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Paradosso green: i mezzi meno inquinanti a rischio stop, salvi quelli più nocivi

AdBlue (Photo: Getty&HP)
AdBlue (Photo: Getty&HP)

Il paradosso, mentre si fa un gran parlare di taglio delle emissioni e di neutralità climatica, è lampante: i mezzi pesanti più inquinanti liberi di circolare, quelli “green” bloccati nei piazzali. È lo scenario che si prospetta al mondo dell’autotrasporto alle prese con un’ennesima carenza nelle forniture, quella di AdBlue. Si tratta di un additivo liquido iniettato nei camion (ma non solo, anche in altri veicoli a diesel come auto, autobus, trattori a uso agricolo) che, agendo dopo la combustione, ripulisce i fumi azzerando quasi del tutto le emissioni inquinanti. “Siamo davvero all’assurdo”, dice all’HuffPost Diego Pasero, presidente di AstraCuneo (Fedit Confetra) e imprenditore di una cooperativa di autotrasporto composta da 25 soci e oltre 65 mezzi pesanti, “ci hanno invogliato ad ammodernare il parco mezzi, a rinnovare la flotta per ridurre il nostro impatto sull’ambiente, e ora corriamo il rischio di dover fermare i nostri mezzi, mentre quelli più nocivi continuano a circolare in modo indisturbato”.

Il caso dell’AdBlue è emblematico di come la carenza di una singola fornitura sia fortemente legata e possa ripercuotersi su tante altre. Il più classico effetto domino. Il problema nasce dalla carenza di gas che nelle ultime settimane, com’è noto, ha visto salire il suo costo alle stelle. A inizio mese a causa dei prezzi insostenibili del metano, un’azienda della pianura Padana, la Yara, ha annunciato un blocco dello stabilimento per quattro settimane consecutive. Gli impianti di Ferrara della Yara producono circa il 60% del mercato nazionale di ammoniaca e l’AdBlue non è altro che un liquido fatto da urea tecnica, un composto derivato appunto dall’ammoniaca, impiegato nei veicoli Euro 5 e Euro 6 per abbattere le emissioni di ossidi di azoto dei mezzi a gasolio. Col fermo delle attivitià alla Yara, in altre parole, si è bloccata anche la produzione dell’additivo, che ora inizia davvero a scarseggiare. “Ormai lavoriamo nella totale incertezza, e non sappiamo se il giorno dopo i nostri mezzi potranno uscire”, lamenta Pasero. “Poche sere fa avevamo finalmente in consegna l’additivo dopo giorni di continui rinvii, e alla fine il distributore non l’ha consegnato. Erano arrivati cinque mezzi per il rifornimento, e sono dovuti restare in piazzale tutta la notte. Ma anche oggi è lo stesso: questa mattina aspettavo tremila litri di AdBlue, e me ne hanno portati solo duemila. Gli altri, chissà quando me li daranno”.

Senza questo additivo “green” i mezzi pesanti non possono uscire in strada: se non ce n’è nel serbatoio, la centralina del tir segnala subito l’anomalia e il motore semplicemente non funziona a pieno ritmo. “Oggi quasi il 70% dei mezzi in circolazione delle aziende di autotrasporto usano l’AdBlue. Da anni ci hanno spinto a rinnovare le flotte e a renderle più sostenibili per l’ambiente e gran parte di noi imprenditori lo ha fatto. Ma ora, se il Governo non fa nulla, rischiamo di restare beffati”. Anche perché oltre a essere introvabile, quello che si rimedia ha prezzi esorbitanti, più che raddoppiati rispetto a un anno fa, e che si aggiungono al caro prezzi dei carburanti che si sta verificando già da diverse settimane. Se prima l’AdBlue costava 25 centesimi al litro, ora tocca gli 80 centesimi e in alcuni casi con punte fino a un euro per litro.

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I mezzi pesanti Diesel Euro 5 e 6 in Italia sono più di un milione e mezzo, di cui oltre 300mila con una portata superiore a 35 quintali. In altre parole, se non si risolve alla svelta la carenza di AdBlue l’autotrasporto rischia seriamente di fermarsi. “Gli autotrasportatori, soprattutto quelli più sensibili che hanno investito in mezzi molto meno inquinanti, si chiedono cosa aspetti il Governo ad intervenire perché venga scongiurata la crisi dei rifornimenti, venga fermata la corsa al rialzo del costo dell’AdBlue intervenendo anche decisamente sulla riapertura dello stabilimento di Ferrara”, si legge in una nota di Confetra che due settimane fa aveva già fatto presente al Mims le difficoltà del settore. “Non si può davvero pensare che si chieda alle aziende di investire sul Green per poi rimanere inerti di fronte al deteriorarsi della situazione”.

Giovedì anche Conftrasporto ha inviato una lettera al ministro Enrico Giovannini: “Se la tendenza fosse confermata il rischio concreto, nel caso estremo, è che i mezzi più virtuosi dal punto di vista ambientale (euro 5 e euro6) sarebbero costretti a fermarsi non rispettando più i limiti imposti dalle norme in termini di inquinamento, con evidenti ripercussioni sul sistema dei trasporti e su quello economico nel suo complesso”, ha avvertito Conftrasporto. Per Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito, “le scorte di Adblue si stanno rapidamente esaurendo” dando luogo a “fenomeni di accaparramento di prodotto, di speculazione. Intanto il costo è balzato da 250 euro a 500 euro per mille litri”. Con un potenziale effetto boomerang: “Chi non ha cambiato camion e si è tenuto in flotta i vecchissimi e inquinanti euro 0-1-2-3-4 si ritrova, a breve, a godere di una posizione di vantaggio competitivo. Mentre chi ha investito su mezzi a metano si trova con un costo di oltre 2 euro/litro senza la possibilità di recuperare una parte delle accise. Il fermo dei mezzi più moderni, renderà obbligatorio l’utilizzo dei Tir vecchi, con una esplosione di prezzi gonfiati e con un incremento record delle emissioni”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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