Perché gli investitori stranieri mollano l'Italia
Matteo Salvini lo ha già detto nei giorni scorsi: “Prepariamoci agli attacchi da parte dei mercati nelle prossime settimane”. E i mercati, in effetti, si stanno muovendo con indicazioni piuttosto chiare e non certo di particolare fiducia nei confronti dell’esecutivo giallo-verde. Negli ultimi due mesi dall’Italia sono usciti 72 miliardi di euro.
I titoli di Stato
Gli ultimi dati della Banca centrale europea confermano un importante deflusso di capitali: in altre parole, chi deteneva titoli di Stato italiani sta cominciando a venderli. Trentaquattro miliardi di euro a maggio, trentotto a giugno. Gran parte di questi sono obbligazioni statali, rispettivamente 25 e 33 miliardi, il resto sono titoli obbligazionari di aziende private.
La crisi del 2012
Per trovare dei dati così negativi occorre tornare indietro al 2012, con il governo Monti e la conseguente tempesta che imperversava sulle Borse. La Spagna era a un passo dal default delle banche e la zona euro rischiava il collasso. La percentuale di stranieri che si era comprata i nostri titoli di Stato non era molto diversa rispetto ad oggi: due mesi fa erano il 33,4 per cento del totale, ora sono il 30,8.
Cosa sta accadendo
Gli investitori stranieri cercano titoli più convenienti. A parità di rendimenti, attorno al 3 per cento, l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve rende più conveniente spostare i capitali negli Stati Uniti, comprando Treasuries. Oltre a questa considerazione meramente speculativa, bisogna anche rilevare un aumento di sfiducia verso l’Italia.
I vincoli Ue
Il governo minaccia di andare allo scontro con l’Europa per ottenere un aumento del deficit ben oltre lo 0,9 per cento scritto nell’ultimo Documento di economia e finanza. La paura degli investitori, in questo caso stranieri, è che l’esecutivo non riesca a mantenere quanto stabilito dal contratto di governo senza sfasciare i conti pubblici.
La legge di Bilancio
Si avvicina la scadenza per la presentazione della bozza della legge di Bilancio, a metà settembre. Se la manovra dovesse essere percepita come una rottura con Bruxelles e come una minaccia alla stabilità del debito, la fuga degli investitori aumenterà. Questo significherà maggiori costi per rifinanziare il nostro debito, a maggior ragione con la fine del QE di Mario Draghi, ma forse anche il futuro di questo esecutivo e delle sue politiche fiscali.
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