vasta proprietà poco fuori dalle mura, immersa nei boschi tra le colline che circondano la città del Palio. Il proprietario è appunto Caiata, il futuro candidato paracadutato in Parlamento dai capi del Movimento. Bidilo compra, Caiata vende e i due iniziano a fare affari insieme nel settore della ristorazione, dove Caiata è già impegnato. Il nuovo socio può però portare capitali freschi e garantire l’espansione delle attività. Caiata, arrivato a Siena da Potenza come studente di economia che arrotondava il mese facendo il cameriere, ha grandi ambizioni. Guarda anche alla politica, e per un periodo milita in Forza Italia. Poi aggancia il Movimento, ai suoi livelli più alti. Mentre vende la tenuta in campagna a Bidilo, cerca un trampolino di lancio comprando una squadra di calcio. Ci prova anche con il Siena, ma gli va male. Per fare il salto ha bisogno di capitali da investire. Bidilo invece ha poca voglia di apparire ma tanti soldi da far fruttare. Un matrimonio perfetto.
(…)

La fortuna di Bidilo nasce in Russia. Ma per arrivare a Siena compie giri tortuosi. All’inizio dello scorso decennio una oscura società con sede nelle Isole Vergini Britanniche, Somitekno, si aggiudica una serie di contratti miliardari per l’esportazione di petrolio e derivati con Bashneft. È la società petrolifera statale della Baschiria, repubblica autonoma russa ricca di risorse naturali e allora saldamente in mano a Murtaza Rakhimov, presi dente dal 1993 al 2010. L’importanza di Bashneft nel gioco del potere russo emergerà ancora, nella storia degli oligarchi russi in Italia, perché incrocia potentemente la storia di Igor Sechin, che ritroveremo più avanti. Qui basti sapere che prima di Somitekno c’era un’altra società, la Atek, anche questa riconducibile a Bidilo e al fratello Evgeny, in affari con la società petrolifera russa. Particolare importante: un articolo del 2012 di una testata russa specializzata nell’oil & gas, Energo-news.ru, riferisce della vicinanza dei fratelli Bidilo a Ural Rakhimov, il figlio di Murtaza. Attraverso la società Cind Holding – basata a Cipro, ancora una volta Cipro – i Bidilo controllavano la Baltic International, una società di Tallinn, capitale dell’Estonia, che si occupava di import-export di prodotti petroliferi, ovviamente. Nell’anno dei maxicontratti di Bashneft a Somitekno, la Baltic International dei Bidilo è il principale esportatore della piccola repubblica sul Baltico. Dai bilanci della società di Tallinn, che abbiamo potuto esaminare, emerge un particolare significativo: il 98 per cento del fatturato viene esportato verso le Isole Vergini Britanniche. Poi, quando Bashneft finisce alla Rosneft di Sechin, evidentemente finisce anche il gioco e nel 2015 la Baltic International viene messa in liquidazione. Ma i soldi dove sono andati? Di sicuro, e tanto, in paesi europei.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.