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Per i Btp s'impone ora tanta prudenza

La Bce interverrà forse ma i grandi istituzionali venderanno: per i nostri titoli di Stato si apre una fase delicata, che ci augura non drammatica. Le prime reazioni – quelle dell’impatto mattutino – vanno comunque trascurate, come dimostrano su altri fronti gli eccessi iniziali post Brexit e post Trump, poi ampiamente rimarginati. Per avere un quadro più stabile occorrerà attendere qualche seduta, monitorando soprattutto il “Long Term Future”, contradditorio nelle ultime giornate.

Il passato dice che…

Considerando che la resistenza dei 137,5 punti è quasi definitivamente alle spalle, ecco cosa è accaduto in passato nelle fasi successive alla discesa sotto tale livello. La rottura dello scorso febbraio avvenne in condizioni diverse e con un’impostazione grafica più positiva. Altri brevi periodi di debolezza furono incidenti di percorso piuttosto che reali inversioni. Di (KSE: 003160.KS - notizie) fatto è la prima volta così - nell’era del Quantitative Easing – che i Btp si trovano ad affrontare una crisi dovuta a motivi interni ed è ora difficile prevedere le reazioni non di seduta ma di trend di medio periodo. L’analisi grafica fa intravedere un supporto sui 128,8, cioè sette punti sotto il livello di chiusura di venerdì. Lì si scatenerà probabilmente la vera guerra fra venditori e acquirenti, come avvenne d’altra parte nella primavera-estate del 2015.

Comprare? E’ meglio aspettare

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Anche l’eventuale scelta di entrare su alcune scadenze corte e medio-corte dei Btp, quelle meno volatili, deve tenere conto appunto del movimento del future “long”. La Bce ha ipotizzato uno scudo da far scattare in presenza di forte debolezza o meglio di elevata volatilità, con la motivazione della difesa dell’euro. Non ci si illuda però! Il problema sta proprio nel capire su quali livelli e per quale durata di tempo l’azione di Francoforte si manifesterà. E’ impossibile infatti che Draghi modifichi il suo piano di acquisti favorendo un Paese rispetto a un altro. Si tratterà quindi di un’azione di tamponamento destinata a esaurirsi in pochi giorni. Ecco perché occorre attendere per capire le evoluzioni future, legate più alle incertezze economiche e del debito pubblico che a quelle politiche.

Guardare al Short-Term

Inaspettatamente tornerà in auge un indice di recente quasi del tutto trascurato, poiché esanime. Si tratta del “Short Term Future”, con sottostanti obbligazioni emesse dal Governo italiano a vita residua compresa tra 2 e 3,25 anni. Caratterizzato da movimenti marginali soprattutto nell’ultimo anno, compresi nel “range” fra un minimo di 112 e un massimo di 113 punti, trova nel primo valore un supporto decisivo, che evidenzierà la capacità di tenuta del debito italiano. Se fosse travolto e si andasse poi sotto area 111, il segnale sarebbe pessimo, con inevitabili ripercussioni di maggiore ampiezza per il decennale e i lunghissimi. Certo è che le indicazioni dei mercati degli ultimi giorni, che puntavano timidamente a un successo del sì, sono state smentite, confermando ancora una volta come quando si ha a che fare con politica e voti dei cittadini le piazze finanziarie spesso sbaglino. Quest’anno è successo per ben tre volte (Brexit, Trump e referendum italiano). Le esperienze precedenti non sono evidentemente servite. Ne consegue che è meglio non fidarsi nemmeno dei segni più o meno negativi di seduta. Lo scacchiere si muove infatti verso un’ottica di lungo periodo, in presenza di una Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) che dovrà presto o tardi smontare il suo Q.E. “pro Btp”. La vera preoccupazione sta proprio in questo.

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