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PD a pezzi. Sale il rischio Italia

La settimana centrale di febbraio ha visto ancora gli indici Usa fare la parte del leone, o, meglio, del Toro. E’ proseguito il rally rialzista generato dalla Trump-foria e gli indici hanno messo a segno un’altra collezione di massimi storici. Gli altri mercati azionari mondiali hanno faticato a reggere il ritmo. Anzi, se vogliamo dirla tutta, non ci sono proprio riusciti, fornendo accenni di debolezza nella parte finale della settimana in deciso contrasto con l’ottimismo americano.

Inutile ricordare ancora gli eccessi rialzisti che si vedono sui principali oscillatori che misurano la forza del movimento. Questi eccessi forniscono sempre una duplice lettura. La prima, che induce alla cautela, deriva dal raggiungimento di livelli anomali di confidenza rialzista, possibili solo se la grande maggioranza degli operatori la pensa su per giù allo stesso modo. Rivela pertanto la vulnerabilità degli operatori, che verrebbero colti di sorpresa da qualche evento imprevisto e farebbero scattare prese di beneficio. Ma nel contempo rivela anche una notevole fiducia nel futuro, che è l’humus adatto alla continuazione dei trend.

Pertanto in queste situazioni credo che l’atteggiamento giusto sia quello di non incrementare ulteriormente l’esposizione al rialzo, ma eventualmente approfittare della forza del mercato per alleggerire un pochino il portafoglio e preparare la liquidità per rientrare magari dopo una doverosa correzione, che il buon senso ci indica che non dovrebbe tardare molto.

Del resto, se è vero che ai mercati piacciono le promesse fiscali di Trump ed assai meno il furore protezionistico ed anti immigrati, dobbiamo osservare che il Presidente USA ha passato il week-end a far comizi sempre più rabbiosi contro l’immigrazione e contro la stampa che lui giudica quasi nella sua interezza ostile a lui e disonesta. Delle promesse fiscali non ha più parlato.

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Ma l’evento clou, che non mancherà di influire anche sui mercati nelle prossime settimane, per noi italiani è andato in scena ieri. Mi riferisco allo psicodramma del PD, che ha avuto la conclusione più prevedibile, anche se appare la più funesta per quel partito e densa di conseguenze negative per la stabilità del nostro paese e forse anche per l’appartenenza futura all’Eurozona.

Renzi ha tirato dritto cercando l’umiliazione e la successiva eliminazione della minoranza bersaniana. Ha varato un rapido congresso che dovrebbe nuovamente incoronarlo imperatore del partito e pronto alla battaglia elettorale per raccogliere i voti di quelli che hanno votato sì al recente referendum, spingendo così fuori la vecchia guardia che finora gli è stata d’inciampo. Il PD si trasforma nel Partito di Renzi, destinato a perdere quel poco di sinistra che ancora aveva. Come ha detto ieri Veltroni, dalle ceneri del PD, che lui aveva fondato unendo Margherita e DS, rinascono i fantasmi di queste due vecchie formazioni politiche. La ormai inevitabile scissione produrrà l’ennesimo aggregato di pulviscolo politico alla sinistra del Partito di Renzi, che sarà sempre più democristiano. La sinistra aggiungerà un’altra entità alle tante che già si contano, frutto di precedenti scissioni ed abbandoni. Tutte formazioni che non si capisce in che cosa si differenzino tra loro, mentre è molto chiaro ciò che le rende simili, cioè l’attaccamento all’orticello politico del capetto o leaderino di turno. Tutti questi partitini, se la legge elettorale prevederà il premio di maggioranza al partito, saranno destinati alla scomparsa politica. Se invece il Parlamento riuscirà a varare una legge elettorale con premio alla coalizione, saranno paradossalmente obbligati ad elemosinare un’alleanza con Renzi, dopo averlo osteggiato dall’interno.

Ma anche Renzi rischia grosso. Lui è convinto che tutti quelli che hanno votato sì al referendum non aspettino altro che riportarlo trionfalmente a Palazzo Chigi. E’ altrettanto convinto che la sinistra del partito, che se ne va, elettoralmente conti poco più di niente.

Secondo me il suo ego smisurato gli sta nuovamente annebbiando la vista, come a novembre gli impedì di vedere che sulla riforma elettorale gli italiani gli avevano voltato le spalle.

Ora si è preso il partito, senza più alcuna opposizione interna. Ma rischia di perdere le future elezioni. Oggi il M5S e la destra sovranista (Salvini e Meloni) escono rafforzati dal divorzio del PD. I mercati, che già stanno scontando i problemi di stabilità del nostro paese, raddoppiando lo spread BTP-Bund dopo il referendum, non potranno ignorare che il rischio di uscita del nostro paese dall’Eurozona oggi cresce.

E Gentiloni? Non è stata pronunciata, ma nella sala che ospitava l’Assemblea del PD ieri aleggiava la famosa frase: Paolo, stai sereno!

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online