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Pensione, quando pensarci

Qual è il momento migliore per pensare alla pensione (Fotolia)

Giovane, precario e con la prospettiva di…una pensione minima e in età avanzata. E’ il rischio che corrono molti under 35 italiani. Per loro avere una previdenza adeguata ad un tenore di vita accettabile potrebbe essere un miraggio. Il mondo del lavoro, infatti, richiede sempre più alle nuove leve un’estrema flessibilità, fatta di forme contrattuali a termine e di una carriera non lineare, avara di soddisfazioni professionali e di riconoscimenti economici.
Disoccupati, stagisti, interinali e cocopro sono le caselle più comuni in cui inquadrare un fenomeno sociale preoccupante e rilevante. Le conseguenze non si fanno sentire solo nell’immediato. La necessità assoluta di programmare un eterno presente spinge spesso i giovani a non pensare al proprio futuro in maniera costruttiva e lungimirante. Tanto più se si parla di pensioni, un tema percepito come complesso e dagli orizzonti davvero molto lontani.

Che la previdenza non sia tra le priorità degli under 35 italiani lo dicono anche i sondaggi. Secondo una recente indagine  sul rapporto tra italiani e lavoro, condotta dal patronato Inac, l’Istituto nazionale assistenza cittadini promosso dalla Cia, più del 75 per cento dei lavoratori italiani giovani “vede la pensione come un traguardo irraggiungibile, mentre il 5 per cento dice di non pensarci affatto e meno del 20 per cento dei giovani conosce strumenti di previdenza complementare”.
La sfiducia sull’argomento pensioni, del resto, è diffusa e generalizzata. A tutte le età e a tutti i livelli. I dati dello studio della Confederazione italiana degli agricoltori, infatti, rilevano che oltre il 50 per cento dei lavoratori di 60 anni si dichiara stanco e preoccupato per il proprio futuro. Il primo motivo di questo malessere diffuso è lo slittamento dell’età pensionabile che, nei prossimi anni, arriverà di sicuro a 67 anni e, poi, molto probabilmente, raggiungerà i 70.

E i risvolti si fanno sentire sul piano sociale e familiare. Non a caso più del 70 per cento dei lavoratori attivi, con un età compresa tra i 50 e i 60 anni, secondo l’indagine della Cia, ammette di offrire un grande sostegno economico ai figli e, sempre più spesso, ai nipoti. Una situazione che rischia di aggravarsi nei prossimi anni. La proiezione al 2052 del rapporto tra la popolazione in età da pensione e quella in età da lavoro prevede che circa il 60 per cento della popolazione italiana sarà anziana e non lavorerà. Se poi ci aggiungiamo il fatto che non sempre all’allungamento dell’aspettativa di vita corrisponde una maggiore vita sana c’è poco da stare allegri. L’Eurostat, infatti, conferma che il vivere bene è in costante calo. Si è passati dai 74 anni del 2004 ai 61 del 2008.

Cosa fare per rendere le premesse sul fronte pensioni meno negative di quanto appaiono? La risposta a questa domanda è in un concetto cruciale: prima si comincia a pensare alla propria previdenza e meglio è. I giovani di adesso saranno quasi sicuramente degli anziani di domani con più difficoltà economiche di quelli di oggi. Ma, secondo quanto affermano molti esperti della materia pensionistica, miglioreranno la propria situazione futura se ora hanno la lungimiranza di fare i passi giusti. Il consiglio, insomma, è che sia la gioventù il momento migliore per fare una scelta di programmazione economica importante. C’è il caso di quelli che, anche se giovanissimi, sono già stati dipendenti in diverse aziende con contratti fra loro eterogenei e magari versando i contributi a distinti enti previdenziali. Una situazione comune a un numero sempre maggiore di persone che si sono affacciate da poco sul mercato del lavoro. Per questa categoria sociale è utile il prima possibile procedere ad una richiesta di ricongiunzione contributiva tramite la quale far confluire i contributi versati ad enti diversi in un’unica pensione, ovviamente sommandoli fra loro. In questo modo si avrà la possibilità di mettere ordine nel proprio status lavorativo con vantaggi per il proprio futuro.


Per chi oltre ad essere giovane è anche laureato c’è una possibilità da cogliere in fretta per garantirsi una vecchiaia più serena: il riscatto degli anni trascorsi all’Università. Il periodo di formazione accademica, considerato per la durata legale del corso di laurea, viene così equiparato a quello effettivo di lavoro. Sui vantaggi economici e sui tempi di questa operazione ai fini previdenziali non tutti gli analisti sono d’accordo. Qualcuno consiglia il riscatto immediato, magari anche prima di iniziare a lavorare, altri, invece, affermano che è opportuno riscattare gli anni di laurea solo quando essi sono necessari per raggiungere il periodo minimo di anzianità contributiva per poter andare in pensione. Su una cosa, però, la pensano quasi tutti allo stesso modo: se si intende riscattare il periodo di laurea si consiglia di farlo il prima possibile. Il conto del riscatto, infatti, si calcola in proporzione alla retribuzione percepita alla data di presentazione della domanda e in base alla valutazione del tempo ancora necessario al godimento della pensione. Quindi più si aspetta e più i soldi da versare rischiano di  aumentare.

Ma quanto costa riscattare la propria laurea? Un esempio può chiarire le idee. Prendiamo il caso di un lavoratore che ha conseguito la laurea dopo il 1995, anno del passaggio al calcolo contributivo per le pensioni ed esattamente tra il 2000 e il 2004. Con riferimento al reddito degli ultimi 12 mesi, ad esempio 30mila euro, il calcolo sarà pari al 33 per cento, che è l’aliquota applicata, per i 4 anni del corso accademico. Il totale da versare, dunque, è pari a 39.600 euro. Per le domande presentate a decorrere dal 1° gennaio 2008, gli oneri da riscatto possono essere versati ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione o in 120 rate mensili senza l’applicazione di interessi.  Per il giovane laureato senza reddito utilizzare gli anni dell’Università a fini pensionistici è ancora più vantaggioso. Come gli inoccupati, infatti, verserà un onere di riscatto basato sul reddito minimo della gestione artigiani e commercianti, ossia su 14.930 euro di reddito. Il 33 per cento è pari a 4.926,90 euro per ogni anno del corso legale di laurea. E’ prevista anche una detrazione fiscale del 19 per cento dell’importo dovuto nel caso il richiedente non abbia un reddito personale. Uno “sconto” di cui possono usufruire i soggetti nei confronti dei quali l’interessato risulti fiscalmente a carico, genitori in primis, anche quando il giovane non superi i 2.840,51 euro di reddito.

Un’altra strada che un giovane può considerare è la previdenza complementare. Si tratta di forme pensionistiche su base libera e volontaria, come fondi e piani individuali realizzati mediante polizze assicurative. La logica, sostenuta da incentivi fiscali, è accantonare gradualmente le proprie risorse per avere una maggiore certezza sulla propria pensione del domani. Per un giovane aderire presto alla previdenza complementare, permetterà, in caso di necessità, di avere diritto prima alle anticipazioni previste ad esempio per l’acquisto o ristrutturazione della prima casa, per disoccupazione o per malattia.

La scelta di questa forma pensionistica può essere fatta, versando le quote necessarie, perfino dal genitore per il figlio adolescente, non ancora entrato nel mondo del lavoro. Pensate sia troppo presto? Il tempo dirà se e quanto avete ragione.