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Ritardi nei pagamenti: le nuove disposizioni

Le norme contro i cattivi pagatori sono in vigore dal 1° gennaio 2013. Intervista a Cesare Fumagalli di Confartigianato

Svolta importante per i rapporti tra pubblica amministrazione e aziende private: il cambiamento arriva con l’introduzione della norma che fissa a 30 giorni il termine ordinario per saldare le fatture nelle transazioni commerciali tra enti pubblici e aziende private e tra imprese private. Un indirizzo nuovo che si applica a tutti i settori produttivi inclusi i lavori pubblici, decisivo in un momento drammatico per le imprese.

Le nuove regole, in attuazione della direttiva europea n.7 del 2011, non hanno effetto retroattivo e si applicano alle transazioni concluse successivamente al primo gennaio 2013. Il cambiamento però è importante, soprattutto le aziende che lavorano alla progettazione e all’esecuzione di opere ed edifici pubblici,  e che soffrono molto il fenomeno del ritardo dei pagamenti. Ma non è certo l’unico segmento della piccola e media impresa a soffrire: un rapporto di Confartigianato rivela che la Pa ha impiegato in media, nel 2012, 193 giorni per pagare le imprese fornitrici di beni e servizi.

Yahoo! Finanza ha intervistato, in merito, il segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli: l’ente federale ha promosso, dallo scorso 31 gennaio, l’Osservatorio sui pagamenti, per vigilare sul rispetto della norma e per fornire informazioni, consulenze e una ribalta efficace per segnalare ritardi e mancate applicazioni. Inoltre, una sezione dell’Osservatorio è dedicata allo strumento della certificazione dei crediti accumulati dagli imprenditori prima dell’entrata in vigore della nuova legge.

Segretario, in che modo la nuova disciplina sui tempi di pagamento può aiutare a superare la criticità dei ritardi che penalizza il sistema economico nazionale?
“L’Italia ha recepito con leggero anticipo la direttiva ma va benissimo, essendo il momento drammatico per le imprese: tutto quello che non viene pagato da soggetti pubblici e privati a un’impresa che ha fornito un bene o un servizio diventano quattrini che mancano nel ciclo economico delle aziende e bisogna, con difficoltà, andare a prenderseli in banca. La portata del cambiamento per il sistema delle piccole imprese è grande, dato l’incrocio congiunturale: in una situazione di sostanziale stretta del credito, significa disporre di un circolante con tempi drasticamente abbreviati. Abbiamo documentato come ormai il tempo medio di pagamento dalla pubblica amministrazione alle imprese private sia salito negli ultimi anni oltre i 190 giorni. Pagare a 30 giorni, a 60, significa drastica riduzione del fabbisogno. La pubblica amministrazione spende circa 160-170 miliardi all’anno per l’acquisto di beni, servizi, investimenti fissi: è facile capire come un’anticipazione di 150 giorni su questi tempi per una massa di soldi tale si traduca in un evidente vantaggio subito, una delle possibili scosse per far ripartire l’economia”.

La direttiva recepita è più estensiva per quanto riguarda gli ambiti di applicazione? Qual è invece il cambiamento sostanziale di questo dispositivo rispetto alla direttiva precedente?

“La precedente regola, che pure celebrava il termine dei 30 giorni, e anzi, addirittura senza la derogabilità a 60 per alcuni casi, aveva un 'piccolo difetto': non c’era sanzione sostanziale. Con la nuova normativa, passato il termine, è automatica la messa in mora, e da quel momento scattano gli interessi, considerevoli, (tasso Bce + 8%), senza ricorrere in tribunale”.

Quali settori trarranno più giovamento dall'applicazione del nuovo indirizzo nella congiuntura attuale?
“La normativa intanto si applica anche ai lavori pubblici e non solo alla fornitura di beni e servizi. Quindi, tutte le tipologie contrattuali rientrano nel nuovo dispositivo: è un punto fondamentale. Magari fossero 60 giorni effettivi. Nel caso del settore della Sanità, abbiamo punte di ritardo di quasi 800 giorni con le Asl in Calabria, Molise; 660 giorni in Campania, 400 giorni nel Lazio; l’obiettivo è ridurre da tre a due cifre i giorni necessari per pagare. C’è la sanità, il comparto dell’edilizia, delle manutenzioni. Di grande portata è l’innovazione dei rapporti b2b che restano liberi nella pattuizione ma con una derogabilità non assoluta”.



L'Osservatorio di Confartigianato vigilerà sul rispetto della normativa: è alto il rischio che la norma sia disattesa? Per motivi di congiuntura economica oppure per il classico atteggiamento italiano di non applicare le norme anche se ci sono?
“Abbiamo costituito l’osservatorio per il timore che, fatta la legge, non sia immediatamente applicata. Non sono mancate, in passato, le scottature, come nel caso della legge, del 98’, che regolava i termini di pagamento tra imprese di subfornitura e imprese committenti. Non essendoci sanzioni, la legge non è stata rispettata. Spesso i rapporti di forza rendono possibile il rischio che se l’azienda non si adegua ai tempi di pagamento, resta fuori dalla domanda. Da qui l’esigenza di un soggetto, come quello di Confartigianato, che ha le spalle larghe per tutelare i 'Piccoli' che rischiano di essere trascinati in un rapporto di subalternità con i committenti”

Una sezione dell'Osservatorio è dedicata allo strumento della certificazione dei crediti accumulati dagli imprenditori prima dell'entrata in vigore della nuova legge, che però non è retroattiva: come si arriverà a sanare la situazione di coloro che fanno riferimento alla norma precedente?

“Le nuove regole valgono per le transazioni e i rapporti in essere dal primo gennaio 2013. Poi, c’è una massa di 79 miliardi, stando all’ultima contabilità ufficiale, precedentemente cumulata. La ricertificazione è un passaggio per arrivare, di fatto, a un sistema mediato che sia quello di un’anticipazione da parte di un soggetto bancario. Per la contabilità pubblica nazionale la diretta emersione di questo ingente debito peserebbe su tutti i conti pubblici, dato il vincolo che abbiamo da perseguire: conseguire nel 2013 il pareggio di bilancio. E’ meno facile che non partire con regole nuove, ma il cumulato è ingente. Noi cercheremo di fare tutto il possibile, facendo da tramite tra banche, imprese e Pa, affinché si riduca questo debito. Sono debiti che, una volta certificati, con l’accordo fatto con l’Associazione bancaria italiana, dovrebbero progressivamente essere pagati con la forma dell’anticipazione. Inoltre, insisteremo, col prossimo Parlamento, per introdurre una norma di compensazione assoluta fra debiti e crediti: ovvero, se io sono fornitore di un bene, di un servizio con la Pa, per diecimila euro e devo pagarne 5mila di imposte a qualsiasi titolo, la possibilità che ne versi solo 5mila di differenza”.


Quanto ci costano i ritardi di pagamento in termini di mancata crescita economica?
“Stimiamo che il ritardo con cui la Pa. salda i debiti, rispetto ai 30 giorni stabiliti, costa alle aziende 2,5 miliardi di maggiori oneri finanziari. Più difficili da stimare sono i danni in termine di mancata crescita: quando il sistema entra in anomalia, la concatenazione che si crea è perversa. Sono dinamiche che incidono in termini di mancato investimento da parte della Pa in nuove opere, in termini di mancato equilibrio per le aziende: non possono partecipare a una nuova gara perché non hanno “ossigeno”. Sono distorsioni create anche dal mercato: i piccoli hanno meno “polmone” rispetto ai grandi in termini anche di credito da parte delle banche”.