Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • Dow Jones

    39.829,06
    +68,98 (+0,17%)
     
  • Nasdaq

    16.390,21
    -9,31 (-0,06%)
     
  • Nikkei 225

    40.168,07
    -594,66 (-1,46%)
     
  • EUR/USD

    1,0791
    -0,0039 (-0,36%)
     
  • Bitcoin EUR

    65.652,59
    +2.038,78 (+3,20%)
     
  • CMC Crypto 200

    885,54
    0,00 (0,00%)
     
  • HANG SENG

    16.541,42
    +148,58 (+0,91%)
     
  • S&P 500

    5.258,15
    +9,66 (+0,18%)
     

Ottimismo sulle decisioni Opec. Ma non tutti sono d'accordo

Che le cose si stessero muovendo lo si era capito già dalla prima mattinata, ovvero proprio quando, dall’Asia, il Wti ha toccato in Asia i massimi negli ultimi 19 mesi salendo dell’1,16% e arrivando a superare, seppur di 1 solo centesimo, i 54 dollari al barile mentre il Brent è arrivato a 56,28 dollari.

I motivi dell'ottimismo

Alla base della risalita, le notizie provenienti dall’Opec che, per voce del segretario generale Mohammad Barkindo ha confermato come il tasso di adesione dei paesi membri all’accordo sulla riduzione dell’otput sia visto in aumento e quindi oltre l’attuale quota del 90%. Il patto, sancito alla fine dell’anno scorso, prevedeva un taglio complessivo di 1,8 milioni di barili, taglio che coinvolgeva non solo gli 11 paesi membri dell’organizzazione, ma anche i potenti rappresentanti esterni, in primis la Russia alla quale erano delegati tagli per circa 600mila barili. La sua durata era stata fissata non oltre i 6 mesi ma voci sempre più insistenti parlano di una sua prossima revisione già alla prossima riunione Opec, prevista a maggio. Un aumento dell’adesione ai tagli porterebbe quindi al raggiungimento del calo del 2% della produzione il quale, a sua volta, potrebbe ricreare un equilibrio della domanda e dell’offerta mondiale già alla fine dell’anno. Ma se da un lato l’ottimismo continua a salire facendo registrare livelli record tra gli operatori, dall’altra le quotazioni, per quanto in aumento, non sembrano rispondere con altrettanto entusiasmo.

Resta ancora qualche dubbio sul futuro

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

Stando alle indagini promosse da Bloomberg, la risposta si trova non tanto nell’aumento delle posizioni long, quanto nel fatto di un vero e proprio riequilibrio del mercato inteso come domanda e offerta. E questo non può essere raggiunto se non con l’osservanza scrupolosa dei dettami dell’accordo Opec. Ma il timore è che questo non sia sufficiente. A far paura, infatti, sono le cifre in arrivo dagli usa dove le scorte di greggio al 10 febbraio scorso sono salite del 9,6%, 518 milioni di barili, nuovo record storico. In crescita anche i siti estrattivi attivi arrivati, venerdì scorso, a 597 unità (+184 se confrontati con la stessa settimana del 2016). Numeri che non solo segnano una crescita costante, ma che aumentano le attese e le pretese sull’Opec, unico ago della bilancia che però, vista la produzione in aumento dagli Usa e il conseguente mercato occupato da Washington, potrebbe dimostrarsi nuovamente diviso sul da farsi. Ancora di più visto che i vincoli, anche ambientali, per dar vita a nuove attività estrattive, sono sulla strada della cancellazione. Ma, come sottolineano da Bloomberg, il possibile crollo delle quotazioni, che non è escluso possa toccare quota 30 dollari al barile, permetterebbe l’attuazione delle politiche di investimento di Trump senza dover far esplodere più di tanto il debito Usa viso il rallentamento consequenziale della normalizzazione dei tassi di interesse americani.

Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online