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Pensione per liberi professionisti: a che età?

I più "fortunati" sono i giornalisti, che avranno la pensione a 65 anni. All'estremo opposto i notai: per loro pensione a 75 anni.

Professionista

E’ difficile scampare ad un ciclone che travolge tutto e tutti. Se poi non stiamo parlando di uno dei fenomeni atmosferici, che negli ultimi anni colpiscono con sempre maggiore frequenza l’Italia e il resto del mondo, ma della riforma Fornero sulle pensioni, riuscire a farla franca forse lo è ancora di più. Così anche i liberi professionisti, categoria in passato piuttosto tutelata nella sua particolarità, stanno subendo i numerosi cambiamenti in programma. Il nuovo sistema previdenziale, disegnato dall’attuale Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, infatti, ha modificato anche per loro i requisiti per abbandonare l’attività lavorativa. Così anche i liberi professionisti, in alcuni casi, si sono adeguati al passaggio dal sistema retributivo, che stabiliva l’importo dell’assegno previdenziale sulla media dei redditi degli ultimi 15 anni di lavoro, al contributivo, che, invece, viene calcolato sui contributi effettivamente versati. Soprattutto hanno dovuto accettare l’innalzamento dell’età anagrafica minima per poter accedere alla pensione. Se fino alla fine del 2011 i liberi professionisti potevano conquistarsi il diritto alla pensione di vecchiaia a 60 anni, dal primo gennaio 2012 devono aspettare la soglia dei 63 anni e 6 mesi. E il requisito minimo, valido per tutti, saranno i 20 anni di contribuzione.

I liberi professionisti, un esercito di oltre 2 milioni di persone in grado di produrre circa il 7 per cento del Pil italiano, si sono piegati anche ad altre drastiche novità del settore previdenziale. Ad esempio quella dell’adeguamento alla speranza di vita, un principio che permetterà di ricevere l’assegno pensionistico ben oltre i 66 anni, l’età della completa equiparazione tra uomini e donne prevista nel 2018. Con la necessità di adeguare l’abbandono dell’attività lavorativa all’aumento della vita media, infatti, in base ai dati forniti dall’Istat con cadenza triennale, è già sicuro che dal 2022 si andrà in pensione a 67 anni.

Ma, secondo gli esperti del settore, entro la metà di questo secolo è quasi certo che si arriverà a 70 anni. E, particolare non di poco conto, con un assegno che, nella maggior parte dei casi, sarà circa il 40-50 per cento dell’ultima retribuzione. Il 2012 sul fronte pensioni ha riservato altre sorprese per i liberi professionisti. Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, infatti, hanno dovuto assolvere al pagamento dei contributi soggettivi e integrativi. L’aumento sui redditi 2011 è stato rispettivamente tra lo 0,5 e l’1 per cento nel primo caso e tra il 2 e il 4 per cento nel secondo.

I cambiamenti dei limiti di età pensionabili sono piuttosto diversi a seconda delle singole professioni. Se i due estremi sono da una parte i notai, che riceveranno l’assegno previdenziali a 75 anni, e dall’altra i giornalisti, che dall’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) avranno la pensione a 65 anni, in mezzo i casi sono molti. Eccoli più nel dettaglio, come recentemente riportato dal quotidiano “Il Sole 24 Ore”.

Cassa forense
Per gli avvocati il limite massimo per andare in pensione è fissato ai 70 anni di età con un minimo di 35 anni contributivi. Il contributo soggettivo sarà del 15 per cento. Dal 2021 l’assegno sarà calcolato con un sistema retributivo misto sostenibile, cioè su tutta la vita lavorativa e con aliquota unica di rendimento adeguata in modo automatico alla speranza di vita.

Consulenti del lavoro
L’accesso alla pensione è consentito alla soglia dei 70 anni con 5 di contributi, mentre la pensione anticipata potrà essere ottenuta a 60 con 40 di contributi. L’assegno sarà calcolato con il sistema contributivo pro rata, cioè si utilizzerà il metodo retributivo fino al 31 dicembre 2011 e quello contributivo dal 1° gennaio 2012 fino alla quiescenza. Il contributo soggettivo è del 12 per cento su un reddito che varia tra un minimo di 17mila euro ed un massimo di 95mila euro.

Commercialisti
La pensione di vecchiaia scatta da 61 a 70 anni per gli iscritti prima del 2004, con un minimo di anni contributivi che va dai 25 ai 33. Per i professionisti iscritti a questa categoria dopo il 2004 si andrà in pensione invece a partire dai 62 anni con 5 anni di contributivi minimi. Il contributo soggettivo va da un minimo del 12 per cento ad un massimo del 100 per cento con un tetto di 170mila euro. L’assegno sarà misto per gli iscritti prima del 2004 e contributivo per gli altri.

