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Pensioni: se si blocca l'aumento dell’età, assegni a rischio

Tito Boeri (LaPresse)
Tito Boeri (LaPresse)

Bisogna rassegnarsi, occorrerà lavorare fino a quando saremo dei vecchi decrepiti. Non aumentare l’età pensionabile metterebbe a rischio la tenuta economica del sistema pensionistico, con un “significativo peggioramento del rapporto fra spesa pensionistica e Pil”. Ma causerebbe anche “un abbattimento crescente nel tempo dei tassi di sostituzione”, ovvero del rapporto tra l’ultima retribuzione del lavoratore e l’assegno previdenziale.

L’allarme lo lancia la Ragioneria generale dello Stato, nel rapporto “Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico”. In parole povere, se al governo venisse in mente di rallentare l’aumento dei requisiti anagrafici per smettere di lavorare, gli assegni sarebbero a rischio. In teoria il meccanismo di adeguamento non lascerebbe margini di discrezionalità, essendo già stabilito per legge dal 2011. L’età della pensione è legata alla speranza di vita a 65 anni, il tempo che in media resta da vivere una volta superata questa soglia.

L’aspettativa di vita si sta allungando, nonostante abbia rallentato nell’ultimo anno: per gli uomini si è passati dai 18,6 anni (da vivere una volta finito di lavorare) del 2013 ai 19,1 anni del 2016; per le donne da 22 a 22,4 anni. Su questi basi è stato introdotto l’adeguamento automatico dell’età pensionabile che dovrebbe passare dagli attuali 67 anni e 7 mesi a 67 anni. E ancora a salire, fino a 68 anni dal 2031 e a 70 anni dal 2057.

Decidere di aumentare l’età della pensione proprio alla vigilia dalla tornata elettorale potrebbe rivelarsi un’autogol, tanto che il governo sta pensando almeno di rallentare l’aumento. “Cambiare il meccanismo di adeguamento scatenerebbe aumenti di spesa incontrollabili. In questi anni abbiamo usato la riforma delle pensioni per ottenere sconti sul debito pubblico – commenta Tito Boeri, presidente dell’Inps -. Cambiare le regole adesso rischierebbe di far salire il costo anche su questo fronte, per di più alla vigilia della fine del Quantitative easing, che ha tenuto bassi i tassi di interesse”.