Annuncio pubblicitario
Italia markets open in 2 hours 6 minutes
  • Dow Jones

    38.790,43
    +75,63 (+0,20%)
     
  • Nasdaq

    16.103,45
    +130,25 (+0,82%)
     
  • Nikkei 225

    39.949,10
    +208,70 (+0,53%)
     
  • EUR/USD

    1,0866
    -0,0011 (-0,10%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.814,52
    -3.432,93 (-5,43%)
     
  • CMC Crypto 200

    885,54
    0,00 (0,00%)
     
  • HANG SENG

    16.557,46
    -179,64 (-1,07%)
     
  • S&P 500

    5.149,42
    +32,33 (+0,63%)
     

Pasta e baguette, quando in crisi va la tradizione

Anche le abitudini storiche cambiano, ma forse è solo "colpa" del mercato

Baguette

Baguette e pasta in crisi di identità? Certamente in calo di appeal nei Paesi di origine. Inutile negare che la Storia di una nazione passa anche dalla tavola, e dagli alimenti che più tradizionalmente ne connotano il quotidiano, e, in senso lato, l'immaginario. Ma come rivelato nei mesi scorsi, nessun baluardo è al sicuro dai cambiamenti dettati dalla crisi o dalle svolte socio-generazionali. In Francia ad esempio, le vendite del filoncino sono diminuite negli ultimi dieci anni, e ormai metà della popolazione lo snobba, e mai lo mangerebbe due volte al giorno.

Secondo l'Osservatorio del pane, se all'inizio del 1900 si consumavano quotidianamente 900 grammi di pane per persona, nel 2003 si era già in picchiata, a 143 grammi. Nel 2010 a 129 grammi, ovvero mezza baguette. Negozi in crisi, quindi, e campagne pubblicitarie nelle metropolitane e nelle strade per rilanciare il prodotto. In Italia, invece, è in ribasso la pasta: ancora nel 1999 una famiglia italiana comprava in media, ogni anno, 42,9 chili di pasta. Nel 2005 siamo scesi sotto quota 40; l'abbattimento della soglia dei 30 è vicina. I mutati stili di vita mettono in discussione un alimento che per anni ha rappresentato l'Italia oltre i confini, grazie a un mix vincente di valori, come bontà nutrizionale, facilità di preparazione, costo equo.

Ma anche le valenze simboliche non mancano: è un cibo che unisce le persone e che crea continuità generazionale. Come scrive  Agnese Portincasa in La pasta come stereotipo della cucina italiana, su Storicamente, in alcuni passaggi "il maccarone non è, in questo senso, semplice alimento, ma diventa oggetto, oggetto-merce se vogliamo essere più esatti, su cui è possibile innestare una vasta operazione di identificazione nazionale". Ma è ancora così? Francesi e italiani hanno semplicemente cambiato gusti, come è legittimo, o stanno conducendo un processo più vasto di rottura di un modello tradizionale di consumo, almeno nelle fasce più giovani della popolazione?

Lo abbiamo chiesto a Italo Piccoli, docente di sociologia dei consumi presso la facoltà di Economia, nell'ateneo milanese dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Secondo l'accademico "più che di crisi dei consumi, parlerei di mutate abitudini alimentari. Andando per ordine, c'è una diminuzione del consumo di cibo, perché c'è molta più attenzione a quello che si compra, per evitare gli sprechi, e questo è un fenomeno determinato dalla crisi. Gli sprechi continuano a essere alti ma sono diminuiti. Una delle spiegazione dei consumi al ribasso del pane è proprio questa: prima veniva buttato, adesso le persone fanno più attenzione. Ma non incide solo la crisi, ma anche una nuova sensibilità ecologica, non bisogna sprecare, bisogna essere sobri, prestare attenzione al cibo, alla naturalità dei prodotti. Un indicatore molto significativo è la crisi delle vendite degli ipermercati, mentre tengono i consumi dei supermercati di prossimità, considerando anche che la popolazione italiana invecchia e che molti italiani non hanno più automobile, hanno limiti di mobilità e magari essendo in pensione, avendo più tempo libero, fanno spesa giorno per giorno".

E sul fronte francese? " Prima in Francia c'era un unico pane. Adesso nelle panetterie ci sono diversi tipi di pane; prima avevano la baguette, così come in Italia c'era la michetta. Oggi c'è quello arabo, quello col sesamo, le panetterie sono diventate le nuove gioiellerie. Poi, sul piano del consumo, se ne mangia meno, perché c'è più attenzione alla linea", spiega Piccoli. Più scelta, insomma, sembra essere una delle chiavi di lettura, per un Paese, la Francia in cui però l'immaginario culinario, gastronomico, alimentare, è molto importante e va di pari passo con alcune pagine della storia nazionale.

Come sottolineato dal giornalista Serge July, uno dei fondatori del quotidiano Liberation, "per il prezzo della baguette i francesi hanno fatto rivoluzioni. La baguette quotidiana resta lo strumento di misura del consumo medio di una famiglia". La domanda è lecita: il consumatore che rifiuta un certo prodotto, rompe con una storia identitaria, culturale? Secondo Piccoli, bisogna  "lasciar perdere la tradizione, la cultura, la storia. A Milano chi mangia la michetta? In città si sta sempre più imponendo nei supermercati la baguette, che però è un pane industriale, che viene prodotto e poi scongelato dalle panetterie e piace molto proprio perché è croccante. Anche questo è il sintomo di un cambiamento, ma legato ai costi e ai processi di produzione. E' un pane fatto dall'industria e quindi costa meno". Aggiunge: "Certo che le abitudini sono cambiate, oggi gli uffici lavorano a tempo continuato, chi torna a casa a pranzare? Quando ero giovane e tornavo a casa dopo aver pranzato al bar, mia madre inorridiva".

La gente, insomma, ha altro a cui pensare che perpetuare le tradizioni secolari o i vecchi costumi, eppure in Francia McDonald's, che già aveva in menù panini "francesizzati", ha lanciato una sua versione della baguette jambon-fromage, ovvero prosciutto e formaggio, per ammiccare l'occhio al cliente sciovinista. Ma ai clienti interessa una versione siffatta del prodotto? Risponde Piccoli: "Sì, la gente è interessata a questo fenomeno. E' un processo che ha dieci anni e che è iniziato proprio per andare incontro ai gusti della gente che si sentiva minacciata dal modello unico proposto da certe catene. E quindi è iniziata la differenziazione dell'offerta, e per altro, questo modo di agire è partito proprio dalla Francia. E McDonald's ne è un esempio; dà la sua versione; inoltre, nei singoli punti vendita l'offerta è differenziata: ciò che si mangia al Mc Donald's in Porta Ticinese, non si mangia in Corso Vercelli".

Ma perché un francese dovrebbe mangiare in una catena americana un prodotto che può trovare in una boulangerie locale? "Sono due prodotti diversi. Certo, è la riproposizione di un prodotto locale ma globalizzato; quindi c'è un'interpretazione diversa della baguette, che è di fondo un pane, che può essere farcito. Se c'è il ketchup, puoi mettercelo". Se "ci si stanca anche della moglie", perché non ci si può stancare anche della baguette, dell'entrecote, altro prodotto che i francesi stanno abbandondo in favore dell'hamburger, in un Paese dove, nel 75% dei ristoranti tradizionali viene proposto un panino con burger nel menù? C'est la vie.