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Pay Tv, scontro Bolloré-Berlusconi, Vivendi rompe accordo e punta a Mediaset

di Giancarlo Navach

MILANO (Reuters) - Scontro a tutto campo fra Mediaset e Vivendi che adesso punta solo al 20% della pay tv del Biscione, confermando la scambio azionario incrociato del 3,5%, ma con l'obiettivo a 3 anni di arrivare al 15% della società di Cologno Monzese. Non ci sta la società che fa capo alla famiglia Berlusconi che parla di "palese contraddizione con gli impegni assunti da Vivendi mediante il contratto firmato lʼ8 aprile scorso". In effetti è singolare che poco più di tre mesi Vivendi abbia rivisto drasticamente la sua valutazione dell'asset Premium.

Dura anche la posizione del principale azionista Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi, che definisce il dietrofront "di eccezionale gravità", denuncia "l'assoluta scorrettezza del comportamento di Vivendi" e svela quello che sarebbe il vero obiettivo dei francesi: "Costituirsi in modo surrettizio e inaccettabile una posizione di estremo rilievo nell’azionariato di Mediaset".

Potrebbe non essere marginale la partita Telecom, di cui Vivendi controlla il 24,7% del capitale. Proprio oggi, l'AD del colosso transalpino, Arnaud De Puyfontaine, ha detto a Milano di non avere preclusioni su un potenziale futuro merger Mediaset-Telecom, anche se al momento non c'è niente sul tavolo.

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Una frase che sembra confermare i sospetti che aleggiano in casa Mediaset è cioè che la vera intenzione dei francesi era un'altra: "Arrivare al controllo di Mediaset, così com'è avvenuto con Telecom Italia", sottolinea una fonte vicina al dossier. Anche con Telecom i francesi hanno iniziato con una quota intorno a 8% e poi sono saliti a ridosso della soglia d'Opa, rastrellando azioni sul mercato.

Tesi avversata da de Puyfontaine, secondo cui Vivendi non vuole il controllo di Mediaset e non ha spostato il suo interesse da Premium.

Considerato che i francesi propongono di acquistare soltanto il 20% del capitale di Mediaset Premium e di arrivare a detenere in tre anni circa il 15% Mediaset attraverso un prestito obbligazionario convertibile da 500 milioni, questo comporterebbe che la quota di Fininvest (oggi al 34,7%) si diluirebbe intorno al 30%, facendo perdere alla holding della famiglia Berlusconi la minoranza di blocco nelle assemblea straordinarie. In altri termini, Berlusconi avrebbe bisogno di accordarsi con i francesi per mandare avanti l'azienda.

Da alcune settimane giravano indiscrezioni su difficoltà nel chiudere il deal fra Vivendi e Mediaset, che si sono poi intensificate dopo i conti del primo trimestre di Mediaset, lo scorso 10 maggio, gravati proprio dal rosso di Premium. Si parlava di una richiesta di forte sconto da parte dei francesi, sempre puntualmente smentite da parte Mediaset. La scorsa settimana, secondo quanto riferito da una fonte a Reuters, in un incontro fra Vincent Bolloré, Piersilvio e Marina Berlusconi il presidente di Vivendi ha comunicato che non ci sono le condizioni per l'acquisto di Premium al valore pattuito ad aprile.

In una nota diramata stamane Vivendi ha detto di essere in disaccordo con Mediaset sui risultati della pay tv, proponendo una nuova transazione e che una trattativa è in corso. Secca la smentita del Biscione che nega ci sia un negoziato.

A questo punto tutto fa pensare che si andrà per le vie legali e anche il Cda Mediaset giovedì prossimo, già convocato sui conti del secondo trimestre, si troverà ad affrontare il nuovo scenario emerso dalla controproposta di Vivendi, e dovrebbe respingere al mittente la nuova proposta. "Se i francesi non andranno verso più miti consigli si andrà per le vie legali", dice la fonte che parla di un probabile contenzioso che potrebbe sfiorare i 1,5 miliardi euro, se si considera il valore del deal ai prezzi di borsa dello scorso aprile intorno ai 900 milioni più l'eventuale richiesta di risarcimento danni.

Secondo la fonte, non è possibile cambiare radicalmente l'offerta vincolante "neanche per eventi straordinari". L'eventuale recesso era possibile entro lo scorso 15 maggio, ma solo al venire meno di tre condizioni: numero di abbonati alla pay tv e Arpu al 2015 non veritiero; reti senza i diritti di trasmissione e senza i diritti legati al calcio. Tutte condizioni, sottolinea la fonte, che Mediaset detiene.

Da parte sua il Biscione, di recente, ha contestato ai francesi alcune posizioni, "come la mancata comunicazione all'Antitrust europeo dell'acquisto di Premium, il mancato incontro con i vertici della Uefa per comunicare il change of control e la cosiddetta gestione interinale che imponeva ai vertici di Premium di prendere decisioni con Vivendi".

A una rottura non crede Carlo Alberto Carnevale, professor di Strategie allo Sda Bocconi di Milano: "Sono schermaglie e i francesi stanno cercando di fare un po' i furbi, ma non penso che si tratti di un divorzio precoce, piuttosto a scosse di assestamento di un'alleanza fatta un po' in fretta. Non ritengo che sia un punto di rottura".

Oggi, in Borsa, seduta difficile per Mediaset che sta perdendo il 7%, penalizzata dal dietrofront dei francesi. Secondo banca Akros, "la perdita di valore per Mediaset con un ingresso di Vivendi in Premium solo al 20% sarebbe di 340 milioni, pari all'11% della sua capitalizzazione".

--Ha collaborato Agnieszka Flak