Farmacisti
L’età pensionabile sale a 68 anni più l’aspettativa di vita. Il nuovo regime entrerà in vigore dal 1 gennaio 2013. Il contributo soggettivo è di 4.150 euro, da aggiornare con l’inflazione, e gli anni contributivi minimi sono 30.


Geometri
Dal 2019 la pensione è fissata a 67 anni con il pro rata e a 60 anni con il contributivo. Gli anni contributivi minimi dovranno essere 35 con un prelievo oggettivo tra il 15 ed il 5 per cento integrativo. Per i pro rata l’assegno sarà calcolato con il sistema contributivo, per gli altri con il retributivo.

Giornalisti
Potranno andare in pensione a 65 anni a partire dal 2012. Il contributo soggettivo è del 23,28 per cento per i dipendenti, dovranno versare 35 annualità contributive minime, mentre per i professionisti è del 10 per cento più il 2 per cento integrativo con 20 di contribuzione. Per i dipendenti l’assegno sarà calcolato con il contributivo corretto con le aliquote di rivalutazione che si riducono per i redditi più alti. I liberi professionisti invece riceveranno un assegno calcolato sul contributivo puro.

Ingegneri e architetti
L’età pensionabile è fissata ai 70 anni, il contributo soggettivo del 14,5 per cento e gli anni contributivi minimi dovranno essere 35. L’assegno sarà calcolato con un sistema contributivo a ripartizione , cioè i contributi versati ogni anno dai lavoratori attivi sono utilizzati per pagare le pensioni dei lavoratori a riposo.
Medici: dal  2018 potranno andare in pensione solo dopo aver raggiunto i 68 anni d’età. Il contributo soggettivo varia tra il 19,5 per cento ed il 33 per cento. Le annualità contributive minime sono di 35 anni con un minimo di 62 anni di età, di cui 30 passati dalla laurea. Dopo 42 anni di contributi cade il limite di età. L’assegno è calcolato con il sistema retributivo sui redditi di tutta la vita lavorativa.

Ragionieri
I nati dopo il 1 gennaio 1963 vedranno scattare la loro età pensionabile dopo i 68 anni e 40 anni di contributi versati. Il contributo soggettivo è del 15 per cento e l’assegno è calcolato con il sistema contributivo.

Notai

Vedranno scattare la loro pensione di vecchiaia a 75 anni e quella di anzianità a 67anni con 30 anni di esercizio effettivo della professione. Il contributo soggettivo è del 40 per cento del repertorio notarile. L’assegno è proporzionale agli anni di esercizio ed uguale per tutti i notai a parità di anzianità.
Veterinari: dal 2033 andranno in pensione a 68 anni, quella di anzianità scatta dai 62 anni in poi. Il contributo soggettivo è del 22 per cento e le annualità contributive minime sono di 35 anni. La pensione è calcolata con il sistema retributivo basato sulla media di 35 anni di redditi professionali.

Un capitolo a parte meritano le Casse previdenziali. Anche da questo punto di vista i liberi professionisti rischiano di pagare un pedaggio salato. Questi enti, privati ed autonomi dal 1994, infatti, hanno subito nel 2012 un doppio colpo alla loro gestione, che non riceve finanziamenti pubblici e può contare su un patrimonio, derivante dai contributi degli iscritti, di circa 50 miliardi di euro. Le Casse previdenziali, infatti, prima sono state definite amministrazione pubblica, seppur limitatamente alla materia della finanza pubblica. Questo consente allo Stato, in ossequio alla spending review, di prelevare il 5 per cento di risparmio della spesa e per il 2013 il 10 per cento. Poi una sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che le Casse previdenziali private dei professionisti restano nell’elenco Istat delle Pubbliche Amministrazioni. I giudici hanno motivato la loro decisione affermando che “la privatizzazione di tali enti ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza e assistenza svolta dalle Casse, che conservano una funzione strettamente correlata all’interesse pubblico, costituendo la privatizzazione una innovazione di carattere essenzialmente organizzativo”. L’Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati) ha già annunciato ricorso alla Consulta e alla Corte europea. Gli sviluppi della battaglia dei liberi professionisti e della Casse previdenziali, che hanno superato anche gli stress test voluti dal governo Monti sulla sostenibilità, sono ancora tutti da vedere.