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Perchè ai mercati piace il vertice Abe-Trump?

In queste ultime ore il neoeletto presidente Usa Donald ha lavorato per rimediare alle fratture create durante la sua campagna elettorali e con il continente asiatico e, inoltre, alle tensioni nate immediatamente dopo il suo insediamento con i giganti del continente.

Il nuovo Trump

Perciò dopo il passo indietro con Pechino e il riconoscimento della politica della Cina Unica, è arrivato durante il fine settimana, il turno di Tokyo e il vertice con il premier nipponico Shinzo Abe. Un incontro particolarmente delicato perché il Giappone è l’esponente di spicco non solo di una politica di allargamento della base monetaria ormai praticamente senza limiti di forza e di durata, ma anche il fervido sostenitore degli accordi internazionali de Ttp, gli stessi che, ratificati dal Sol Levante, sono invece stati perentoriamente cancellati dall’agenda dei lavori dall’amministrazione Trump. Non solo, ma sempre il Giappone ha più volte sfruttato la politica monetaria per favorire, seppur mai ufficialmente, uno yen debole a favore di un’industria sbilanciata verso le esportazioni internazionali, in altre parole proprio il primo nemico della politica economica di Trump e uno dei tanti temi caldi che il tycoon ha usato per farsi eleggere alla Casa Bianca.

Le rassicurazioni fatte al Giappone

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Ma come spesso si è detto, una cosa sono le strategie elettorali, un’altra sono quele politiche. Per questo motivo il presidente Usa ha fatto di tutto per rassicurare l’alleato della collaborazione e dell’alleanza che continuerà a caratterizzare la reciproca amicizia. In altre parole, nè più nè meno della famosa diplomazia del golf che in casa Abe è di famiglia dal momento che il nonno di Abe fu Nobusuke Kishi, lo stesso che nel 1957 venne invitato dall’allora presidente statunitense Eisenhower sul green per stipulare un accordo di alleanza che dura tutt’ora e che nacque a suo tempo dalle ceneri e soprattutto dalle tensioni nate con l’attacco di Pearl Harbor del 7 dicembre del 1941 e che portò all’entrata in guerra degli Usa nel Secondo Conflitto mondiale. E’ bastato questo secondo episodio di marcia indietro per far capire agli operatori che le spavalderie di Trump possono essere, all’occorrenza, ammorbidite e che lo staff del presidente sembra orientato verso una gestione più saggia della politica internazionale. La prima dimostrazione arriva proprio dai mercati e per la precisione dalla chiusura della borsa di Tokyo che vede un Nikkei con un saldo finale dello 0,41% a 19.459,15 punti e Shanghai, con l'indice Composite in rialzo dello 0,64%. L’onda d’urto si propaga anche in Europa con l’apertura delle Borse che, poco dopo le 10.30 viaggiano tutte in positivo: Ftse Miba a+0,53%, Dax e Cac 40 a +0,45% e Ftse 100 a 0,004%. A dare una mano (involontaria) al rafforzamento dei legami tra le due nazioni è arrivato anche l’annunciato test missilistico della Corea del Nord: il leader Kim Jong-un ha infatti ordinato di condurre un test missilistico con una gittata di circa 500 chilometri per un missile che ha finito per inabissarsi nelle acque del mare del Giappone. Immediata la condanna di Tokyo e l’appoggio di Trump il quale, dopo aver confermato di essere “al 100% con Tokyo” non ha ritenuto specificare oltre. Forse in attesa di istruzioni dallo staff.

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